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ROMANCE PARK
Benvenute a Romance Park, il luogo dove ogni scrittrice ha la possibilità di presentare i propri lavori al pubblico!
L'estratto di questa settimana si intitola "LA RAGAZZA RIBELLE", e il nick della sua autrice è MADAME ROSE. ATTENZIONE, si tratta di nomi di fantasia, che usiamo solo per distinguere i vari estratti tra di loro: il nome dell'autrice non è questo, ed il titolo finale del libro sarà diverso.
Vi ricordiamo le REGOLE DI ROMANCE PARK ( potrete trovare maggiori dettagli qui: http://romancebooks.splinder.com/post/20213710 ) :
-- sia le lettrici che le bloggers potranno votare l'estratto con un punteggio da 1 a 10, e naturalmente commentarlo;
-- se la scrittrice lo desidera (non è obbligatorio), può rispondere ai commenti e alle domande – ma lo farà sempre usando il nick;
-- tra una settimana esatta, chiuderemo il sondaggio, e la scrittrice scoprirà che voto le è stato dato dal pubblico.
-- IMPORTANTE: la scrittrice non rivelerà la propria identità a nessuno, né prima, né durante, né dopo il sondaggio. Le bloggers che hanno collaborato con lei alla preparazione del post (cioè Naan e MarchRose) faranno altrettanto, sia nei confronti delle altre bloggers che delle lettrici, e per correttezza si asterranno dal commentare.
LA RAGAZZA RIBELLE
di Madame Rose
Tutti i diritti letterari di quest’opera sono di esclusiva proprietà dell’autore.
Parigi, dopo i moti rivoluzionari del Luglio 1830
Catherine è la nipote di un nobile francese e, suo malgrado, si trova coinvolta nei moti rivoluzionari in atto a Parigi che sfoceranno poi nella destituzione del re. Durante la sommossa incontra Albert, un affacinante e scanzonato ribelle, che la trascina dietro le barricate. Mentre infuria la battaglia Albert viene ferito e Catherine gli presta le prime cure.
Fra i due si instaura un profondo legame e nasce una forte attrazione.
Catherine era raggiante di felicità. Finalmente, la sua segregazione in casa era terminata e le era stato concesso il permesso di andare con Hélène al mercato. La vita parigina era tornata alla normalità e non c’era pericolo che potesse accadere loro qualcosa. Tuttavia, nella mente della giovane si stava facendo strada un progetto che, molto probabilmente, non sarebbe stato approvato da suo zio Jean-Paul. “Mi accompagneresti in un posto?” Chiese alla cugina, mentre camminavano per le vie della città. Non erano poi così distanti da rue Saint Denis e la voglia di rivedere Albert la sopraffece. “Quale posto?” si insospettì Hélène. Si era già cacciata in un bel guaio per aver seguito la cugina il giorno dell’inizio dei moti rivoluzionari e non aveva intenzione di subire altre ramanzine a causa sua. Catherine finse un’aria innocente. Faceva sempre così quando voleva convincere qualcuno e, di solito, la sua tattica funzionava. “Oh, a casa di un amico. Voglio solo accertarmi che stia bene, tutto qui.”
“Un amico?” Hélène la fissò con gli occhi sgranati “Vuoi che andiamo da sole in casa di un uomo?”
Catherine parve spazientirsi. “Oh, suvvia. Mica ci mangerà. Di che hai paura?”
“Ma, Cath, non sta affatto bene. Papà dice che…”
“Devi per forza fare tutto ciò che ti dice tuo padre? Avanti, cresci una volta tanto! Non c’è assolutamente niente di male in quello che voglio fare. O forse preferisci lasciarmi andare da sola? Questo sì che sarebbe compromettente.”
Hélène ragionò un attimo sulla situazione. Conoscendo la cugina, sapeva che non si sarebbe arresa di fronte a un suo rifiuto. Sarebbe andata ugualmente anche senza di lei e, così facendo, si sarebbe rovinata la reputazione. Del resto, non era cosa nuova per le ragazze della loro famiglia. Nonna Julie era stata l’amante di un nobile, prima di andare a vivere con il nonno che, solo successivamente, aveva sposato. Mentre Charlotte, la madre di Catherine, si era concessa a un soldato all’età di appena quindici anni. Era stato così che aveva concepito la figlia maggiore ed era trascorso diverso tempo, prima che regolarizzasse la sua situazione, sposando il padre di Cath. Eh, sì. Di scandali ce ne erano stati già abbastanza e non era proprio il caso che incoraggiasse sua cugina a commetterne un altro. “D’accordo. Ti accompagnerò. Ma devi promettermi che non ci fermeremo molto.” Catherine annuì felice. “Non preoccuparti, cuginetta. Sarà una visita assai breve.” In fondo, per lei ciò che contava era vederlo e specchiarsi ancora una volta nei suoi occhi.
Albert Cléry si stupì di sentir bussare alla porta a quell’ora. Di solito, non riceveva visite mattutine. Si infilò velocemente una camicia, visto che d’estate era solito restare a torso nudo, e si diresse verso la porta. Nell’aprire, si ritrovò a fissare due fanciulle, nei loro abiti eleganti, all’ultima moda. Una delle due era Catherine Beauchamps. “Che diamine ci fai tu qui?” Fu la sua esclamazione sorpresa. Lei si accigliò. “Ti sembra il modo di accogliere un’ospite? Dovrebbero insegnarti un po’ d’educazione!” Il tono indispettito di lei lo fece sorridere. Poi il suo sguardo andò alla sua accompagnatrice che era poco più di una bambina, ai suoi occhi. “Questa è mia cugina Hélène”, precisò l’inaspettata visitatrice, “Mi ha accompagnata perché sarebbe stato troppo compromettente venirti a trovare da sola. Ma non ci fai neanche entrare?” Albert fece un inchino beffardo e le lasciò passare. “A che cosa devo l’onore di questa visita, mesdames?” Hélène lo scrutò, timorosa. Ancora non capiva perché la cugina avesse insistito tanto per andare a trovare quell’uomo che a lei pareva decisamente maleducato e trasandato. Non si era neppure infilato la camicia nei pantaloni e aveva l’aria di essersi appena finito di vestire. Catherine ignorò l’occhiata supplicante di Hélène, che sembrava volerle chiedere di tornare a casa immediatamente, e rispose: “Volevo solo accertarmi che tu ti fossi rimesso in sesto. L’ultima volta che ti ho visto sembravi in fin di vita.” L’uomo irruppe in un’allegra risata. “Sono stato solo ferito a una spalla”, precisò, “Ci vuole sicuramente ben altro per spedirmi all’inferno. Comunque sto molto meglio, grazie.” Albert fece segno a Catherine e alla ragazzina, che l’accompagnava, di accomodarsi. Casa sua era molto modesta e, ahimé, parecchio disordinata. Purtroppo, non possedeva un salotto per le visite, per cui avrebbero dovuto accontentarsi della cucina. Notò l’aria disorientata di Hélène e gli venne di nuovo da sorridere. Doveva essere la prima volta che quella fanciulla dell’alta società metteva piede in un posto del genere. “Non preoccupatevi, mademoiselle”, le disse in tono canzonatorio, “Non sono un orco e non vi mangerò di certo.” Hélène arrossì a disagio e Catherine si scusò a nome suo: “Mia cugina è molto timida e riservata, mio caro Albert.”
“Sì, l’ho notato. Ma dimmi, come te la sei cavata, poi, con tuo zio? Ti ha preso a sculaccioni?”
Lei gli rivolse uno sguardo irritato. “Certo che no! Si è limitato a chiudermi in camera mia per una settimana.”
“Oh, che cosa orribile!” Il tono beffardo di lui le stava facendo perdere la pazienza.
“Come minimo, dovresti mostrarti un po’ più dispiaciuto. In fondo, è anche colpa tua se mi sono trovata in questa situazione incresciosa.”
“Situazione incresciosa? Dei moti rivoluzionari tu li chiami una situazione incresciosa?” Quella ragazza lo divertiva infinitamente. E adorava stuzzicarla. Quando si arrabbiava diventava tutta rossa e la trovava decisamente deliziosa. Lei si schiarì la voce, visibilmente a disagio. Non le piaceva essere trattata come una ragazzina. “Adesso non cambiare argomento!”
“Non sono stato io a scappare di casa nel giorno meno opportuno, mademoiselle.”
“Non sono scappata di casa. Sono semplicemente uscita a fare una passeggiata.”
Hélène ascoltò il loro battibecco in silenzio. Poi tirò una manica del vestito della cugina.
“Che c’è? Che vuoi?” Le domandò Catherine, spazientita.
“Forse dovremmo andare…” lo disse quasi timorosa. Di certo, non voleva che sfogasse la sua collera su di lei. La conosceva anche fin troppo bene e sapeva che era capace di qualsiasi cosa, quando era arrabbiata.
“Ecco sì”, fece Albert, sempre più divertito, “Mi sembra un’ottima idea. Non vorrei mai che per causa mia foste costrette a trascorrere un’altra settimana chiuse in camera.”
“Sei davvero impertinente!”, sbottò lei furiosa, “E non ti preoccupare. Ce ne andiamo immediatamente.” Lui le osservò raggiungere la porta e uscire, poi si abbandonò a una risata liberatoria. Non si era mai divertito tanto in vita sua. Non voleva ammetterlo però quella Catherine gli piaceva proprio.
Quando si ritrovò in strada, Catherine aveva un diavolo per capello. Si era aspettata quell’incontro assai diverso. Eppure, nonostante la collera, aveva trovato Albert decisamente affascinante. Forse, ancor più dell’ultima volta che lo aveva visto. Tutto d’un tratto capì una cosa: quell’uomo doveva essere suo. Non le importava come fare per conquistarlo, pur di raggiungere lo scopo. Del resto, amava le sfide. In questo somigliava molto a sua madre e a nonna Julie. Mentre pensava al da farsi, Hélène piagnucolò: “Perché mi hai portata in quella casa? Quell’uomo non mi piace. E’ stato molto maleducato.”
“Oh, sciocchezze. Questo è perché tu sei abituata a frequentare damerini dell’alta società, tutti incipriati! Albert è un vero uomo.” Lo disse con orgoglio, ma la cugina non parve assai convinta. “Promettimi che non andrai più da lui o lo dirò a papà.” Catherine sbuffò contrariata. Certe volte quella ragazzina era davvero odiosa. Di certo, i suoi genitori l’avevano viziata troppo. Beh, non c’era da stupirsi visto che era la loro unica figlia ed avevano faticato parecchio per concepirla. Per questo la tenevano sotto una campana di vetro. “D’accordo, te lo prometto.” Fece infine, riluttante. Non era necessario che sua cugina fosse informata dei suoi progetti a riguardo e un innocente bugia si poteva anche dire, di tanto in tanto.
Rivide Albert due giorni dopo. Era uscita con suo fratello che non faceva che tempestarla di domande sulla sommossa. Armand era affascinato dalle guerre e le lotte di qualsiasi tipo. Nel sangue doveva avere lo stesso istinto militaresco del padre, sebbene né Edmond, né la madre lo avessero mai incoraggiato in questa sua inclinazione. Charlotte era una donna un po’ apprensiva e sperava che entrambi i suoi figli, una volta adulti, avrebbero preferito una vita tranquilla in campagna, piuttosto che affrontare i mille pericoli di una città come Parigi. Lei stessa aveva convinto il marito a trasferirsi in Camargue dopo il loro matrimonio. Così, avevano comprato della terra e si erano costruiti una casa nel verde per poi avviare una modesta attività agricola. Non erano ricchi, ma avevano a sufficienza per vivere dignitosamente. A nessuno dei due figli, tuttavia, faceva gola quel tipo di vita. A loro piacevano le avventure, non la monotonia di un piccolo paese di provincia. Dopo l’ennesima domanda sulla rivolta, a Catherine venne un’idea. “Ti piacerebbe vedere il posto dove mi sono barricata insieme ai ribelli?” Ricordava perfettamente che non era distante dall’appartamento di monsieur Cléry e, se aveva fortuna, avrebbe potuto incontrarlo casualmente. Gli occhi di Armand si illuminarono. “Oh, sì. Mi piacerebbe eccome!”
“Però non devi farne parola con lo zio, d’accordo?”
“Sarò muto come un pesce.”
Fu così che si avventurarono in direzione di Porta Saint Denis. Evidentemente, doveva essere il suo giorno fortunato perché Albert stava percorrendo la stessa strada, in direzione opposta.
“Oh, ma chi si vede!” Esclamò, accennando un saluto alla giovane donna. “Lo devo ritenere un incontro casuale?”
Catherine arrossì e si nascose dietro il ventaglio. Non le capitava spesso di sentirsi in imbarazzo per qualcosa, ma quell’uomo aveva il potere di confonderla. “Che intendi dire?” rispose, fingendosi stupita.
“Mi stavo chiedendo se per caso tu non mi stia seguendo. Ormai ti incontro da qualsiasi parte!”
“Oh, non montarti la testa. Sono da queste parti perché mio fratello mi ha chiesto di fargli vedere il punto in cui mi sono ritrovata coinvolta nella sommossa.”
“Mia sorella dice la verità”, si intromise dunque Armand, “Sono stato io a voler venire qui.”
Catherine sorrise soddisfatta e si volse a guardare Albert, con aria di trionfo. Egli invece scrutò il ragazzino con curiosità. “E così tu saresti il fratello di questa ragazza terribile!” Armand rise e annuì, divertito. Quell’uomo gli piaceva. Era molto simpatico. “Beh, il mio nome è Albert e, ahimé, sono stato io a trascinare tua sorella nella rivolta, anche se non era certo mia intenzione. Purtroppo, non potevo mica lasciarla vagare, da sola, per la città, in un momento come quello.”
Il ragazzino ora era letteralmente affascinato. “Dunque voi siete un ribelle! Avete combattuto contro le guardie del re, quel giorno?”
“Sissignore. Ero uno dei capi dei rivoltosi.”
“Oh, che bellezza! Avete usato una tattica incredibile per sconfiggere i soldati.”
“Devo dedurne che sei un nostro sostenitore?”
Catherine rise divertita. “Certo che no. Armand è solo affascinato dai combattimenti.”
“Allora ti racconterò per filo e per segno com’è andata la battaglia.”
Il ragazzino pendeva letteralmente dalle sue labbra e Albert cominciò a fargli un resoconto completo di quelle tre giornate. Fece la strada con loro per un bel pezzo, poi si ricordò che aveva promesso al suo amico Victor di pranzare con lui. Avevano alcune cose da discutere.
“I miei omaggi, mademoiselle”, disse rivolto a Catherine, “E’ stato un vero piacere chiacchierare con tuo fratello e godere della vostra compagnia.” Lei lo guardò allontanarsi con lieve disappunto. Praticamente, aveva dedicato tutta la sua attenzione ad Armand. E lei? Era davvero così insignificante ai suoi occhi?
RATING FINALE : 6,42 /10
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