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In the Spotilight/Sotto i riflettori: Emiliana De Vico
L'AUTRICE
Emiliana De Vico (1973) vive in un paesino nell’entroterra abruzzese insieme al marito e ai due figli. Laureata in scienze sociali, lavora presso i Servizi Sociali di zona. Appassionata di romance, approccia questo filone dall’adolescenza. Alcuni suoi racconti sono contenuti in antologie dellaDelos Books a cura di Franco Forte (365 Storie d’amore; Speciale SF; il Magazzino dei Mondi 2).Vincitrice della terza edizione de “La vie en rose” 2012 con “Indaco”. Posizionata al secondo posto XXX Premio WMI con il racconto “Il coniglio di marzapane”.Il racconto “Rose sui tratturi” è stato segnalato dalla giuria del Premio Romance 2013 indetto da Mondadori.Cinque racconti erotici, sono stati pubblicati dalla Delos Digital per la collana “Senza sfumature”. Il suo primo self su Amazon è il racconto intitolato “Mi chiamo Bloody Mary”.
IL RACCONTO
Alice guarda il mondo attraverso il cristallo di un calice sempre torbido. Giovane alcolista arranca tra serate di sballo fatte di sesso e alcol, e crolli emotivi. Solo quando viene costretta a frequentare un gruppo di terapia di alcolisti in trattamento si rende conto di quanto è profonda la sua dipendenza. Quello che non sa è l’importanza della condivisione, di avere una spalla a cui appoggiarsi. Trova un sostegno nello psichiatra che segue la terapia, fino a che la sua presenza diventa qualcosa che va oltre il semplice aiuto. Alice sperimenta il senso di inadeguatezza, il sapore amaro delle ricadute e il sollievo della sobrietà. Il tutto attraverso gli occhi di Andrea. Scoprirà, così, qual è la sua vera dipendenza: l’amore.
CURIOSITA'
"Volevo scrivere un erotico forte, invece è venuto fuori un racconto di denucia sociale, così l'hanno definito in molti. Ma sono felice lo stesso. La prossima volta ne scriverò uno di denucia sociale e verra fuori un erotico. L'importante è calibrare la mira."
L'ESTRATTO
«Alice.»
Lo sento che mi chiama. Cazzo, vuole togliermi anche la fantasia di morire in pace. Mi raggomitolo, e poggio il mento sulle ginocchia. Quando lo sento ansimare dietro di me so che non avrò via di scampo. «Non preoccuparti, non salterò di sotto.»
«Se pensassi che ne saresti capace ti avrei già legata a un albero.» È così truce che sono sorpresa, stupita dal pensiero che gli importi di me. Ma è solo responsabilità verso un membro del gruppo di terapia.
Si siede al mio fianco e guardiamo il panorama come una coppia di scalatori ansimanti. Ma il suo fiatone dipende dalla scarpinata. Il mio dall’averlo vicino. Lo guardo atterrita. «E ora?»
Si ravvia il ciuffo. Non ha ancora un filo bianco tra i capelli mentre io ne ho parecchi. Colpa dei radicali liberi, e degli stravizi.
«Farfallina, è un nome azzeccato. Voli via veloce.»
«Meglio di Alice, la tonta che salterella nel mondo incantato tra gatti, coniglie e carte.» Mi guardo le pietruzze rimaste attaccate al palmo. Mi prende il polso e me le toglie, una a una. Non c’è più una pagliuzza ma continua a pulirmi. E col cavolo che glielo dico. Forse scoperà con la dottoressa, o con qualche altra, ma adesso accarezza me. Me lo farò bastare. Penso di morire davvero quando intreccia le sue dita alle mie. Mi sto scaldando e ho paura di interpretare male lo sguardo con cui mi avvolge. «Non è una buona idea, Andrea.» Se mi tocca sono fritta. Se mi bacia sono persa. Non mi accontenterei di una sola volta, lo cercherei ogni attimo a venire.
«No, non lo è.»
Fa forza sulla mano intrecciata finché non gli cado addosso. Ho smarrito la facoltà di pensare.
«Farfallina.» È tenera la voce.
Ho voglia di guardarlo tutto per ricordarlo meglio. Ingoia a vuoto e io faccio lo stesso. Mi tocca piano come se dovesse conoscermi ancora.
Non baciarmi. Mi faresti male. Usa il mio corpo come hanno fatto in tanti, ma non baciarmi.
Sono io ad annullare la distanza. Sono io che tocco la sua bocca. Sono io che ci sospiro sopra. E il suo sapore è la mia vita. Chiude gli occhi ma mi lascia fare. Lo bevo a piccoli sorsi in attesa del rifiuto che arriverà. E allora mi spezzerò, ma ora sono qui, e vivo di un momento rubato, capitato per caso. Ho baciato pochi uomini. Fottuto tanto, ma baciato niente. Non ho il coraggio di forzare le cose e accarezzarlo tutto, raggiungere il suo amico e rinsaldare una amicizia interrotta. Ci teniamo le mani e ci baciamo. Come adolescenti in cerca di sicurezza.
«Dobbiamo andare, farfallina.»
«Lasciami morire in pace.»
«Non posso. Il tuo leprotto ti starà cercando.»
Mi tira su. Sto per lasciare questo posto e tornare alla vita di sempre, alla mia spalla, allo pseudo lavoro che ho ripreso da poco. Ma lui mi prende la mano e si incammina. E io sono il cucciolo, il segugio che vive del suo odore e lo seguo. Io sono sua, e lui mi sta riportando da Franco.
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