Con Abisso di Tenebra la Showalter ha dato inizio alla serie "Otherworld Assassins", sorta di spin-off della serie di sci-fi romance "Alien Huntress". Cupo, suggestivo e originale, questo Abisso di Tenebra però, nonostante le premesse, non mi ha convinta completamente, pur presentando alcuni aspetti degni di nota.
La trama è semplice, ma accattivante: Solomon è un alieno enorme e piuttosto mostruoso, che fa parte di una squadra speciale di killer incaricati di occuparsi di questioni extraterrestri. Durante una missione viene catturato e venduto a un circo la cui attrazione principale, invece di essere gli animali (a proposito, che orrore gli animali in gabbia torturati nei circhi!) sono creature extraterrestri di diversa origine, tenute prigioniere e drogate perché non possano opporre resistenza. Protagonisti principali di questo circo, itinerante di pianeta in pianeta, sono Jecis, il proprietario, una figura infernale e spietata, dedito anche alle arti oscure, la sua decisamente sfortunata figlia Vika, bellissima e prigioniera lei stessa di quella situazione, il braccio destro di Jecis, Matas, suo degno erede in fatto di crudeltà e Audra, l'amante di Jecis, donna vistosa e piuttosto sadica, che di quel circo potrebbe essere l'emblema. Almeno così parrebbe.
Il personaggio di Vika è forse quello meglio riuscito, a cui l'autrice dedica molta attenzione, sfumandone il carattere, che risulta abilmente imperfetto e pieno di contraddizioni, come è l'animo umano. Dotata di una sensibilità che il quel luogo di disperazione rappresenta più un ostacolo che un vantaggio, sin da ragazzina ha sempre cercato di rendere più confortevole la vita degli animali prigionieri, e poi degli alieni, ricevendo per questo terribili punizioni.
Il rapporto tra Vika e il padre è quello della vittima e con il suo carnefice. Jecis non ama, possiede, e questo fa sì che si senta autorizzato a picchiare e vessare psicologicamente la "sua adorata figlia" ogni qual volta la poveretta non rispetti alla lettera i suoi ordini e non si dimostri debitamente sottomessa. Da parte sua, Vika non riesce a odiare il padre, pur essendone ovviamente terrorizzata. La sua ribellione consiste nel cercare di liberare i prigionieri, in un primo periodo. Non ha la forza psicologica di contrapporsi caratterialmente al mostruoso Jecis, che ai suoi occhi di figlia è quasi onnipotente, e quindi, visti gli esiti terribili del suo unico tentativo di fuga, elabora un piano più a lungo termine per sfuggire a quella situazione asfissiante e salvare le creature. Il suo piano di libertà è l'unica cosa che le dà forza e speranza, ma la Showalter in questo è volutamente ambigua.
Da una parte Vika è effettivamente in svantaggio: ha perso l'udito (menomazione "regalo" del suo paparino come punizione per una sua ribellione), ed è sola in un ambiente che rispetta solo la violenza e la forza. Dall'altra, essendo stata allevata lei stessa come una vittima, ha delle vittime l'atteggiamento, e rimanda costantemente l'attuazione del suo piano di fuga perché non è mai il momento giusto. Guarda con raccapriccio il padre torturare e uccidere gli alieni, ma tutto quello che crede di poter fare (e, chissà, forse lo è) è curare le loro ferite. Vika è una splendida eroina imperfetta, realistica, che ha scelto la luce invece dell'oscurità che ha risucchiato il padre, ma che con l'oscurità ha imparato a convivere, suo malgrado.
Le cose cambiano quando arriva Solomon, che deve trovare il modo di scappare e che Vika vede bello nonostante l'aspetto bestiale. L'alieno capisce che la fanciulla è sia una carceriera che una vittima, ne intuisce l'animo gentile e se ne innamora. Purtroppo però Solomon mi è apparso un personaggio un po' noioso e scontato, a cui l'autrice non ha dato quella profondità e quella vitalità che ha dato a Vika. Dove la contradditorietà di Vika risulta una "normale" sfaccettatura della psiche umana, quella di Solomon assomiglia maggiormente a un'incoerenza dettata dall'alto, perché la Showalter ha deciso che doveva innamorarsi e quindi comportarsi in un certo modo. Le sue reazioni in certe situazioni mi hanno sbalordita. Faccio un sempio: i prigionieri insultano Vika e le lanciano sassi. Comprensibile: queste povere creature vengono incarcerare, torturate ed esposte al pubblico ludibrio, il minimo che possano fare è detestare i propri carcerieri, Vika compresa. Solomon, che si è invaghito di lei nonostante tutto, sviluppa subito (direi quasi istantaneamente) un istinto protettivo nei confronti della ragazza e medita vendetta nei confronti dei prigionieri che le inveiscono contro. Atteggiamento assurdo e forzato direi, viste le circostanze.
Ci viene detto che Solomon è attratto dalla bellezza di Vika, ma che l'amerebbe comunque, anche se fosse brutta, perché quello che lui apprezza maggiormente di lei è la sensibilità. Vabbè, ma nemmeno si conoscono! Il sospetto che se Vika fosse stata brutta Solomon non sarebbe rimasto tanto colpito (tra l'altro con incredibile tempismo) dalla sua sensibilità, rinchiuso dietro a delle sbarre, sorge spontaneo. Ma il romance politicamente corretto vuole così, e il lettore deve accettarlo.
A parte tutto questo, Solomon manca di spirito: non ci sono delle battute, degli scambi vivaci che diano al racconto quella marcia in più che porta il lettore a voltare pagina con avidità. Il rapporto di Vika e Solomon manca di accelerazione, di frizione, e scorre piatto, inducendo il torpore del déjà-vu. Almeno a me. La Showalter ha scelto per loro il buonismo, una scelta che a molti piace, ma a me no. Se uno dei due protagonisti è chiuso in gabbia, e quindi non può esistere, almeno all'inizio, un rapporto di parità e di contatto con l'altro, lo scambio verbale deve accendere la tensione e la forzata distanza fisica deve in qualche modo essere compensata da una tensione sessuale, magnetica che non ho avvertito.
Non è mancata l'azione (Solomon deve fuggire, Vika pure e non sarà facile), ma chiuso il libro ciò che mi è rimasto più impresso sono stati l'atmosfera oscura e morbosa del circo e il suo proprietario, un malvagio senza appello la cui presenza però si è fatta sentire.
Primo volume della serie di sci-fi romance "Otherworld Assassins" seguito, per il momento, da Black and Blue.
Cara Bluefly, anche io sono
Cara Bluefly, anche io sono d'accordo con la tua recensione. Con mia grande sorpresa ho faticato molto a finirlo, non mi importava abbastanza dei personaggi a un certo punto e slatavao pagine a pagine. Brutto segno!
Spero che la Showalter si riprenda coi prossimi romanzi, io le dò un'altra possibilità, la serie di Alien Huntress mi era piaciuta, a proposito, dove è finita la versione italiana? Interrotta anche questa?
Cara Lilith, anche a me era
Cara Lilith, anche a me era piaciuto il primo della serie Alien Huntress, ma mi sa che non ne vedremo i seguiti
Ciao, io volevo sapere se e
Ciao, io volevo sapere se e quanto è tagliato e candeggiato questo libro. Se lo è non lo compro e lo prendo in inglese anche se non sono molto brava a leggerlo. Cecilia
Ciao Cecilia, non ho la
Ciao Cecilia, non ho la versione originale, quindi non so se sia stato tagliato e/o modificato, mi spiace.
Una recensione ottima Bluefly
Una recensione ottima Bluefly ma a me sinceramente è piaciuto. Forse non è riuscito come altri romanzi di Gena Showalter però è scritto bene con una bella storia. Vika l'ho sentita molto e mi sono rimasti impressi l'atmosfera cupa e la cattiverai di Jecis, in altri romanzi nemmeno questo ti rimane in mente perciò mi sembra che comuqnue la Showalter abbai fatto un buon lavoro. Simona
Ciao Simona, su Jecis e Vika
Ciao Simona, su Jecis e Vika ci troviamo d'accordo
La trama era si accattivante,
La trama era si accattivante, ma la lettura è stata, come dici benissimo nella tua recensione cara Bluefly, cupa e lenta.
Nessun dialogo che vivacizzi l'atmosfera tetra e violenta, la malvagità del padre poi ha sempre dato oscurità al racconto.
Non è una serie che penso di continuare.
Io forse la continuerò, il
Io forse la continuerò, il protagonista del prossimo è il collega di Solomon, Blue, e pare più interessante. Vediamo un po'