Il libro del debuttante scrittore David R.Gillham rappresenta, nell’opinione di chi scrive questa recensione,un perfetto prisma. Le singole “facce” – dedicate al periodo storico, all’ambientazione, allo sviluppo dei personaggi e alla concatenazione degli eventi - concorrono a formare un convincente amalgama che permette al lettore di immergersi completamente nelle vicende raccontate.
La storia si colloca a Berlino nel 1943, cioè nel pieno della seconda guerra mondiale. Molto spazio e attenzioni vengono riservate alle sofferenze della popolazione tedesca, alle città abitate prevalentemente da donne, anziani e bambini, tutti tormentati da una fame divenuta endemica, stressati dai continui bombardamenti inglesi e dalle giornaliere perdite umane. L’autore è ben documentato sulle caratteristiche urbanistiche della città nella sua versione ante-guerra. Noi diventiamo partecipi della sua atmosfera cupa, claustrofobica: sentiamo provenire da ogni androne l’odore dei cavoli; avvertiamo lo stato ansioso e guardingo dei suoi abitanti; ci sembra di capire cosa provano nell’essere obbligati a credere che la vittoria finale sarà della Germania. Guai lasciarsi scappare un dubbio, cantare svogliatamente un inno del partito, cambiare abitudini o orari, frequentare persone sconosciute: potevi suscitare la curiosità di portieri, controllori di condomini, colleghi di lavoro, ed entrare in un cono di attenzione che poteva sezionarti l’esistenza e toglierti la vita.
L’ideologia nazista era strutturata in modo tale che lo stress accumulato nel subire l’applicazione, anche feroce, di norme funzionali al suo controllo ed espansione, poteva essere scaricato sui sottoposti di ogni categoria e così via in una spirale che arrivava fino alla base della piramide sociale. Questa base era costituita da handicappati, minorati mentali, omosessuali, zingari e sotto tutti, gli ebrei. Per costoro, nessun forma di compensazione perchè la loro esistenza di esseri imperfetti era di ostacolo alla realizzazione di una super-nazione, formata da super-uomini.
Sigfrid Schroder, una piacente trentenne, tipica bellezza tedesca, vive con il marito Kaspar e la suocera
in un appartamento della piccola borghesia berlinese. E’ una donna insoddisfatta che si sente intrappolata in un matrimonio privo oramai di passione e stimoli e in una convivenza in cui la suocera non perde occasione per dimostrarle la sua disistima. Sigfrid ha scelto di lavorare all’Ufficio Brevetti perchè questo le permette di star lontana da casa e nello stesso tempo di fare qualche scappata al cinema, suo unico svago. Durante uno spettacolo pomeridiano si accorge che un sconosciuto la sta fissando, poi le si avvicina e cerca
di scambiare qualche parola con lei. Le prende poi la mano, la posa dove può farle sentire la sua vigorosa erezione e le chiede, tra il lascivo, l’adorante e la supplica, se sapeva a cosa serviva quel che stava toccando. La vertigine che coglie Sigfrid è solo una parziale spiegazione del perchè non fugga o schiaffeggi l’impudente. Sono invece i suoi occhi ipnotici, la voce suadente e le sapienti carezze dell’uomo, che inducono Sigfrid a passare all’azione. E’ infatti lei che decide le modalità per consumare, lì nella sala cinematografica, il loro primo rapporto sessuale. Il secondo incontro avviene in un appartamento che Egon – così dice di chiamarsi l’uomo – si è fatto prestare da un amico e qui sottopone Sigfrid ad un altro shock:
esibisce alla donna il pene circonciso accertandosi che lei ne comprenda il significato ed i pericoli connessi. Lei ne è cosciente, ma non vuole rinunciare a vivere la sua passione, che si trasformerà in breve in un amore profondo. Egon è misterioso, sfuggente, esaltante: l’intesa fisica è perfetta, quella mentale risente dei silenzi e delle ombre che circondano la vita di Egon. Dove vive? Come riesce a sfuggire ai controlli? Ha moglie e figli da qualche parte? Un fitta trapassa il cuore di Sigfrid quando lui si lascia scappare che la moglie si chiama Anna e vive a Vienna con le due figlie.
Sei mesi e sette giorni dura la relazione di Sigfrid ed Egon, poi lui scompare senza lasciare traccia.
Sigfrid continua a frequentare i cinema nella speranza che lui riappaia. Inaspettatamente, in un giorno feriale, trova invece Ericha, una ragazzina che presta servizio come baby sitter in una famiglia del suo condominio, che le chiede di farle un grande favore: confermare alla sua datrice di lavoro che sono andate insieme al cinema e consegnare un pacchetto. Sigfrid pone alla ragazze domande su domande ma la ragazza non risponde assicurandole che è meglio così. Tra le due si instaura un’amicizia profonda, Sigfrid si sente protettrice della giovane e piano piano, senza averlo pianificato, si trova a fare da staffetta per i suoi bisogni. Il segreto non può essere mantenuto oltre ed Ericha confida all’amica di essere membro di un’organizzazione che cerca di mettere in salvo ebrei, disertori e chiunque sia perseguitato. Sigfrid decide di aderire assumendosi così maggiori incarichi e ulteriori rischi.
La narrazione, fino a questo punto, non conosce sbavature, incertezze, defaiance. Ma diventa eccellente, anzi, superlativa, nel proseguo. Il ritmo si fa sincopato, i colpi di scena producono aritmie, squarci di verità affollano il backstage, Egon riappare. L’insieme cosa ci dice? Che è difficile separare il bianco dal nero: Egon è un buono? Chi tradisce è lontano dai protagonisti? Molti di essi sono ambivalenti, nessuno è completamente innocente.
Lo stesso eroismo di Sigfrid è trattato con pudore, senza trionfalismi. Il suo coinvolgimento nell’organizzazione di salvataggio, così come quello di Ericha, non avviene attraverso una catarsi, una scoperta dell’ebraismo grazie all’amore per Egon o di disgusto nei confronti delle leggi naziste. E’ piuttosto un graduale rifiuto a volgere la testa altrove davanti alle ingiustizie che tocca con mano, la normalità che va verso l’eccezionalità.
Avrei voluto dare, per la prima volta, il voto di 10/10 perchè il libro, nel novero degli eccellenti, è di quelli veramente imperdibili: il “taglio” di mezzo punto è dovuto alla parola “forse” rilevata a pagina 206 e non chiaramente collocabile “………..Le leggi (naziste) erano, forse, ingiuste, ma erano sempre leggi”. Chi attesta quel “forse”? L’autore (inaccettabile)? Il sentire comune tedesco dell’epoca?
Disgraziata
Guarda Milly, ogni volta che mi impegno a contenere le spese per i libri arriva una tua recensione e mi scombina le carte: come faccio a non comprarlo adesso?!!! Disgraziata
Mi dichiaro colpevole, ma se
Mi dichiaro colpevole, ma se ti metto in tentazione con un bel romanzo in fondo compio un'opera meritevole, non credi?
non ho capito....
Ciao, bella ed esauriente la tua recensione.
Mi ha incuriosito la trama.
Non ho capito però se trattasi di libro erotico sotto spoglie di uno storico o viceversa.
PATTY
Ti ringrazio cara Patty, ma
Ti ringrazio cara Patty, ma vorrei rassicurarti, si tratta di un romanzo storico di spessore e molto sensuale, assolutamente non un erotico.
Ciao Milly
Ciao Milly, acquistato ed in lettura PATTY
In effetti, cara Milly, un
In effetti, cara Milly, un "forse" di troppo che può togliere quel mezzo punto per la sua sinistra ambiguità. Ma che non toglie la voglia di farsi tentare dal romanzo, che hai recensito splendidamente.
Incredibile chi si può incontrare al cinema è? Io ci vado spesso, però...
Adoro, fra l'altro, i personaggi ambigui
Cara Bluefly, grazie,
Cara Bluefly, grazie, purtroppo nemmeno io al cinema ho mai incontrato nessuno di interessante, forse siamo nate nell'epoca sbagliata? Riguardo all'ambiguità concordo con te, i personaggi o le trame che la posseggono sono i più interessanti, quando applicata alla realtà e alla Storia però il discorso si fa diverso.
Era un libro che avevo
Era un libro che avevo adocchiato. Adesso la tua recensione me lo fa comprare. Grazie Milly!
Grazie a te, penso non ti
Grazie a te, penso non ti pentirai dell'acquisto.