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Mercoledì, 5 settembre, 2012 - 02:47
Marin

Indiani e Cowboy (I parte)

La bellezza di un romanzo, oltre alla trama e alla scrittura, è riuscire a catapultare il lettore nei luoghi e nelle atmosfere che vengono descritte nel libro, fargli sentire rumori e sapori, farne respirare gli odori e i profumi. Mi è capitato spesso leggendo qualche bel libro di sentire sulla mia pelle i brividi di freddo come se fossi in una stanza di un castello medievale oppure sentire il suono di un valzer nei saloni sfarzosi di duchi e conti. Leggendo tanti bei romance abbiamo imparato anche usi e costumi di anni così lontani da noi come tempo e mentalità; abbiamo conosciuto il loro modo di pensare e di agire, i loro passatempi, le loro regole.

Oggi vorrei che lasciaste per qualche momento il Vecchio Continente, i castelli e i palazzi , e facciate con me un viaggio nel selvaggio West.

 

 

 

 

 

 

Non ho letto molti libri che parlino di romance e Nativi Americani e non credo che ce ne siano tanti perché la maggior parte racconta la storia del West dalla parte del cowboy e non del pellerossa . Se la storia viene narrata completamente all’interno di una tribù e se la scrittrice ha avuto la possibilità e la volontà di documentarsi al meglio su usi e costumi di questo popolo, si riesce capire in parte la loro cultura, le loro cerimonie, il loro vivere quotidiano come succede per i romance ambientati in Europa. A volte invece il racconto segue un’altra strada e il popolo indiano fa solo da sottofondo alla trama e qui succede spesso che vengano descritte cose non del tutto corrispondenti alla reale situazione di quel periodo.

Per decenni, nello strutturare luoghi, temi e personaggi del genere western, l’industria cinematografica e editoriale ha mostrato di voler aderire a quanto affermato nella seconda metà del XIX secolo dal generale Philip Henry Sheridan : “ L’unico indiano buono e un indiano morto”.

Nei film come nei libri, il nativo americano costituiva il selvaggio che si opponeva con crudeltà e ferocia al civilizzatore bianco. Cos’è ( non chi è) l’indiano nell’immagine che troviamo sulla carta stampata o sulla pellicola di un film? Una creatura selvaggia, dedita allo stupro e al massacro, anima pagana e superstiziosa priva di qualunque scrupolo etico e lontana da qualsiasi nobiltà d’animo.

 

 

 

 

 

 

 

 

Siamo molto, molto lontani da quello che era il vero popolo dei nativi americani, dalla loro cultura, dalle loro tradizioni , dalla loro profonda coscienza del vivere in armonia con la natura. Questo popolo che ha subito un vero e proprio sterminio , in nome di una civiltà a cui non bastava solo occupare e dominare, continua però a vivere e la sua storia è la storia di un popolo che aveva saputo cogliere il senso profondo della Natura.

E' la storia di un popolo il cui destino è stato quello di morire, ucciso da un altro popolo forte, che sottomette la natura, stermina gli animali, sfrutta il territorio fino a renderlo arido, prosciuga le riserve d'acqua, disbosca le foreste, schiaccia i suoi simili, conquista, colonizza, uccide. E' la storia di un popolo che si trovò debole e indifeso quando i primi bianchi sbarcarono sulla sua terra; debole perchè non sterminava i bisonti; debole perchè non sottometteva il territorio, non lo bruciava ma prendeva da esso il minimo indispensabile per la sopravvivenza; debole perchè non cercava la guerra ma la pace; debole perchè non vedeva nell'uomo bianco un nemico ma un fratello; debole perché la sua vita non era consumo ma poesia. Il popolo Indiano si sente parte della Terra, per lui l'intero creato vive, sia terra, acqua, sasso, pianta, animale o uomo. Non è il "signore del creato" autorizzato a sottomettere la natura e ad addomesticarla .Soltanto adesso che la natura violentata e sfruttata comincia a rivoltarsi contro di noi possiamo comprendere quanto le loro parole furono profetiche.

In uno degli ultimi romanzi che ho letto, il protagonista ritornava nella sua amata Inghilterra dopo aver vissuto come uno schiavo per lunghi anni in una tribù indiana e dopo aver subito torture indescrivibili. Non è del tutto corretto quanto descritto ne libro.

La guerra era per gli Indiani una cosa ben diversa da ciò che pensiamo e facciamo noi Occidentali. Non avevano un esercito organizzato , c'era un capo , ma aveva la funzione di essere, con l'esempio, una guida per tutti i guerrieri e infatti veniva scelto per la sua audacia e il suo coraggio. Un'altra cosa impensabile per gli Indiani era una guerra fatta di masse di soldati mandati al massacro e che durasse anni. Le guerre fra tribù, per quanto cruente, il più delle volte duravano poco tempo e avevano come scopo quello di mettere il nemico in condizione di inferiorità e di dimostrare il coraggio dei guerrieri. Non c'era lo sterminio dell'avversario, anzi l'uccisione del nemico in genere non era un'azione molto apprezzata. Non era considerato onorevole uccidere un nemico, l'importante era "il toccarlo" con un bastone o con le mani e nulla valeva di più, per provare il coraggio di un uomo nel corso di una battaglia, del conteggio dei "conps" dei colpi. Un'altra differenza tra l'indiano e l'uomo bianco riguarda la causa o le cause che potevano scatenare una guerra: quelle dei bianchi hanno sempre avuto una causa economica anche se la si travestiva con motivazioni religiose o etniche. Nel popolo indiano, il nomadismo poteva essere una delle cause scatenanti di una guerra, perché poteva succedere che nello stesso pezzo di territorio si trovassero tribù diverse. Ma poteva essere anche un torto subito, il desiderio di provare il proprio valore con atti di coraggio o la razzia di cavalli.

 Era prassi molto comune in parecchie tribù di adottare i prigionieri da parte delle famiglie che avevano perduto un loro congiunto in battaglia. In questo caso il nuovo membro, dopo un periodo di “rodaggio” in cui poteva essere vittima di scherzi e derisioni ma mai di torture, veniva integrato nella tribù con gli stessi diritti e doveri di tutti gli altri. E questo valeva anche per i prigionieri bianchi.  Gli Indiani non avevano la cultura dell’essere inferiore, della schiavitù, del sottomettere.

Una cosa che stupì i primi bianchi giunti dall'Europa, fu la mancanza di uno Stato simile a quello che c'era nel vecchio continente. Malgrado la vastità del territorio, le tante tribù, la zona estremamente ricca di risorse naturali, non esisteva un'organizzazione statale centrale che comandava sugli altri. Le popolazioni indiane vivevano la loro particolar "democrazia" alla base della quale c'era la famiglia, e quasi sempre la famiglia era quella della donna. Le tribù eleggevano un capo (a volte due: uno civile e uno per la guerra) scelto per il suo valore e il coraggio dimostrati in guerra. Ma il potere decisionale era in mano al Consiglio degli Anziani, eletto democraticamente da tutti gli adulti della comunità, che si riuniva per discutere sulle questioni più importanti, e ogni decisione doveva ottenere la piena unanimità.  Un capo doveva essere gentile, buono, generoso e altruista, ma contemporaneamente gli si richiedeva fermezza , autorità e autocontrollo. Era visto come un "padre" e in questa veste interveniva come un mediatore nei conflitti personali tra i membri della tribù. Le infrazioni alle leggi tribali erano piuttosto rare; questo perché la paura di perdere prestigio agli occhi della comunità e sopratutto l'emarginazione e la cacciata da essa, significava la morte, sia morale che fisica, per le enormi difficoltà che un individuo doveva affrontare per poter sopravvivere da solo.

L’importanza e il potere che la donna indiana aveva nella tribù era molto forte: in alcune tribù la sua posizione era così estesa che si può ipotizzare a una forma di matriarcato. Non avevano una collocazione per nulla inferiore a quella degli uomini anche se i compiti erano differenti, la loro posizione era assai più alta di quanto spesso si è asserito.

L’abitazione anche se costruita dagli uomini era di proprietà della donna. Quando una ragazza si sposava era l’uomo che si trasferiva nella famiglia della suocera. L’educazione delle bambine era affidata alla madre, mentre quella dei maschietti allo zio materno. La discendenza era matrilineare. Le donne partecipavano attivamente alla vita sociale e politica della tribù e in alcuni casi (come fra gli Irochesi) sceglievano i capi o li destituivano se non li reputavano degni dell’incarico. Potevano essere loro stesse essere elette come capi della tribù. Ad esse era affidato il compito di amministratrici, erano considerate "proprietarie" del tepee di cui ne avevano la cura, prendevano parte ai riti sacri insieme al marito. Non sono mai esistiti casi di segregazione sociale e di esclusione delle donne dalla vita cerimoniale.

Non mancavano poi donne che sceglievano una vita diversa e partecipavano attivamente non solo alla caccia, ma anche a tutte le attività maschili e questo veniva accettato perché la libertà e la scelta individuali (se non intaccavano l'integrità della tribù) erano assolutamente intoccabili. Avevano anche il diritto di voto, cosa che le loro sorelle bianche hanno ottenuto secoli dopo con lotte e battaglie. Nella maggioranza delle tribù, sotto l’aspetto sessuale la ragazza era libera, anzi il corteggiamento era favorito dalle famiglie. Ma una gravidanza poteva rivelarsi d’intralcio per un futuro matrimonio e così, fra le tante erbe usate come medicinali, le donne indiane si tramandavano di generazione in generazione quelle da usare come anticoncezionali. Era anche molto comune il “matrimonio di prova” : per qualche mese i due futuri sposi provavano a convivere e poi se andava tutto bene avveniva la cerimonia vera e propria. A entrambi i coniugi era riconosciuto il diritto di divorziare e il più delle volte i figli restavano con la madre.

Le donne indiane non erano molto prolifiche, l’allattamento al seno si prolungava per tre, quattro anni e in alcune tribù in questo periodo la donna evitava i rapporti sessuali poiché riteneva che ciò le avrebbe consentito di allattare più a lungo. Inoltre le cure e l’educazione impartite al bambino coinvolgevano molto entrambi i genitori che preferivano allungare i tempi fra una nascita e un’altra per avere più tempo da dedicare a ogni singolo figlio. Al momento del parto la donna, da sola o con un’altra donna, si isolava in una capanna o in una tenda. Appena nato al bambino veniva tagliato il cordone ombelicale che la maggior parte delle volte veniva conservato in un apposito contenitore, quindi veniva lavato e frizionato con erbe aromatiche. Da quel momento e fino a quando il piccolo non iniziava a camminare , madre e figlio diventavano una cosa unica, anche fisicamente grazie ad un sistema di “culla portatile” con la quale la madre portava il bambino con sé in costante contatto fisico.

La nascita di un bambino veniva accolta con immensa gioia. Un bimbo non apparteneva solo ai genitori ma a tutta la tribù e si poteva muovere in tutto l’accampamento in assoluta libertà e sicurezza. L’educazione era basata sull’esempio, applicato sempre con grande rispetto verso il piccolo essere umano che si aveva davanti: difficilmente si arrivava alle percosse o ai divieti. Lentamente, con pazienza, rispettando i tempi del bambino, lo si abituava alla sua vita da adulto. Un osservatore bianco ammesso a un importante riunione dei capi anziano Hopi raccontava stupito che nella stanza scorrazzavano bambini e che uno dei capi che stava parlando si interruppe per prendere sulle ginocchia un piccolo in lacrime e che riprese il discorso solo dopo averlo consolato e rimesso a terra...

 

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Commenti

Ritratto di Lilith

Voglio un'altra puntata

E' la terza volta che scrivo un commento ma non lo prende, speriamo sia l'ultima... Marin bellissimo e interessantissimo post sugli indiani, che a quanto vedo sono una passione comune di molte di noi, bellissime anche le immagini. Vorrei scoprire anch'io qual è il mio animale, come faccio a trovarlo? Mi unisco a chi ti chiede presto la prossima puntata, non farci aspettare troppo!

Ritratto di Marin

Grazie Lilith!  E' pronto

Grazie Lilith!  E' pronto anche il secondo post e ognuno di noi potrà trovare con facilità il suo animale totem e i doni delle Quattro Direzioni . Ogni animale totem ha poi una descrizione approfondita, e se volete ve le manderò volentieri . E sto cercando di farmi mandare in tempi ragionevoli dei piccolisssimi dreamcatcher, come quello che ho attaccato alla catenina...  sono d'argento con un minuscolo turchese al centro ....ma ti dirò meglio più avanti.

 

 

i nativi...una passione da sempre

Super complimenti Marin, post bellissimo e interessantissimo. Con me si cade a fagiolo. Sono appassionata di nativi americani credo da sempre. Da piccola (tre anni, raccontavo di essere figlia di un capo indiano) alle elementari devo aver letto tutti i romanzi che trattavano il west e i loro abitanti (ricordo particolarmente la serie Winnetoudi Karl May ecc.) Più grande ho iniziato a leggere biografie, (Cavallo Pazzo (bekllissimo e imponente indiano ucciso a tradimento giovane - la mia preferita) usi, costumi, ecc. E' vero, quello che hai scritto sulla distruzione di un popolo. Come spesso i bianchi usavano fare, nel nome del re, regina, religione, ecc., hanno sottomesso, distrutto popoli interi x tutto il mondo.Purtroppo uno di questi furono i nativi, meno numerosi in un secondo tempo, meno ep eggio equipaggiati dal punto di vista delle armi e con un concetto di guerra completamente diverso dal ns. I scalpi, per esempio, che spesso vengono indicati come un atto barbarico perpetrato dai nativi in realtà furono introddotti dai messicani, che per ogni scalpo indiano (guerriero, donna o bambino ) ricevevano moneta contante. Fortunatamente , dopo anni di abbandono, disperazione, povertà, alcolismo, disoccupazione, l'orgoglio dei nativi si sta risvegliando. Avvocati, imprenditori, ingenieri ed altri nativi difendono i diritti del loro popolo. C'è ancora moltissimo da fare!!! Tre bellissimi films, certamente non Holliwodiani, ma più reali, che parlano dei nativi, consiglio: CUORE DI TUONO contemporaneo STOLLEN WOMAN CAPTURED HEARTS storia d'amore contrastata tra un indiano e una donna bianca L'ULTIMO PELEROSSA PATTY

Ritratto di Marin

Grazie Patty, io sono un

Grazie Patty, io sono un fiume in piena quando si tratta di parlare dei nativi americani ...anche troppo forse e mi scuso per questo. Sto finendo anche la seconda parte di questo viaggio in un mondo così diatante dal nostro e così demonizzato in film e libri, con altri argomenti che spero vi piaceranno. E due dei più bei romance che ho letto in questi anni e che uniscono, a mio parere, amore e romanticismo così caro al nostro blog e quel pizzico di storia e usanze dei miei amati nativi.

aspetterò impaziente la seconda parte

Spero presto arrivi la seconda parte. Di romance ambientati tra gli indiani non ne conosco molti, quindi veranno a proposito le tue proposte. Io mi permetto di consigliarti tre libri sui nativi che mi sono piaciuti e custodisco gelosamente: IL POPOLO DEL GRANDE SPIRITO di Enzo Braschi, uno dei completi conoscitori italiani sui nativi d'america MANKILLER CAPO CHEROKEE racconta la sua gente di Wilma Mankiller ..e questo BELLISSIMO LIBRO FOTOGERAFICO E NON SOLO: GLI INDIANI d' AMERICA UNA STORIA PER IMMAGINI DI ARLENE HIRSCHFELDER EDITO MONDADORI prima edizione 2001 se lo trovi MERITA!!!! PATTY (andreu57)

Ritratto di Marin

Li ho Patty, li ho!!! Mi

Li ho Patty, li ho!!! Mi sfuggono pochi libri su questo argomento e sono sempre alla ricerca di nuove edizioni. C'è una piccola casa editrice a Vicenza che ne mette in catalogo parecchi, ma non è molto facile trovarli nelle librerie e quindi di solito prendo per corrispondenza.  Se ti interessa ti faccio sapere in privato.

GRAZIE MARIN, VOLENTIERI

Ritratto di Marin

Metto anche qui dei

Metto anche qui dei titoli...non penso di danneggiare o offendere nessuno

 il nome della casa editrice che ha parecchi libri dedicati agli Indiani.Si  richiedere il catalogo e se fai un acquisto poi ti arriva regolarmente un paio di volte l'anno.
 
Edizioni "Il Punto d'Incontro"
Via Zamenhof 441, 36100 Vicenza
tel.0444 239189
 
 
se piacciono  i libri fotografici consiglio i tre libri di K.Recheis e G. Bydlinski
AMICIZIA CON LA TERRA
SAI CHE GLI ALBERI PARLANO
FIGLI DEL GRANDE SPIRITO
 
 Un libro molto bello è anche
Il calendario sacro"  (saggezza dalle stelle nella tradizione Cherokee) di Raven Hail
oppure
 Il respiro della terra di Walter Pedrotti
o ancora
La ruota delle lune di Jamie Sams
o
Il vento è mia madre di Bear Heart
Ritratto di Milly

Marin che pezzo meraviglioso!

Marin che pezzo meraviglioso! Ci stavo proprio pensando l'altro giorno, mentre cercavo di comprare un romance western, che nessuno dedica abbastanza spazio ai nativi americani, che hanno invece una storia ricca e affascinante. Spero ci siano altre puntate, voglio sapere ancora di più!

 

Ritratto di Marin

Milly!!! Ti avevo persa e non

Milly!!! Ti avevo persa e non avevo visto!!! Scusa scusa scusa!

Ne ho di post da fare sugli Indiani...vi stancherò!!!

Il secondo è gia pronto con gli animali totem, i doni delle direzioni...e il dreamcatcher....ma di questo non posso parlarne tanto....Maet l'ha gia scoperto quasi

un abbraccio

 

Ritratto di MissWentworth

Complimenti Marin

Il tuo articolo è davvero molto bello e interessante. Ho sempre amato la cultura degli indiani d'America.Mio padre è un appassionato di film western e come  hai fatto notare in genere l'indiano è sempre visto come il cattivo(salvo qualche eccezione la 1° che mi viene in mente è Balla coi Lupi il film di Kevin Costner,forse quella più recente,ma ce ne sono anche altre),ma anche di fumetti come Tex dove anche lì il popolo indiano non è visto in maniera totalemnte negativa,anzi. Col tempo anche io mi sono appassionata a queste storie e ho comprato dei libri(molti dei quali erano appunto regali per mio padre)sulle varie tribù,sulla loro civiltà e sono veramente un popolo pieno di fascino,.un popolo fiero,e si anche con i suoi aspetti cruenti,ma ditemi quale popolo non lo è? sono forse stati meno crudeli coloro che hanno ridotto il VERO popolo americano a vivere nelle riserve?

ti rinnovo i complimenti per l'articolo e per averci ilustrato così bene le usanze di questo popolo e visto che leggo essere una prima parte aspetto con curiosità la seconda. :)

Chiara

Ritratto di Marin

Grazie Chiara! Sto preparando

Grazie Chiara!

Sto preparando la seconda parte con qualche curiosità della  loro cultura....per esempio uno potrà sapere a che animale totem appartiene  e a quale direzione del vento, al colore, alla pietra...

E poi logicamente i romance che mi sono rimasti impressi nel cuore e che parlano di questo popolo.!

Ritratto di Bluefly

 A proposito di animali

 A proposito di animali totem. Circa quattro anni fa, quando abitavo a Roma, partecipai a un seminario tenuto da un esperto di mia conoscenza di cultura e spiritalità pellerossa. Parlava proprio dei totem e ci fece fare un esperimento con i tamburi, che secondo loro sono in grado di stimolare alcune parti del cervello, se suonati ripetutamente in un certoo modo, e farci incontrare l'animale totem. Ebbene, nonostante la mia diffidenza, incontrai il mio totem e posso dire che mi riconobbi. Fu un'esperienza bellissima. Riconobbi anche l'interpretazione psicologica legata a quel simbolo. Fantastico. Naturalmente... è un segreto

Ritratto di Marin

beh...io li metto (gli

beh...io li metto (gli animali) e poi ....vicinato permettendo .... per i tamburi proviamo con pignatte e coperchi!

Ti dirò che a me hanno detto un animale e non poteva essere che quello!  Pigro...musone... pacioso ma guardingo e diffidente...

Ritratto di Bluefly

 Come dice bene Marin, è

 Come dice bene Marin, è difficile trovare opere cinematografiche o letterarie che diano una visione fedele di quello che fu il popolo Pellerossa. Nei film di una volta, erano dipinti come mostri sanguinari, in quelli di oggi, che risentono del più che comprensibile senso di colpa dell'uomo bianco, che come le cavallette distrugge tutto ciò che trova sul suo cammino, gli Indiani vengono spesso rappresentati in modo decisamente edulcorato. Invece furono un popolo fiero, che viveva in perfetta armonia con la natura, ma furono anche un popolo guerriero la cui vita e le cui usanze non sempre potrebbero sembrare così invidiabili. Per fortuna in Italia sono stati tradotti molti saggi antropologici e storici sulla loro storia e le loro usanze. E, anni fa, è stato pubblicato un romanzo che è diventato un punto di riferimento per chi volesse capire un po' questo popolo straordinario, leggendo narrativa. Si intitola HANTA YO, ed è stato scritto da Ruth B. Hill. Tanti anni fa, innamorata di questo popolo, sia del suo aspetto più "armonioso" che di quello più cruento (perché c'era anche quello), lo lessi e ne rimasi incantata. Ora temo sia introvabile, ma per chi lo trovasse, vale la pena di leggerlo.

Ritratto di Marin

Assolutamente vero Bluefly:

Assolutamente vero Bluefly: ogni popolo e cultura ha il suo aspetto armonioso e romantico  e quello più oscuro e difficile da capire per chi è all'esterno. Credo che tutte le civiltà abbiano qualcosa da invidiare e qualcosa da prendere come esempio. Mitizzare o demonizzare è sempre sbagliato, ma la   storia dei Nativi Americani viene raccontata molto spesso nella maniera sbagliata. Quando ho iniziato a studiarli avevo mille dubbi e perplessità, certe loro usanze e cerimonie mi sembravano barbare ed incivili ma se le paragoniamo a quelle del vecchio continente nello stesso periodo o ai periodi bui del medioevo e dell'Inquisizione, per esempio,  mi rendevo conto che alla fin fine i barbari siamo stati proprio noi bianchi.
I miitici cow boy all'inizio non erano altro che delinquenti e persone poco gradite alla società europea che venivano mandati nelle Americhe a "espiare" le loro malefatte.

Continuo a studiarli ancora e ogni volta che scopro un libro interessante mi precipito a prenderlo. Spero di riuscire a trovare quello che citi nel tuo post!

Da parte mia posso darti e darvi parecchi titoli ma non sono romanzi.

un abbraccio

 

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