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Lunedì, 2 marzo, 2009 - 22:44
Maet

Untitled

RECENSIONE:
IL CURIOSO CASO DI BENJAMIN BUTTON
(The curious case of Benjamin Button) 2008

 

Regia di David Fincher con Brad Pitt (Benjamin Button) Cate Blanchett (Daisy Fueller) Julia Ormond (Caroline) Taraji P. Henson (Queenie)



New Orleans, 1918, la città è in festa per la fine della Grande Guerra. Monsieur Gateau talentuoso costruttore di orologi cieco, ha perso in battaglia il suo unico figlio. Non ha pianto lacrime che fossero visibili ma il suo dolore è grande. Prima di scomparire per sempre, decide di terminare quella che è la sua commissione più importante, un enorme cronografo per la stazione centrale, a modo suo. Le sue lancette infatti segneranno si il tempo, ma all’indietro, perché forse così, afferma, coloro che abbiamo perso potranno tornare da noi.

Thomas Button si affretta verso casa, sua moglie sta partorendo il loro primogenito è lui è pieno di entusiasmo. Ma ad accoglierlo troverà una casa silenziosa, un letto zuppo di sangue, una moglie alle soglie del trapasso. Il bambino è nato, è vivo, ma è mostruoso. Non può essere suo figlio. Non può. E’ uno scherzo della natura, una vergogna da coprire, un problema da eliminare. Thomas non ci pensa su nemmeno un attimo, non terrà quell’essere deforme. Vorrebbe annegarlo nel fiume, ma la presenza di un poliziotto glielo impedisce, così lo abbandonerà davanti ad una casa di riposo per anziani, dove lo troverà la capo inserviente di colore Queenie, che nonostante non sia sposata, non guadagni granché ed abiti nel sottoscala dell’edificio, avrà il cuore abbastanza grande per accogliere, salvare ed amare quel neonato repellente, rugoso ad artritico come un novantenne.


Inizia così uno dei film più belli dell’anno, stabilendo da subito il tono del racconto, che non vuol essere se non in minima parte agganciato alla realtà, ma per il resto si situa nel favolistico, in una terra di mezzo tra Forrest Gump ed Il favoloso mondo di Amélié. Come per i film fantastici, anche qui è necessaria una sospensione del giudizio per potersi godere appieno la storia e lasciarsi trasportare da essa. Non cercate verosimiglianza od assenza di incongruenze, che pure ci sono e numerose, non è una commedia, un documentario od una pellicola di denuncia, ma cinema allo stato puro: ovvero sogno ed emozione. Lasciate i pregiudizi a casa (non mi piace Brad Pitt, è troppo lungo, è ambientato nel passato, è un’americanata) ed abbandonatevi alla magia. L’incanto di una regia forte ed avvolgente, di una fotografia meravigliosa e sapiente che cambia con il variare dei periodi storici, passando dal bianco e nero, al seppia, al technicolor, alla saturazione tendente all’ocra degli anni sessanta e del superotto, a quella a luce quasi naturale degli anni settanta, alla mancanza di contrasto degli anni ottanta, per approdare alla luce fredda e virata al grigio dei giorni nostri, in un virtuosismo che coinvolge tutti gli altri reparti. Musica, scenografia, costumi, suono, trucco ed effetti speciali sono di un livello altissimo come lo sono tutti gli interpreti, dai comprimari ai protagonisti, con menzione particolare per la strepitosa Taraji P. Henson nei panni di Queenie e per la radiosa ed intensa Cate Balchett nei panni di Daisy, l’amore della vita di Benjamin. Come gli ingranaggi dell’orologio di Monsieur Gateau, anche qui tutto concorre al risultato finale, che se in alcune singole parti può mostrare pecche, (come la sceneggiatura che ricorda troppo il succitato Forrest Gump discostandosi moltissimo dall’omonimo racconto di Francis Scott Fitzgerald da cui è tratta) nell’insieme si armonizza e ci consegna un’opera lirica, struggente ed affascinante.


E’ difficile non partecipare alla vita di questo bambino, alla sua scoperta della vita partendo dall’assenza di speranze per approdare alla meraviglia della conquista giornaliera di ciò che gli altri danno per scontato, come poter camminare con le proprie gambe, essere autosufficienti, uscire di casa, riuscire lavorare, scoprire l’amore, quello fisico e quello spirituale, sapendo al contrario di tutti gli altri, quale sarà la propria fine. E mantenere l’animo puro ed aperto, alle persone come all’esistenza, per quanti colpi duri essa possa infliggerci.

 

Certamente la prima metà del film, incentrata su Benjamin, è la più riuscita, si rimane avvinti dalle immagini in maniera quasi ipnotica e ci si sente catturarti nel profondo senza comprenderne totalmente il motivo. Poi la trama si sposta sulla storia sentimentale tra i protagonisti, cambiando leggermente registro. Benjamin e Daisy si innamoreranno da bambini e riusciranno, dopo molte traversie ed esperienze, a vivere appieno questo sentimento solo ormai adulti e per un breve momento. Ma non è questo il miglior ritratto dell’amore che il film ci regala. Pitt e Blanchett sono bellissimi, levigati, perfettamente accoppiati ed adeguatamente appassionati nei loro incontri della maturità, poi per loro il tempo inizierà a scorrere diacronicamente. Solo allora, quando entrambi saranno vecchi, anche se in maniera fisicamente opposta, assisteremo ad alcune tra le più commoventi e vivide rappresentazioni dell’amore che mi sia mai capitato di vedere sul grande schermo, varrebbero da sole tutto il film.

David Fincher, innovatore, disturbatore, amante dei toni cupi e dei disadattati, sorprendentemente dirige una pellicola in maniera classica eppure personale, raggiungendo una maturità che promette futuri capolavori e che diversamente dalle sue precedenti opere non propone soluzioni ma pone quesiti.

Quesiti probabilmente sgradevoli in un mondo dominato da una parte da dogmi ed ideologie (anche in campo cinematografico) dall’altro da un individualismo sfrenato e da un culto di una irraggiungibile perfezione fisica sotto cui si cela il niente ed il terrore della morte. La bruttezza o una qualsiasi deformità o difformità rendono un essere umano indegno ed immeritevole di essere accolto nella società e di essere amato? Perché la società non vuole farsene carico come non vuole farsi carico degli anziani, trasformando di fatto tutte queste persone in invisibili ed indesiderabili? Davvero i legami di sangue sono quelli più forti o l'esser genitori non ha nulla a che fare con la semplice biologia e tutto con il desiderio di accoglienza? Perché non sono accettabili gli inevitabili segni dell’invecchiamento? Perché non si può mostrare che l’amore è anche rinuncia al proprio egocentrismo e parzialmente rinuncia all’io, per passare al noi? Cosa o chi dà significato al nostro vivere?

A ciascuno di noi trovare, se c’interessa, la risposta a queste domande, proposte più con la potenza delle immagini che con quella delle parole, che onestamente qui sono di importanza alquanto relativa. E come le immagini, restano dentro di noi, a lungo. Impossibile uscire dalla visione di questo film senza aver provato nulla, non importa a quali mezzi gli autori siano ricorsi, fatto sta che hanno colpito il nostro cuore e toccato il nostro spirito. A me sembra un risultato enorme.

 

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Commenti

Ancora non lo visto, ma

Ancora non lo visto, ma sicuramente è uno dei prossimi film da vedere.

A me è piaciuto moltissimo.

A me è piaciuto moltissimo. Una storia d'amore diversa dagli schemi.

ho visto questo fil sabato e

ho visto questo fil sabato e devo dire che non ne sono rimasta così colpita.Sicuramente è un film fatto molto bene e molto curato anche nei suoi aspetti tecnici,la storia è oltretutto curiosa e ci si appassiona facilmente alle traversie di Benjamin e alla sua scoperta del mondo e dei sentimenti, ma ad essere scinera non sono riuscita ad appassionarmi alla storia d'amore tra Benjamin e Daisy, non li ho visti come uan vera coppia ma come due entità separate che si trovanoa condividere qualcosa.Ho trovato gli attori molto bravi ma carenti proprio nella parte della storia d'amore,dove mi sono sembrati un poco ingessati.Quando invce non rtecitavano insieme mi sono sembrati molto bravi e affascinanti.Bah,si vede che io per le storie d'amore strane non sono proprio tagliata!

@ naan Grazie! Vallo a vedere

@ naan

Grazie! Vallo a vedere e non te ne pentirai, preparati i fazzoletti...

Si veronica, il racconto di

Si veronica, il racconto di Fitzgerald , per quanto breve, è un piccolo gioiellino, così come il film, per quanto se ne discosti, è bellissimo.

Pitt e Blanchett sono una splendida coppia cinematografica, come già avevano dimostrato in Babel; in effetti dovrebbero farli lavorare insieme più spesso, poichè oltre all'evidente alchimia sono anche molto bravi in tandem.

splendida recensione

splendida recensione maet!

anch'io ero molto intrigata da questo film ed ora più che mai sono decisa a vederlo.

Io lo sto aspettando da

Io lo sto aspettando da molto. Sono davvero curiosa di vederlo anche perchè una mia amica ha letto il libro e ha detto che è splendido.

Tra l'altro Pitt e la Blanchette formano una coppia stupenda.

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