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Sesso e Romance: più fantasia che realtà-parte prima
Alla scoperta della visione di una componente sostanziale del romance, la sessualità, che troppo spesso assomiglia più a una favola che a una fedele rappresentazione della realtà, per quanto edulcorata.
Non si può negare che, oltre ai sentimenti, nel romance sia fondamentale la parte che riguarda l’espressione fisica dei medesimi, ovvero il sesso, e d’altra parte parlare di amore tra due partner senza raccontarne la carnalità sarebbe pressappoco come scrivere un giallo senza un delitto su cui indagare.
Se in passato i costumi e la censura pretendevano una castità coatta che desessualizzava le coppie al limite dell’angelico, fortunatamente dagli anni settanta in poi del secolo scorso, grazie a Kathleen E. Woodiwiss, la porta non si è più chiusa di fronte alla camera da letto. Anzi, si è passati dalla porta socchiusa a quella perennemente spalancata con esiti a volte dubbi, che sconfinano nel trattato di anatomia o nella visita ginecologica. Non che il pubblico sembri averne abbastanza, i romanzi infarciti di scene hot o incentrati sulla sensualità più spinta, tanto da sfiorare a volte il porno, sono in grande richiesta e la tendenza è sicuramente verso l’abbattimento di qualsiasi tabù, letterario e non. Lasciando da parte il naturale voyeurismo presente in buona parte del pubblico, e una certa inclinazione a vivere l’eccitazione per via vicaria, questa attenzione al sesso sottolinea comunque l’importanza di una componente fondamentale dell’essere umano, dalla quale non si può ovviamente prescindere nemmeno in forma artistica. Dal punto strettamente narrativo la sessualità e l’intimità sono mezzi per conoscere e far evolvere personaggi e relazioni interpersonali, creando all’occorrenza background e situazioni di snodo su cui imperniare una trama. Dunque la sessualità si carica di un doppio significato all’interno di un romanzo: come valore in sé da esplorare a vari livelli e come accessorio non secondario da utilizzare per il fluire di una storia.
Rispetto a qualsiasi altro genere, il romance ha l’onere e il privilegio di sondare come nessuno altro emozioni e sensazioni legati all’amore e all’erotismo, e proprio per questo e per il suo rivolgersi principalmente ad un pubblico femminile lo investe di una certa responsabilità riguardo ai contenuti, che non possono esaurirsi in un semplice escapismo. Ragazze, giovani donne e donne mature fruiscono del romance per molti anni, in taluni casi per tutta una vita e la lettura di questo genere di romanzi contribuisce a formare la loro idea di amore e sesso, anche solo a livello fantasmatico o di puro desiderio.
Ovviamente non c’è solo la rappresentazione positiva e gioiosa dell’amore e del sesso – al quale sarà dedicata la seconda parte di questa analisi – ma anche l’altra faccia della medaglia, quella negativa, dannosa e pericolosa che riguarda le molestie, gli abusi e le violenze. Temi spiacevoli e difficili, ma dai quali non si può prescindere non fosse altro che per un minimo di aderenza alla realtà presente e passata. Se infatti le violenze sessuali e le molestie sono tristemente sempre attuali, storicamente erano diffusissime e reiterate grazie alla pressoché totale impunità di una mentalità maschilista che riduceva la donna a mera merce di scambio, fattrice e ricettacolo di libidine. Per quanto il romance sia solo parzialmente realistico, data la sua natura di narrativa di consumo, e cerchi di convogliare un messaggio consolatorio, talvolta a scapito della verosimiglianza appunto, non ha mai evitato di trattare tali argomenti, seppure forse non sempre con la dovuta attenzione. Non si contano i romanzi che possono vantare almeno uno stupro nella trama, soprattutto quelli storici chiaramente, ma come vengono affrontate la violenza sessuale e le sue conseguenze?
Negli anni tra i settanta e la fine degli ottanta era comune che l’eroina subisse uno stupro, non solo dal cattivo di turno ma di frequente anche dall’eroe stesso (come dimenticare, per esempio, Rosemary Rogers o il “caro” Jennifer Wilde, alias Tom E.Huff, alfieri dell’abuso come corollario al sesso?). Veniva proposto come atto normale, comune e non particolarmente grave. La protagonista versava qualche lacrimuccia, senza ribellarsi troppo e poi alla fine del libro si abbandonava felice tra le braccia del suo stupratore. “Il fiore e la fiamma” della già citata Kathleen E. Woodiwiss, il romanzo che per la prima volta ha esibito scene d’amore esplicite, inizia con una violenza sessuale. Il capitano Brandon Birmingham stupra non una, ma ben due volte la giovane Heather con la scusa di averla scambiata per una prostituta. Nonostante lei neghi più volte di esserlo e la sua totale inesperienza lo dimostri. Se il capitano non si fa scrupoli né ha particolari rimorsi di coscienza, Heather non si cruccia più di tanto della virtù perduta, né si ribella – perlomeno nel suo cuore – della gravidanza che ne risulta. Sposa Brandon e dopo la nascita del bambino lo perdona, essendosi innamorata follemente di lui nel frattempo. Questo romanzo è considerato un classico ed è stato amato da milioni di donne eppure, come molti altri similmente, minimizza e semplifica in maniera offensiva e poco rispettosa un atto gravissimo.
Ce ne sono a bizzeffe di romance dove l’eroina per prima non prova particolare orrore di fronte a ciò che sta subendo, non sente rabbia, né dolore, né disperazione, non desidera vendicarsi o non desidera farsi del male per esorcizzare l’accaduto. Ancor peggio, non odia chi l’ha aggredita e arriva ad amarlo, perché in fondo l’uomo è cacciatore e deve sfogarsi e la donna è preda e deve sottomettersi. Come in una certa cultura tuttora radicata e difficile da estirpare – anche nei paesi del cosiddetto primo mondo – che si riflette pedissequamente nei romance: quando la donna dice no in verità vuol dire sì, una donna che viene stuprata in fondo se lo è voluto o ha provocato l’uomo.
Tristemente, poiché le autrici sono donne, è raro trovare storie in cui una protagonista offesa nel corpo e nell’anima venga descritta nella sua sofferenza, nelle sue incertezze e nei suoi dubbi, nel viaggio verso la guarigione, lungo e non facile, che deve percorrere. Tutto si risolve in un fastidio passeggero e in qualche riga. Problema superato, direte voi, dalla metà degli anni novanta la musica è cambiata. Non esattamente. Se è vero che l’atteggiamento generale del pubblico è cambiato e ciò che anche fino a vent’anni fa veniva considerato accettabile adesso non lo è più, tuttavia molestie e violenze abbondano ancora e se è vero che c’è una maggiore sensibilità su certi problemi, sono sempre troppe le protagoniste che a poche ore o giorni da violenze e abusi, addirittura di gruppo, subiti da soldati, delinquenti, pirati, presunti amici o parenti, riescono incredibilmente a godersi rapporti sessuali appaganti con tanto di orgasmi multipli.
E’ ovvio che gli stupri sono sovente usati come mero espediente, così come dipingere un’eroina che proviene da un’infanzia e un’adolescenza di abusi – magari in famiglia – ed è vero che il romance non è un trattato di sociologia o psicologia, ma in quanto genere letterario è comunque tenuto al rispetto della verosimiglianza. Inoltre, se postuliamo che almeno il sessanta per cento del pubblico femminile legge romance, all’interno di questa percentuale è probabile che perlomeno la metà conosca di persona vari tipi di violenze. Per non disprezzare queste lettrici, che meritano un’accuratezza in cui possono identificarsi, e per dare la giusta dignità a loro e a noi che amiamo questo genere, sarebbe bello incontrare più storie con maggiore veridicità e attenzione al recupero della possibilità di vivere un’intimità appassionata. Perché è vero che l’amore vince tutto, ma certe ferite non si rimarginano tanto facilmente e noi donne dobbiamo salvarci e aiutarci da sole, anche attraverso la rappresentazione che diamo di noi stesse nei romanzi. La vera forza sta nel non girare la testa dell’altra parte, mai.
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