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In the Spotlight/Sotto i riflettori: Anna Valeria Cipolla d’Abruzzo
L'AUTRICE
Anna Valeria Cipolla d’Abruzzo è nata nel 1980 a Bologna, dove vive, ma ha origini abruzzesi di cui va molto fiera.
Ha ricevuto diversi riconoscimenti letterari e fa parte dell’Associazione culturale siciliana “La Biblioteca d’Oro”.
Tra le sue pubblicazioni, tutte incentrate sulla figura femminile: “La mia bambina di carne e sangue …ed altre storie di pancia e di donne” (Arduino Sacco, 2011), “Nate con la coda” (Armando Siciliano, 2013), “Antichi sospiri” (ST-Books - GDS, 2014), “Passeggiando nell’acqua” (Kindle Edition, 2014), “Dentro un tronco d’albero” (Kindle Edition, 2014), “Sat Nam” (Kindle Edition, 2014), “Non ti vedo” (Kindle Edition, 2014), “Storie tra le ciglia” (Kindle Edition, 2014).
Sito web: www.annavaleriacipolladabruzzo.it
Facebook: Anna Valeria Cipolla d’Abruzzo
IL ROMANZO
NATE CON LA CODA (Armando Siciliano Editore)
Cosa pensereste se una mattina vi svegliaste nel letto sbagliato, nella famiglia sbagliata, nella città sbagliata e… nell’epoca sbagliata? Questo è ciò che accade a Ludovica, protagonista di un’insolita avventura la quale, figlia del Ventunesimo secolo, all’improvviso si trova imbrigliata nel 1890 alle prese con: bagni freddi senza schiuma, scomode crinoline e, soprattutto, un mistero da sciogliere con l’aiuto di un’Amica che si rivelerà preziosissima al di là del tempo e dell’immaginazione.
Nate con la coda – che ha come scenario un piccolo paese dell’Abruzzo in provincia di Chieti, Palmoli – è una storia di amicizia, di amore e della ricerca di se stessi, che parte dalle radici della propria famiglia per approdare alla profondità del proprio essere, ai geni che minuziosamente lo compongono, e sfociare nella voglia di sapere chi siamo e perché siamo proprio così.
Una voce sconosciuta di donna mi assalì, insieme al fregare di un fiammifero e a una luce improvvisa. Un lume, forse di quelli a petrolio, tremolava nella stanza: una stanza che non avevo mai visto.
CURIOSITA'
Questo romanzo è nato in me verso la metà degli anni Ottanta, quando ero ancora una bambina. All’epoca mia nonna mi raccontava della sua di nonna e quindi della mia trisavola, Mariannina Zulli, costretta a lasciare il ragazzo che amava e a sposarsi con un uomo col doppio dei suoi anni. Accadde a metà Ottocento in un piccolo paese dell’entroterra vastese, in Abruzzo. Accadde in piena notte, con la complicità di un prete corrotto e la minaccia di fucili.
Da quel momento Mariannina si spense, perse tutta la freschezza dell’adolescenza. Divenne madre non riuscendo però mai a interagire con i figli; diede loro un’educazione ma non fu in grado di dimostrare affetto.
Persa nel suo dolore, si chiuse in se stessa e visse prigioniera di un marito tanto geloso da proibirle perfino di affacciarsi alla finestra. Unico suo piacere era la cura del corpo giornaliera, il bagno… in un’epoca e in un luogo in cui l’acqua, per di più calda, era difficile da avere a disposizione. Mariannina perì a soli 32 anni di quello che allora fu definito “mal di coccia” ossia mal di capo, quindi di sicuro una patologia cerebrale. Se ne andò senza un lamento, senza una parola, col viso disteso nonostante le forti fitte alla testa… felice di poter lasciare una vita che per lei era diventata solo un peso.
Sin da piccola ho avuto un desiderio: cambiare il triste destino della mia ava. Ci sono riuscita da adulta, con l’aiuto della penna e una buona dose di fantasia!
All’interno del romanzo sono inserite tre delle otto splendide illustrazioni realizzate dall’artista pugliese Carmela Russo.
ESTRATTO
Voglio essere masticata:
"Era successo in fretta. Corallo, approfittando del sonno di Gabriele davanti al camino, aveva aperto la finestra della camera al secondo piano, e scavalcata la balaustra del terrazzino, era affondata nella neve. Così, senza mantella. Poi, con decisione, arrancò verso il sentiero tracciato dai compaesani. Fu uno sforzo immane, soprattutto per l’ingombro della pancia gravida. La maledisse.
Raggiunta la via, si mise a correre. Era pomeriggio. Le persone erano chiuse nelle case a digerire il pranzo natalizio e scongiurare il freddo.
A un certo punto, il ghiaccio la fece scivolare e ferire. Le lacrime, che fino a quel momento erano state trattenute dal duro piglio, s’infransero sulla lastra nera. Ma Cora non mollò le redini del coraggio; si rimise in piedi e continuò la fuga.
Tanta era la voglia di allontanarsi dal marito, che quasi non avvertiva il gelo. Non si curò neppure del sangue alle mani o del fatto che non avesse scampo. Perché era impensabile attraversare il bosco di Palmoli e tornare illesa ad Atessa, da Lui. La sua non era una favola, ma la realtà. E lei lo sapeva. Era consapevole del suo essere in cerca della morte, unica concreta alleata. Sperava solo che avvenisse tra le fauci di un lupo e non per le sevizie di un brigante. Sì, addentata da una fila di coltelli famelici, scaldata da un alito ferino privo di crudeltà, ridotta poltiglia in uno stomaco animale, pietoso al contrario di quello degli uomini. Lei voleva essere masticata.
Era stufa di sentire male all’anima. Così, il dolore sarebbe stato spento da altro dolore. Meno forte. Più sopportabile. Preludio del niente.
D’improvviso, si accorse di aver perso la spilla rossa. Forse era stato con la caduta. S’arrestò, indecisa se tornare indietro. Il suo nome, il suo temperamento, la sua famiglia; tutto era racchiuso in quella pietra intagliata a polpo. Allora riprese la marcia a ritroso.
Pochi passi e scorse il gioiello. Fece per raccoglierlo, ma fu colpita alla nuca con violenza. Ecco il regalo di Natale di mio marito, pensò rabbiosa.”
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