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RECENSIONE: PER SEMPRE (Everlasting), di Kathleen E. Woodiwiss
Anno: 2007
Edizione originale: William Morrow
Pubblicato in Italia da: Sonzogno
Formato:
Livello di sensualità:hot (bollente)
Genere: medievale
Ambientazione: Inghilterra, XII secolo
Voto: 6/10
I sogni di Abrielle di Harrington di trovare un marito che l’ami e quelli della sua famiglia di risollevarsi dal disastro economico si infrangono quando re Enrico, alla festa alla quale ha invitato i fedeli sudditi che hanno combattuto per lui, non include il nome del suo patrigno Vachel de Gerard tra i cavalieri cui ha deciso di corrispondere una ricompensa per i servigi resi durante le crociate.
L’ unica speranza purtroppo è quella di sposare il viscido(ma ricchissimo) Desmond de Marlè, e Abrielle nonostante le suppliche della madre e del patrigno, decide di sacrificare tutti i suoi sogni di felicità per salvare la famiglia.
Tra gli invitati all’infausta unione c’è anche Raven Seabern, emissario del re di Scozia e figlio di un capoclan scozzese che Abrielle aveva già incrociato in più di un’occasione alla festa data da Enrico, e per il quale da subito ha provato contrastanti sentimenti di attrazione e diffidenza; questo nonostante Raven abbia dimostrato più volte il silenzioso amore che prova per lei standole vicino e salvandola da pericoli e aggressioni…
Recensire l’ultimo romanzo di una scrittrice amatissima come la Woodiwiss, per di più pubblicato dopo la sua morte prematura, non è stata cosa semplice. Ogni parola che non sia di lode può suonare alle orecchie dei fans come un’ingiuria, ma purtroppo non posso esimermi dalle critiche nei confronti di questo romanzo, pur annoverandomi tra i fans sopracitati.
La storia è scritta nel tipico stile che la Woodiwiss ci ha insegnato ad amare, e quindi eroe ed eroina bellissimi, bravissimi, coraggiosi e appassionati, personaggi secondari divisi nettamente tra buoni/buoni e cattivi/perfidi (il che non sempre è necessariamente negativo, quando non si esagera), e una storia d’amore basta su incontri-scontri di vario tipo tra i due protagonisti, senza disdegnare la parte fisica che ha un ruolo oserei dire fondamentale. Certo questo tipo di schema letterario alla lunga presenta varie pecche, non per questo però è criticabile a priori o privo di fascino, anche perché altrimenti la Woodiwiss non avrebbe catturato la nostra attenzione e la nostra fedeltà per anni, e meritatamente.
Ma alla lunga il troppo stroppia. La protagonista di questo romanzo, Abrielle, è una tipica eroina cara all’autrice: bellissima, intrepida e caratterialmente forte….doti che però sbandierate a ogni piè sospinto inducono più a sbuffi infastiditi (della serie: “siiiiii, ho capito!”) che ad ammirazione, anche perché poi a tante lodi non corrispondono altrettanti fatti in cui le virtù caratteriali di Abrielle si manifestano; anzi, alla fin fine l’ho trovata molto spesso sciocchina ed irritante. Come da trama, Abrielle decide di sposare un uomo che non ama, addirittura la ripugna, per salvare la famiglia dal disastro finanziario (e fin qui nulla di nuovo, erano cose molto frequenti all’epoca); questo nonostante sia attratta da Raven, gentiluomo scozzese bello, coraggioso, nobile d’animo. E soprattutto innamorato di lei fin dall’inizio, tant’è vero che invece di tornarsene in Scozia dove poteva vivere tranquillo nei suoi possedimenti ha preferito rimanere in Inghilterra nella fortezza di re Enrico prima, e in quella dell’amata (complice un invito al matrimonio) poi, standole vicino, salvandola in varie occasione da stupri e agguati e cercando perfino di pensare a una soluzione alternativa all’orrendo matrimonio che le si prospetta. E quando, dopo varie peripezie e accadimenti propizi ad Abrielle(che diventa una ricca e indipendente vedova in un batter d’occhio), i due giovani si vedono costretti al matrimonio, cosa fa la nostra eroina? E’ contenta, felice dia vere un marito che ha apertamente dimostrato di rispettarla e di avere per lei amore e considerazione? Ma nemmeno per sogno! E tutto questo perché? Perché Raven non l’ha mai apertamente corteggiata in modo classico. Esatto, solo perché Raven non è andato dal patrigno chiedendo formalmente il permesso di parlare con lei e di corteggiarla, e dopo non ha fatto tutte quelle carinerie che per la nostra sono fondamentali (tipo, suppongo, dedicarle un sonetto al liuto o mandarle fiori o cose del genere...non sono esperta di corteggiamenti medievali). Così Abrielle decide di fargliela pagare restando ostile nei confronti dello sposo, nonostante i pazienti tentativi di lui di comprenderla e stabilire un dialogo (a volte leggendo viene da pensare: “Santo subito!”). Naturalmente tutto questo orgoglio viene meno nelle varie aggressioni e pericoli che le tocca ancora di subire, e durante i quali il suo pensiero verso Raven cambia radicalmente: in queste occasioni lui infatti diventa l’eroe dei suoi sogni, la sua speranza di salvezza..insomma il principe azzurro che, letteralmente, la salva dalla e cattiverie del mondo. Una volta salva, ad Abrielle torna improvvisamente in mente il gravissimo motivo di offesa nei suoi confronti…e tutto ricomincia come prima, fino a pochi capitoli dalla fine.
Raven è l’eroe che tutte noi amiamo:bello, intrepido, fedele, innamorato e paziente..anche troppo mi viene da dire.
Più interessante il rapporto tra Elspeth, madre di Abrielle, e il secondo marito Vachel, che per fortuna non è il solito patrigno perfido che si trova in molte storie, ma che è per Abrielle un vero padre.
Passando ai cattivi, ecco la mia perplessità: perché qui i cattivi sono tutti (a parte il giovane Thurstan) grassi? Il brutto è che qui alla descrizione di grasso, viene pure associata la precisa idea di viscido, sporco, malvagio, brutale. Ovviamente i buoni sono sempre snelle (le donne) e muscolosi (gli uomini), bellissimi e altrettanto ovviamente a queste descrizione è associata appunto l’idea di buono, nobile e coraggioso. E non è una cosa nuova nei romanzi di quest’autrice, solo qui mi è parsa molto più accentuata. Un messaggio davvero brutto e fastidioso.
Sorvoliamo poi sulla comicità involontaria data dalla storia secondaria tra Cordelia, amica ventenne (o anche di meno, visto che nel medioevo si sposavano giovanissime) e Cedric, il padre di Raven, descritto dalla stessa autrice come un uomo vicino alla sessantina. Ovviamente esistono unioni di questo tipo, ma la felicità e l’attrazione che la giovane dimostra per l’anziano sposo alla fine mi sono sembrate davvero forzate e improbabili.
Per fortuna il romanzo è scritto nello stile tipico della Woodiwiss, che ci affascina e cattura facendoci sorvolare anche sulle pecche del romanzo, non facendoci venire la voglia di lasciarlo a metà. Da qui il mio voto, 6/10…nonostante obiettivamente sia un romanzo abbastanza deludente.
Ma per fortuna possiamo consolarci rileggendo ROSA D’INVERNO, COME CENERE NEL VENTO, IL FIORE E LA FIAMMA…
Tiziana
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