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L'AUTRICE
Dal cognome si potrebbe pensare che Rita Charbonnier sia mezza francese, ma è italiana al 100%. Nelle sue vene scorre un po’ di sangue piemontese-valdese, un po’ di sangue umbro e un po’ napoletano; è nata a Vicenza e ha vissuto a Matera, Mantova, Roma.
Prima di dedicarsi alla scrittura ha svolto un’intensa attività come attrice. Ha frequentato la Scuola di Teatro dell’Istituto Nazionale del Dramma Antico di Siracusa, ha lavorato con Nino Manfredi e altri artisti. Giornalista pubblicista, ha frequentato il Corso di formazione e perfezionamento per sceneggiatori della Rai e ha iniziato a scrivere prima articoli per riviste di teatro, poi testi e sceneggiature per la televisione, e infine romanzi.
Il suo primo libro, “La sorella di Mozart” (Corbaccio, 2006), è stato tradotto in inglese, francese, tedesco, spagnolo e olandese e pubblicato in 12 nazioni, tra le quali gli USA. Il secondo, “La strana giornata di Alexandre Dumas”, è stato pubblicato prima dell’estate da Piemme.
Rita risponderà a tutte le vostre domande e darà in regalo una copia autografata del suo romanzo a una fortunata lettrice sorteggiata tra tutte coloro che interverranno. Quindi non dimenticate di firmarvi, con un nome o uno pseudonimo, per farvi riconoscere!
Per saperne di più, potete visitare il sito ufficiale e il blog di Rita, dove sarete anche tenute al corrente delle presentazioni in programma.
sito : http://www.ritacharbonnier.com/it
blog : http://ritacharbonnier.blogspot.com/
L' INTERVISTA
1- Rita, sei stata attrice di teatro per ben 15 anni, e da quanto si può leggere sul tuo sito, l’unico motivo per cui hai smesso è perchè non amavi le tournées, tuttavia deve essere stata un’esperienza straordinaria che ti ha insegnato molto. Quanto di questo insegnamento ti è tornato utile nel tuo attuale lavoro di scrittrice?
Hai ragione: è stata un’esperienza straordinaria e mi ha insegnato moltissimo. Nelle storie che ho scritto fino ad oggi il teatro e la musica hanno un ruolo fondamentale, e sicuramente non è un caso. Inoltre, penso che aver recitato per diversi anni, su palcoscenici diversi, e accanto ad artisti anche grandissimi, mi abbia dato il senso della disciplina, che è molto importante in qualunque lavoro creativo. E infine, a me piace molto scrivere i dialoghi; è una cosa che mi viene quasi naturale. E il teatro, anche più del romanzo, è il regno del dialogo.
2- La scelta di rendere “protagonisti” personaggi illustri (Dumas padre, Mozart e molti altri che ruotano attorno al periodo storico e all’artista scelto) come nasce? Con che criterio cade la scelta su un particolare personaggio storico? Da una passione personale o dalla casualità?
Prima di scegliere Mozart e Dumas ho scelto le mie eroine, le vere protagoniste: Nannerl, la sorella del Maestro (“La sorella di Mozart”) e Maria Stella, la donna che vuole convincere Dumas a scrivere un romanzo su di lei (“La strana giornata di Alexandre Dumas”). Nannerl è una persona di straordinario talento, che purtroppo non riesce a esprimerlo perché è nata femmina. Maria Stella è una donna che un brutto giorno scopre di non essere figlia dei suoi genitori. Entrambe cercano il senso della loro vita tentando di abbattere gli ostacoli che incontrano, ma finiscono per trovarlo dentro di sé, nella loro faticosa autonomia, nel loro desiderio di amore e comprensione. La scelta dei personaggi quindi non è casuale, ma nasce da quello che possono incarnare ai miei occhi e agli occhi del lettore: la creatività, l’identità, le radici, il destino…
3- E’ piu’ difficile costruire un romanzo basandosi su fatti reali (lo scambio di bambini in culla e la presunta illegittimità di Filippo I, la storia della famiglia Mozart e dei suoi unici due figli sopravvissuti), costruendo poi sopra di esse della narrazione, o creare una storia da tabula rasa?
Questa è una domanda complicata… al momento sto scrivendo il mio terzo romanzo, che è di ambientazione storica e parla di personaggi realmente esistiti; ma per la prima volta la vera protagonista è un personaggio di pura invenzione… posso provare a risponderti quando avrò finito il libro? :-)
4– Quanta libertà narrativa ci si può concedere quando si decide di scrivere un romanzo basato su personaggi realmente esistiti? Dove si ferma la realtà e inizia il romanzesco?
Ogni scrittore ha la propria risposta. Secondo alcuni bisogna essere strettamente fedeli ai fatti storici; secondo altri, in un’opera di finzione ci si può concedere qualunque cosa, perché la finzione è finzione. Io penso che la “realtà storica” sia un po’ un mito, e che anche gli storici esprimano il loro punto di vista; infatti sono spesso in disaccordo gli uni con gli altri. Certo, i fatti documentati esistono e un autore di romanzi storici non dovrebbe, che so, raccontare che Mozart è vissuto fino a 99 anni, quando tutti sappiamo che purtroppo è morto giovane. Altrimenti ne viene fuori un romanzo fanta-storico. Ma la linea di separazione tra realtà e romanzesco è talmente sfumata che l’unico criterio dovrebbe essere quello dell’onestà: se scelgo di violare i fatti, devo farlo consapevolmente e per una ragione precisa.
5– Tu stessa hai definito i tuoi libri dei “feuilleton”, o quantomeno hai asserito che ne hanno alcune componenti, ma leggendoli emerge un lavoro molto intenso sull’evoluzione psicologica dei tuoi personaggi: Maria Stella e il difficile rapporto con la madre in “La strana giornata di Alexander Dumas” oppure la lotta per affermarsi come donna prima che come musicista per Nannerl (“La sorella di Mozart”), quindi sorge spontanea la domanda: scrivendoli pensavi ad un genere di appartenenza oppure la costruzione della storia è avvenuta gradualmente senza un indirizzo preciso?
In realtà quando parlo di “feuilleton” mi riferisco soprattutto alla vera storia di Maria Stella, la protagonista del nuovo romanzo: lo scambio nella culla, il neonato scambiato che diventa re… sembra proprio una trama da romanzone ottocentesco. Quando ho scritto i romanzi non pensavo tanto di inserirmi in un particolare genere, quanto di narrare delle storie che mi sembravano importanti. L’indirizzo che tentavo di seguire era proprio quello che dici tu: raccontare con la maggiore profondità possibile l’evoluzione psicologica dei personaggi.
6– Nel tuo secondo romanzo fanno breve apparizione dei personaggi secondari apparsi anche nel primo libro... come mai questa scelta visto che i due romanzi non sono collegabili e storicamente sovrapponibili solo in parte?
Attraverso i miei romanzi vorrei esprimere l’idea di uno scorrere fluido degli anni, di una ciclicità degli eventi. Come sappiamo, nessuno di noi è solo su questa terra, ma siamo tutti collegati, anche al di là del tempo. Quel che ci accade oggi è una diretta conseguenza di quel che è accaduto a qualcun altro ieri; e su questo terreno, noi abbiamo comunque la possibilità di scegliere tra infinite strade. Ecco perché il “passaggio di testimone” tra un libro e l’altro.
7– Ha mai pensato di scrivere una saga? In fondo con tale ricchezza di personaggi, avresti ampie possibilità di farlo.
Ti ringrazio molto. In effetti sarebbe una possibilità interessante… potrei esplorarla dal quarto romanzo in poi!
8– Sia Dumas padre che Mozart sono persone molto sagaci, brillanti e “giocherellone” mentre nell’immaginario collettivo sono molto seri e compresi in se stessi, insomma “grandi e tormentati” artisti, sono stati davvero come tu li hai dipinti nei tuoi libri? La scelta di renderli co–protagonisti senza davvero mai incentrare il romanzo su di loro nasce dal fatto di volerli mostrare in una luce diversa?
Nessuno sa come fosse “davvero” l’uno o l’altro. Su Mozart sono stati scritti milioni di pagine in tutte le lingue del mondo e non credo che forniscano un’immagine univoca. Sospetto che anche i suoi contemporanei avessero di lui immagini diverse: per qualcuno poteva essere il fratellino più fortunato e più ricco di talento, per qualcun altro il figlio da instradare verso una fulgida carriera, per qualcun altro il compositore rivale e invidiato, per qualcun altro il brillante giovanotto da stimare… per non parlare di come le opere teatrali, i romanzi, i film raccontano quest’uomo: basta pensare ad “Amadeus” per avere in mente la sua risata sguaiata e comunicativa. La scelta di rendere Mozart e Dumas coprotagonisti dei miei romanzi nasce dal desiderio di esplorare un mondo che può averli circondati; quindi, in sostanza, come dici tu, di mostrarli in una luce nuova.
9– Quale delle tue due eroine hai amato di piu’? (In fondo un figlio preferito c’è sempre) e perchè?
L’eroina che amo di più è sempre quella sulla quale mi concentro nel momento della scrittura. Ho amato molto Nannerl quando scrivevo “La sorella di Mozart”, e ho adorato Maria Stella quando scrivevo “La strana giornata di Alexandre Dumas”. Adesso sto amando e odiando Elsa, la protagonista del mio nuovo romanzo…
10– C’è un modo di approcciarsi ai tuoi libri? Una persona che acquista un tuo romanzo con che spirito dovrebbe intraprendere la lettura? In fondo ogni libro ha un’anima e come tale va trattato diversamente da un altro...
Mi piacerebbe che chi si accingesse a leggere i miei libri lo facesse, molto semplicemente, con l’idea di immergersi in una bella storia… e spero che la trovi bella davvero! “La sorella di Mozart” forse può interessare di più le donne e le persone che amano la musica; immagino che “La strana giornata di Alexandre Dumas” possa essere interessante anche per gli uomini. Una cosa buffa che mi è capitata è che chi ama molto uno dei due romanzi avanza qualche riserva sull’altro. Non so perché. Probabilmente sono più diversi di quanto non mi renda conto io stessa, che li amo entrambi.
11– Originalissima l’idea di presentare il romanzo in costume alla fiera del libro di Torino: come è venuta?
L’idea mi è venuta un giorno all’improvviso mentre guidavo su una strada trafficata, e più ci pensavo e più mi veniva da ridere. Il giorno dopo ho chiamato il mio editore e sono rimasti tutti entusiasti. Però, amiche mie, devo dirvi una cosa: Dio benedica gli abiti moderni! Per mettersi quella roba ci vuole una buona mezz’ora e bisogna per forza farsi aiutare; e poi pesa! E’ stata una bella fatica, ma mi sono divertita moltissimo. Nella calca bloccavo i passanti parlando con un linguaggio improbabile, che sapeva lontanamente di Ottocento, e firmavo le copie del romanzo con una pennaccia Bic chiedendo umilmente perdono per l’assenza di una vera penna d’oca…
12– E infine: sappiamo che stai scrivendo un terzo romanzo, puoi darci qualche anticipazione? Anche in questo faranno brevi incursioni personaggi che abbiamo già avuto il piacere di incontrare? La formula resterà la stessa dei tuoi precedenti romanzi?
La protagonista è un personaggio di invenzione: una ragazza che vive a Roma nel 1931 e si convince pian piano di essere la reincarnazione di Anita Garibaldi. E per questo finisce in manicomio… e si convince che il suo dottore è la reincarnazione di Giuseppe Garibaldi! Come finirà? In modo sorprendente. Sì, anche in questo romanzo tornerà un personaggio che abbiamo già conosciuto: nientemeno che Alexandre Dumas. Non posso dire molto di più perché sono ancora in una fase embrionale…
LA STRANA GIORNATA DI ALEXANDRE DUMAS
Edizioni Piemme
Una popolana che cercò per tutta la vita di far riconoscere le sue nobili origini
Un giovane scrittore in grado di trasformare in capolavoro ogni storia che gli venisse raccontata
Uno scandalo che sconvolse la corte di Francia agli inizi del XIX secolo
Quella sarebbe stata una giornata come tutte le altre per Alexandre Dumas, se non fosse stato per una strana vecchia che gli aveva proposto di leggergli l’oroscopo per l’anno successivo, il 1844. Dopo i primi convenevoli, infatti, lo scrittore si accorse che l’indovina non aveva la minima intenzione di parlargli dei segni zodiacali, ma che aveva una storia da raccontare, la propria. Per una volta sarebbe stato lui lo spettatore.
Tutto aveva avuto inizio a Modigliana, in Romagna, dove la madre della chiromante, Vincenza, l’aveva data alla luce e l’aveva chiamata Maria Stella. In breve, però, Vincenza si era accorta che l’accenno di chioma scarlatta e i piccoli occhi di cielo della neonata non potevano venire né da lei né da Lorenzo, suo marito, entrambi neri come la pece. Quella non era sua figlia.
Ma quando aveva provato a parlare dei suoi sospetti, nessuno le aveva creduto, e Vincenza si era vista costretta a frugare in lungo e in largo la casa, e a chiedere ai vicini; era arrivata addirittura a interrogare il signor Conte.
La scoperta sull’origine della bambina era stata sconcertante, ma Vincenza si era confidata solo con la piccola Maria Stella che, dopo tanti anni, aveva deciso di mettere Dumas, il grande scrittore, a parte di uno scandalo che avrebbe potuto sconvolgere il regno di Francia.
DIETRO IL ROMANZO,
di Rita Charbonnier
La prima volta che incontrai il nome di Maria Stella ero in una biblioteca, impegnata nelle ricerche per il romanzo precedente. Sfogliando una vecchia enciclopedia notai una voce dedicata a una cantante nata in Romagna nel tardo Settecento: era lei. Si diceva anche che questa cantante scoprì, da adulta, di essere stata scambiata nella culla, lei nobile, con un neonato di umili origini. Presi un appunto e dopo qualche tempo iniziai a cercare tracce della sua esistenza.
Appresi che Maria Stella aveva dato alle stampe la propria autobiografia nel 1830 e che si poteva consultarla recandosi presso la Biblioteca Nazionale Francese (in seguito il libro è stato caricato su Google Books). Contattai anche i suoi discendenti, che vivono in Inghilterra, e stavo già programmando un viaggio tra Parigi e Londra quando scoprii che nella Biblioteca Comunale di Modigliana, il paese nel quale avvenne lo scambio di neonati, c’era una copia dell’autobiografia tradotta in italiano.
Cancellai il viaggio oltralpe e mi recai in Romagna. Mi bastò.
Oltre a poter leggere il prezioso testo ho incontrato una straordinaria disponibilità da parte degli abitanti del paese, per i quali Maria Stella è una vera e propria gloria; chi mi ha accompagnata a visitare i luoghi nei quali si svolse il baratto di neonati, chi mi ha mostrato la sua collezione di libri antichi sull’argomento, chi mi ha esposto il suo punto di vista…
ESTRATTO
da “La strana giornata di Alexandre Dumas”
Prologo
«Avete il Sole nel segno del Leone, e anche l’ascendente. Siete dunque molto leonino, Monsieur Dumas, persino nell’aspetto: alto, imponente, con una folta chioma… senz’altro vi definirei un bell’uomo. Inoltre, gli occhi chiari sull’incarnato bruno vi conferiscono un singolare fascino.»
«Vi ringrazio, Madame.»
«Di nulla» rispose la vecchia signora. «La vostra Luna è nel segno del Toro; è una Luna godereccia. Gli uomini come voi amano i piaceri della vita: la buona tavola, il vino, i viaggi, e soprattutto le belle figliole; sono incapaci di resistere alla grazia femminile. Possono sposarsi oppure no, ma non è infrequente che abbiano figli, e persino da donne diverse; nondimeno, agiscono in assoluta semplicità, per il proprio appagamento, non intendendo violare le norme o calpestare il buon senso. In voi, signore, io non vedo traccia di malvagità. Al contrario, credo siate un uomo buono e generoso.»
«Debbo ringraziarvi ancora» mormorò lo scrittore quarantenne, segretamente divertito.
«I miei non sono complimenti, ma constatazioni. E sappiate che non sono interessate: la mia età mi pone al riparo da qualunque avvicinamento alla vostra desiderabilissima persona.» Alzò gli occhi dalla mappa astrologica e li puntò nei suoi. «Confermatemelo, di grazia: io non vi piaccio, vero?»
Alexandre Dumas scoppiò a ridere. «Sono convinto che in gioventù siate stata bellissima; e lo siete ancora. Ma, ahimè, potreste essere mia madre…»
«Anche vostra nonna, se vogliamo. Ho trent’anni più di voi; ventinove, per la precisione. Vi dirò d’altronde che voi siete nato nello stesso anno di mio figlio Tomaso John: il 1802. Non è una curiosa coincidenza?»
«Sempre che esistano le coincidenze.»
«Non potevate darmi risposta migliore, Monsieur. Anche Victor Hugo è del 1802, non è vero?»
«Verissimo.»
«Bene. Ora però torniamo alla vostra Luna: si trova nell’undicesima casa. Ogni “casa”, come forse avrete sentito dire, rappresenta in astrologia una certa area della vita, e la presenza di un pianeta indica che quell’area, per la persona, è importante. L’undicesima è la casa delle mire, delle ambizioni e delle aspirazioni. La Luna in questa posizione favorisce il raggiungimento del successo; visto che in qualche misura l’avete già ottenuto, è quasi inutile che ve lo dica. D’altra parte, il favore delle platee è mutevole, proprio come la Luna, e il trionfo di un giorno si trasforma facilmente nel fiasco del giorno successivo. Le mie parole vi turbano, Monsieur?»
«Non troppo» affermò il drammaturgo, con un mezzo sorriso. «Ormai ho fatto il callo alla volubilità del pubblico.»
«Me ne compiaccio. La Luna in undicesima segnala peraltro una possente immaginazione; e anche questo, nel vostro caso, è più che provato. E ancora, essa è congiunta a Marte e questo indica una tendenza ad agire sulla spinta delle emozioni, piuttosto che sulla scorta del ragionamento; e a tentare di trovare, a posteriori, una spiegazione ragionevole ai propri impulsi…»
S’intristì e di colpo tacque. Osservava un simbolo sulla carta.
«Cosa c’è?»
«Voi avete perso il padre molto presto; non è vero?»
«Sì, certo, quando avevo tre anni e mezzo. Era un generale repubblicano…»
«Lo so, lo so. Il vostro Sole è nella dodicesima, che è la casa del dolore, della malattia, della prigione. Il Sole è il simbolo paterno per eccellenza… non c’è bisogno che vi dica altro. Ma potremmo tentare di vedere un significato positivo in questa configurazione: la vostra forza interiore e il vostro coraggioso idealismo. Voi credete sempre in quel che fate, e fate sempre le cose in cui credete. Volete ancora un po’ di tè?»
«No, grazie, sono a posto.»
«Se doveste cambiare idea, servitevi, ve ne prego. È una miscela pregiata; mi è stata spedita da Londra; qui a Parigi non riesco a trovare un tè che mi soddisfi. Vediamo… avete tre pianeti importanti nella seconda casa: Venere, Saturno e Giove. La presenza di Venere nella casa dei talenti e delle risorse suggerisce facilità nel guadagnare ingenti somme di denaro; la presenza del malefico Saturno, ahinoi, la stessa facilità nel perderle.»
«Cercherò di tenerlo a mente, Madame.»
«Per il vostro bene, spero ci riusciate. Questo accumulo di pianeti è un chiaro segno del vostro ingegno straordinario. Voi siete un uomo dotato di risorse assai differenziate: sapete fare il teatro, siete un giornalista intraprendente, scrivete romanzi… anche se in quest’ultima attività, sono costretta ad aggiungere, non avete raggiunto l’eccellenza.»
«Oh, dite?» esclamò Alexandre Dumas, sgranando gli occhi.
«Spero di non avervi offeso. Mi spiego meglio, se permettete. A mio parere, voi avete dato il massimo nel dramma romantico, genere che anzi, se vogliamo, avete inventato voi; avete scritto gustose cronache storiche, fiabe, racconti leggibilissimi; ma, per quanto attiene alle ampie dimensioni dell’opera narrativa, non avete ancora trovato la vostra voce. Oppure… non avete ancora trovato la storia giusta» concluse fissandolo con intenzione.
«Vi ringrazio per la vostra acuta analisi» soggiunse lo scrittore, intimamente seccato «ma non dovremmo occuparci del mio oroscopo per il prossimo anno, il 1844? È per questo che sono qui: mi è venuto lo schiribizzo di andare da un astrologo e mi hanno indirizzato a voi. Qui comincia, e finisce, la nostra relazione. Non mi sembra il caso di estendere il discorso.»
«Oh, non avrei mai pensato che poteste reagire in questo modo…» mormorò la vecchia signora, portandosi alla guancia la mano inanellata. «Debbo aver toccato un nervo scoperto. Perdonatemi.»
«Ma vi pare. Andate avanti, per cortesia.»
«Subito, Monsieur. Il vostro Mercurio è in dodicesima casa, ed è retrogrado; io qui, e ne sono dolente, vedo alcune minacce alla vostra vita artistica.»
Dumas si fece ancor più torvo. «Minacce di che genere?»
[CONTINUA…]
VINCENZA
Il suo corpo era percorso dal fulmine e le mani, le spalle, le cosce sussultavano. Dal ventre l’ondata lacerante si spandeva ovunque e non c’era un solo osso che non le facesse male. Dalla gola le usciva un suono rauco, di protesta contro la forza che la squassava, sulla quale non aveva controllo; non riusciva a star ferma, le membra non le appartenevano più, erano sue soltanto nel dolore.
«Sento un liquido che cola» singhiozzò.
La Zavajona le allargò le gambe con mani forti e ruvide. «È una femmina» disse. «Le femmine danno sempre parti difficili, perché sanno che vita le aspetta e non hanno nessuna voglia di cominciarla. Punta i piedi sul letto e spingi.»
«Son troppo stanca, voglio riposare.»
«Da’ una bella spinta, e vedrai che ti togli subito il pensiero.»
«Ti prego, ora non sento dolore… fammi riprender fiato.»
«Il fiato lo stai sprecando in chiacchiere, Vincenza! Fa’ quel che dico. Tu non hai fiducia nella gente.»
Si sforzò con tutta la buona volontà, stringendo i denti, ma non accadde nulla. «È inutile. Lasciami in pace, ti prego…»
«Oh, be’, se vuoi che me ne vada, padrona di crepare a modo tuo.»
«Se crepo, il mi’ marito ‘un ti paga» ribatté, ma non finì neanche la frase che un nuovo spasmo parve spezzarla in due. Le sue membra divennero un fascio di dolore animalesco che non aveva mai provato e che la riempì di scoramento. Le pareva che una mano gigantesca, maschile, la tirasse per la nuca verso un altrove opaco, fosco e deserto; la mano la scuoteva come si scuote un cencio alla finestra, e come un cencio Vincenza non aveva muscoli, nervi, né sangue. Però aveva ricordi. Rivide l’ultimo infante estratto dalla ruota, nello Spedale per Trovatelli di via Santa Maria: uno scricciolo bluastro e mezzo soffocato. Non s’era fatto in tempo a dargli un nome perché era morto lì per lì. Trent’anni prima, a lei era andata meglio: era una bimba ben pasciuta e le suore l’avevano trovata avvolta in una copertina soffice e ornata di merletti. Chi era sua madre, un’adultera? Una prostituta di lusso? Vincenza non l’aveva mai saputo; sapeva solo che non avrebbe inflitto al proprio figlio la tortura di crescere in mezzo a tanti altri figli di nessuno. E avrebbe riconosciuto se stessa nei suoi tratti fin dal primo istante, ne era certa; quell’istante però non arrivava mai.
«Smettila di strillare e sta’ calma!»
«Non mi dire sempre di star calma…»
«E grida, avanti, grida, che ti senta tutta Modigliana!»
Le fitte si susseguivano, una peggio dell’altra, e Vincenza era certa che la sua fine fosse prossima. Presto la Zavajona avrebbe dichiarato che il demonio aveva legato il cordone intorno al feto e l’avrebbe lasciata lì a spirare, così come aveva fatto con la Rina, dopo quattro giorni e quattro notti di travaglio. Lorenzo le avrebbe organizzato un funerale decente, o avrebbe risparmiato su quello come sulla levatrice? Era un artista nel tirare i cordoni della borsa, suo marito, e i denari che gli dava il lavoro nelle carceri eran sempre troppo pochi. Li teneva in una scatoletta chiusa a chiave nel fondo di un cassetto e quanti ce ne fossero, là dentro, lo sapeva lui solo; li contava, e li ricontava, e passava le notti a fare calcoli, e i giorni ad avanzare petizioni perché gli aumentassero la paga, e aveva preteso che anche lei andasse a servizio! L’aveva portata via dalla Toscana per far la bella vita tra i colli di Romagna, e adesso lui raccoglieva la merda dei furfanti, e lei la merda dei signori. Non le era nemmeno concesso rivolgere la parola ai Borghi Biancoli. Ogni tanto però si nascondeva e li spiava, come quel giorno che erano arrivati i due ospiti stranieri; la donna era scesa di carrozza con fatica; doveva essere gravida. Anche la Teresa, la verduraia, era incinta. Anche la Gugliarda, l’altra serva. Pance, pance, pance dappertutto. A Modigliana tutte le donne eran gonfie come palloni. Nella sua Pisa si figliava molto meno.
[CONTINUA…]
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