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INTO THE SPOTLIGHT - SOTTO I RIFLETTORI:
SARA STUANI - autrice esordiente italiana
L'AUTRICE SI PRESENTA
Sono nata a Imperia, in Liguria, e ci ho vissuto fino ai diciannove anni. Poi mi sono trasferita in Puglia. Ho sempre amato gli animali e sempre avuto tanti cani. Ora ne ho quaranta e lavoro anche con loro.
Fin da ragazzina ho sempre amato leggere. E' sempre stato il mio modo per viaggiare in mondi lontani. Una piccola curiosità è che sono velocissima a leggere e i libri mi durano al massimo due giorni! Preferisco i romanzi fantasy e horror. Adoro Stephen King, ma la mia ispiratrice è di sicuro Laurell K. Hamilton, la creatrice di Anita Blake, la cacciatrice di vampiri. Ripensando al passato, ricordo che quando andavo alle superiori prendevo voti molto bassi nei temi, perchè dicevano che i miei scritti erano troppo "sinceri". Ora sono riuscita a pubblicare un romanzo! Quindi la sincerità alla lunga da soddisfazioni.
"La sposa" é il mio primo romanzo.
L'ho scritto in sei mesi. Come dice il mitico Stephen King, non ho inventato una storia dal nulla, ma l'ho solo trovata e fatta venire alla luce. Come un archeologo che trova una reliquia sepolta nella terra e che con pennelli e pazienza, la estrae.
I personaggi a un certo punto sono diventati vivi e il libro si è scritto quasi da solo. Non sapevo cosa sarebbe successo finchè non apparivano le parole sullo schermo. Un pò da pazzi, no?
"La sposa" è il primo romanzo di una serie. Il secondo libro è in lavorazione.
Nel frattempo sto lavorando a un nuovo divertente progetto. Ho creato un blog con la mia amica disegnatrice Viviana Giovannini, io scrivo i testi e lei crea disegni. La storia ovviamente tratta di vampiri. Chiunque può seguire le avventure di Fiamma, la vampira, sul blog, www.scrittocolsangue.blogspot.com.
Nell'attesa del ritorno di Aria, la protagonista de La sposa.
Ciao a tutti!
IL LIBRO
LA SPOSA
Edizioni Ennepi
"Aria è una ragazza come tante; un lavoro in pubblicità, un fidanzato con cui organizzare il tanto atteso matrimonio, e una casa nuova da riempire di bambini.
Ma un giorno tutto finisce bruscamente e Aria viene gettata in un misterioso universo oscuro, popolato di esseri sfuggenti e mutevoli, tutti interessati ad avere il suo sangue e io suoi poteri.
Perché Aria non è una ragazza come tante e il suo passato nasconde segreti dei quali nessuno è a conoscenza. O forse si?
In un sola notte, Aria scopre che i vampiri non esistono solo nei romanzi, ma anche nella realtà e si ritrova per caso o per calcolo di qualcuno, immischiata nella guerra tra i due clan che dominano la città.
Tra omicidi e nuove passioni, lotte e sangue, dovrà sfoderare tutto il suo coraggio e capire di chi può fidarsi davvero.
Su chi potrà contare in quelle notti nere e roventi, se non su se stessa e sui suoi nuovi poteri?
Con uno stile giovane e appassionato, ispirato alla leggendaria Laurell K. Hamilton e alla sua Anita Blake,
l'autrice ha creato un nuovo mondo dove umani e vampiri convivono da secoli e non sempre è facile capire quali siano i veri mostri.
SITO UFFICIALE: www.scrittocolsangue.com
EDITORE: www.ennepilibri.it
LA SPOSA è disponibile sul sito :
http://www.ibs.it/code/9788879081948/stuani-sara/sposa.html
ESTRATTO - dal romanzo “La sposa”
[…] Un campanello d’allarme prese a suonare forsennato nella mia mente, ma lo spensi con un gesto, come a scacciare una mosca fastidiosa. Quell’uomo ero bello, sexy, e io volevo solo che mi prendesse contro il muro del vicolo che sapevo essere alla mia sinistra. Ma che mi saltava in mente? Stavo impazzendo? Dovevo andarmene da lì, subito!
Lui sorrise ancora come se mi avesse letto nel pensiero e lanciò un’occhiata al vicolo. Il tutto non so come, senza smettere di guardarmi negli occhi.
“Le va di venire con me?” disse, infilandosi una mano nella tasca dei pantaloni. I suoi movimenti
erano fluidi come quelli di un ballerino o di una pantera che ha fiutato la preda.
Nel vicolo? Pensai, spaventata ed eccitata insieme.
“Dove?” dissi invece sentendo la mia voce ridotta a un sussurro.
Lui sorrise ancora mostrando un altro po’ dei denti candidi. Aveva un sorriso malizioso e abbagliante.
Alzò un solo sopracciglio, quello destro, come a voler dire, “lo sai dove, lo sai…” poi allungò la mano destra e la avvicinò al mio viso.
Trattenni il respiro sperando che mi toccasse ma desiderando, al contempo, che non lo facesse; le ginocchia diventarono ammassi di gelatina tremolante.
Si! Toccami! Gridava la mia mente. Scappa! Gridava la vocina del buon senso.
Socchiusi la bocca come in attesa di un bacio. Quando la sua mano fu all’altezza del mio viso vidi che stringeva un foglietto color oro.
Era il biglietto da visita di un locale chiamato “Bloody”.
Che nome incoraggiante!
Ora che avevo distolto lo sguardo dai suoi occhi lui si ritrasse un poco da me.
L’eccitazione che mi aveva preso lo stomaco si alleggerì e ripresi a respirare in modo normale.
Tutte le voci nella mia testa smisero di gridare anche se il campanellino di allarme suonava ancora.
Non capivo perché.
Lanciai un’occhiata al ragazzo che aveva incrociato le braccia muscolose sul petto, in attesa della mia decisione.
Sembrava una brava persona. Era stato gentile, non aveva fatto niente di sconveniente. Era molto bello e affascinante… ma questo mica era un crimine! Dovevo andare con lui o tornare al motel?
Pensai alla disordinata stanza vuota che mi attendeva e poi all’eccitazione che mi aveva colta poco prima per la vicinanza di quel ragazzo. A fare la brava ragazza che prende sempre le scelte giuste e razionali, guardate che fine avevo fatto. Una pazzia, per una volta, che male poteva fare? Tornai a fissarlo in quegli occhi meravigliosi e sorrisi.
“Certo che vengo con te!” dissi.
Ora non voglio che voi pensiate che io sia una ragazza senza sani principi o senza neppure un briciolo di buon senso. Non è così. La nonna mi aveva detto tutto sul non parlare con gli sconosciuti, non salire sulle loro automobili ne accettare le loro caramelle,ecc.
Però la nonna non sapeva o forse non aveva considerato che quando si è disperatamente soli e si desidera compagnia bisogna per forza di cose rivolgere la parola a degli estranei. Se no, come si fa a fare amicizia?
Lo so cosa pensate. Non era l’amicizia che cercavo in quel momento e non posso che confermare. Mi sentivo come morta, dopo che tutta la mia vita era stata distrutta, e pensavo che un po’ di eccitazione mi avrebbe fatto bene. Insomma un’emozione di una notte, una serata un po’ trasgressiva, che male poteva fare? Inoltre quel ragazzo bellissimo incontrato per caso, si era interessato proprio a me, che in quel momento mi sentivo meno di un cesso, e questo aveva dato una scossa alla mia scarsa autostima.
Quindi, decisa, gli sorrisi e mi incamminai al suo fianco.
Il locale era in uno dei vicoli che avevo percorso durante la mia passeggiata solitaria. Non lo avevo notato perché non aveva un’insegna al neon, ma una vecchia tavola di legno, con inciso a fuoco la scritta Bloody, come le vecchie locande dei pirati.
Non doveva essere un gran richiamo per i clienti.
Durante il breve tratto a piedi che ci condusse fin lì il mio accompagnatore fu di poche parole.
Camminava a passo svelto, con lunghe falcate, sembrava quasi che pattinasse sull’asfalto: le sue scarpe non producevano alcun rumore.
Ogni tanto voltava il viso verso di me, mi guardava in silenzio oppure mi rivolgeva qualche domanda.
Nessun “come ti chiami” o “che lavoro fai” classiche frasi di due persone che si sono appena conosciute.
Mi faceva domande quantomeno bizzarre. Ero felice della mia vita? Che ne pensavo dell’amore? E della morte? Io rispondevo a frasi fatte, imbarazzata per la natura intima delle sue domande. Continuavo a chiedermi che cosa facessi lì e soprattutto mi domandavo perché mai il ragazzo si comportasse in maniera tanto stravagante.
Ero a disagio e cercavo di darmi un tono camminando svelta al suo fianco e tenendo le mani ficcate in tasca. Quando i nostri occhi si incontravano i miei dubbi sparivano magicamente e io sentivo solo che era giusto essere lì con lui.
Giunti davanti al locale l’unica cosa che avevo scoperto di lui era che si chiamava Christopher.
Tutto qui. Nessun cognome. Solo Christopher.
Be’ almeno era un bel nome e gli calzava a pennello.
Il portone del locale era anch’esso di legno, cosa strana molto strana in quel quartiere. Non c’era nessuno fuori della porta, né nel vicolo. Una strana nebbiolina saliva dall’asfalto e sembrava concentrarsi nel vicolo di fronte al locale. Un’atmosfera tutt’altro che rassicurante.
Chris, così mi aveva detto di chiamarlo, bussò quattro volte usando un antico batacchio in ottone.
Tutta quella scena era quantomeno bizzarra, e, per una come me che le avventure le aveva
vissute solo attraverso i libri, profondamente avvincente. I colpi rimbombarono all’interno del locale come una campana a morto. Il Bloody sembrava proprio uno di quei locali sconosciuti ai più, per accedere ai quali è necessario essere dei membri speciali o conoscere una parola segreta. Non mi sarei sorpresa affatto, infatti, se di lì a poco ci avessero chiesto la parola d’ordine. Eccitante,no? O forse era uno di quei posti che imitavano le vecchie taverne medioevali o, ancora peggio, un luogo di ritrovo per una setta di pazzi! ...Questo non era molto eccitante invece.
Mi stavo guardando attorno pensando di filarmela via quando il portone si aprì di appena una trentina di centimetri. Quasi mi aspettavo di vedere uno hobbit che domandava quali affari ci portassero lì.
Invece un uomo enorme, completamente calvo, ma con due folti baffi neri, ci lanciò un’occhiata ostile.
Se accolgono così tutti i clienti questo locale non deve fare molti affari, pensai.
“Si?” disse l’omone con una voce proporzionata alla sua stazza da lottatore di wrestling.
Aveva, in tutto e per tutto, l’aspetto del buttafuori prezzolato, che ci gode pure a picchiare e a fare più male del necessario.
“Ciao Billy Joy.” disse Chris appoggiando una mano sul portone.
“Ehi, Chris! Ben tornato.” Rispose il mastro lindo anabolizzato, spalancando con schiocchi e cigolii il portone.
“Non sapevo fossi tornato in città. Il capo lo sa?” disse dando poderose pacche sulla spalla di Chris con mani grandi come badili.
Sembrava lieto di vedere Chris, che evidentemente era un abituè del locale, e la cosa era incoraggiante perché non avrei desiderato essere scagliata fuori dal locale da quell’uomo.
“No, Billy. Non lo sa ancora. Sono appena tornato e ho con me un ospite” disse, voltandosi verso di me e lasciando che l’omone mi desse una lunga occhiata.
“Ah…” sbuffò lui, facendo vibrare i baffoni come un gatto che muove le vibrisse. Un gatto che si è appena ingoiato un topolino.
Sogghignò facendo segno di accomodarci all’interno del locale.
Entrai con passo mal fermo e quando con un tonfo il portone si chiuse alle mie spalle, ebbi la netta sensazione di essere in trappola.
Quello che accadde dopo lo ricordo poco. Ci sono sprazzi di memoria, flashback, sensazioni, odori, ma i ricordi sono nebulosi come se fossi stata ubriaca o fatta. Forse lo ero, ma non ricordo né di aver bevuto né di aver preso strane sostanze. Ricordo l’odore di antico. Lo stesso odore che si sente quando si entra in un museo o in un negozio di antiquariato. C’era anche un leggero odore di marcio, di decomposizione… forse c’era qualche topo morto lì dentro o forse qualcosa di peggio.
Ricordo che Chris era sempre al mio fianco e che spesso mi toccava, sfiorandomi il viso o il collo con morbide carezze. I suoi occhi mi catturavano ed io mi sentivo come in uno splendido sogno. Ma mi ha baciata? Non lo ricordo con chiarezza.
C’erano altre persone nel locale, che mi sembrava fatto di un'unica enorme stanza. Le pareti erano di pietra grigia non intonacata. Il soffitto a volta. Mi sembrava di sentire una musica di sottofondo, forse Don’t Cry dei Guns, ma non ne sono certa. Non c’erano né tavoli né sedie, ma sui tappeti sontuosi che ricoprivano tutto il pavimento, vi erano mucchi di cuscini colorati accanto ai quali erano posati vassoi colmi di frutta e dolci, coppe di cristallo piene di vini e liquori.
Chris mi condusse verso un cumulo di cuscini rossi in un angolo appartato della stanza. Nella stanza non c’erano luci artificiali, solo torce sui muri e qualche candela qua e là con il risultato che l’ambiente era quasi completamente in penombra. Non riuscivo a distinguere gli altri clienti presenti, non scorgevo cosa stessero facendo, né com’erano vestiti. Mi pareva che alcune donne fossero in costume ottocentesco, ma so che è una cosa troppo assurda perché fosse reale.
Mi sentivo osservata. Sentivo che qualcuno dall’alto mi stava guardando, ma non riuscivo ad alzare la testa per controllare.
Chris mi fece distendere sui cuscini e mi tolse la giacca di pelle. All’inizio tentai di protestare poi, presa da una strana debolezza, lo lasciai fare. Chris alla vista della mia camicetta rosso sangue parve eccitarsi ancora di più. Io invece ero sempre meno eccitata da quella situazione, ma i miei occhi erano appannati e dopo un paio di bicchieri di uno strano liquido che Chris chiamò assenzio, riuscivo a malapena a tenerli socchiusi.
Forse aveva drogato la bevanda, eppure ripensandoci,la mia vista si era offuscata appena varcata la porta di quello strano posto e allora non avevo ancora bevuto nulla.
C’era qualcosa che non andava. Mi sentivo come se fossi in un sogno, i movimenti lenti e le membra pesanti. Ciononostante qualcosa dentro di me mi diceva che ero in pericolo. Dovevo andarmene da lì, ma non ne avevo la forza.
Chris continuava a baciarmi il viso, le labbra, il collo. Non so se ho ricambiato i suoi baci, ma immagino di si. Ero eccitata e colma di terrore per essere così indifesa nelle sue mani. Ma una parte dentro di me, spingeva perché mi strappassi le sue mani di dosso e scappassi via di lì.
Non ricordo molto altro se non che gli occhi di Chris erano sempre fissi nei miei mentre mi spingeva sui cuscini e slacciava i primi due bottoni delle mia camicetta, scostandone i lembi dal collo. Tentai di respingerlo quando mi premette con il suo corpo, stendendomi sui cuscini soffici, ma era come cercare di spostare una roccia ed io non ne avevo la forza. Mi baciò ancora sulle labbra e le mie mani invece di respingerlo gli si strinsero attorno al collo, affondando nei suoi capelli. Premeva le labbra sulle mie, cercando la mia lingua con la sua. Credo di aver ricambiato i suoi baci, la mente ottenebrata da immagini sfuocate dei suoi strani occhi ambrati. Christopher parlava una lingua che non riuscivo a riconoscere, io non riuscivo a dare voce ai miei pensieri. Sentivo suoni attorno a noi, risa e gemiti, musica straziante, quasi commovente. “Don’t you cry, tonight…”
Quando le labbra di Chris premettero contro il mio collo, non sentii i sui denti aguzzi affondare nella mia carne, non sentii che succhiava via una parte di me. Sentii solo che qualsiasi cosa mi stesse facendo, era bello.
[….]
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