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In the Spotlight/Sotto i Riflettori: Elisabetta Rossi
L'AUTRICE
Mi chiamo Elisabetta Rossi e sono nata ad Ancona.
Ho riempito di scrittura quaderni di poesie e racconti sin dall’infanzia e tutto, solo per passione.
Ora, alla passione si è aggiunta la determinazione e la necessità di scrivere tutti i giorni.
Il mio primo incontro con l’editoria è grazie a delle illustrazioni, quelle per un libro di favole: “Cammerville”.
Poi, una rivista femminile a tiratura nazionale mi ha dato l’occasione di saggiare le mie qualità di scrittrice. Ho collaborato con loro per quattro anni scrivendo racconti e romanzi brevi.
Nel frattempo, il mio desiderio di scrivere inseguiva nuove e più impegnative mete: un romanzo più ampio e strutturato.
Nel settembre del 2008 l’Armando Curcio Editore pubblica il mio primo romanzo, utilizzando uno pseudonimo. Questa avventura è proseguita con la pubblicazione di due romanzi rosa e quattro gialli, l'ultimo è uscito a giugno del 2012.
La tappa successiva del mio percorso è stata quella dell’editoria digitale affrontata come self-publisher.
Attualmente, la mia “squadra” di ebook auto pubblicati spazia dal romance al giallo con diversi titoli diffusi su molti store online.
Nonostante i vari cambiamenti e i naturali passi avanti nel mio modo di scrivere, alcuni punti restano tuttora fermi dai primi personali tentativi di scrittura ad oggi: la passione che continua a spingermi imperiosa e la speranza di riuscire ad inchiodare il lettore alle mie pagine, fino a fargli dimenticare quello che lo circonda.
IL LIBRO
Gianna ha la ricetta perfetta per dimenticare un tradimento amoroso: assumere dosi massicce di panna cotta e crème brûlée.
Il suo lavoro, invece, la aiuta un po’ meno. La nostra golosa amica si occupa di una rubrica dedicata alle future spose e il suo lavoro consiste nel rispondere alle mail delle sue interlocutrici prossime al matrimonio riguardo ad ogni dettaglio, dalla cerimonia all’abito e agli accessori da indossare.
Un giorno, leggendo tra le infinite mail delle sue lettrici, un particolare frivolo: una giarrettiera, la incuriosisce e le resta in mente. Quella sera stessa, mentre chiacchiera con una sua amica al bar, ascolta per caso una conversazione tra due sconosciuti e scopre che “una delle sue spose”: Cristina, non farà di certo un matrimonio felice.
A seguito di questa scoperta, Gianna che non è tipo da lasciar perdere delle questioni amorose controverse, cerca a tutti i costi di aiutare la sua sconosciuta interlocutrice. Mentre cerca di rintracciare la donna indecisa sulla giarrettiera si imbatte per caso in Luca, un ragazzo fantastico che per due giorni sarà compagno e amante perfetto.
Solo due giorni, però, perché Luca deve partire per Rotterdam, per lavoro e questo breve lasso di tempo è tutto quello che possono concedersi.
La sua breve e intensa relazione non le ha fatto dimenticare che deve impedire a tutti i costi un matrimonio: quello tra Cristina e Alberto, e Gianna, che non è certo tipo da demordere, tenta veramente di tutto, ma i suoi sforzi sembrano non approdare a nulla. Il giorno delle nozze di Cristina, però, la attende un’ulteriore sorpresa…
Incomprensioni, litigi, riconciliazioni, segreti e molti colpi di scena si susseguono senza sosta.
Riusciranno Gianna e Luca a dare un seguito a quei due giorni perfetti o la nostra amica dovrà di nuovo rifugiarsi nella sua tanto amata panna cotta
Curiosità
La principale differenza fra la crema catalana e la crème brûlée sta nel fatto che, mentre la prima viene preparata sul fornello, la crème brûlée va fatta cuocere in forno a bagnomaria
(wikipedia)
A Gianna la protagonista di “Due giorni perfetti” non era mai capitato di dover rispondere alle sue lettrici sulla differenza tra le due delizie per il palato... ma due erano anche i giorni che le erano concessi per sognare e amare.
Anche Amélie Poulain ha un rapporto particolare con la crème brûlée... come Gianna, la protagonista di “Due giorni perfetti”.
L'ESTRATTO
Ingrasserò, ma senza rimpianti.
Accettata la mia totale responsabilità di indossare abiti calibrati nel prossimo futuro, potevo tornare a concentrarmi sul rigagnolo di caramello che scendeva dal cucchiaio e disegnava stupendi riccioli ambrati sulla panna cotta.
Volevo gustare a fondo quel momento, poi, avrei pianto, ma non certo per i sensi di colpa per aver mangiato il dessert.
Alzai un attimo lo sguardo e la cameriera che mi aveva servito poco prima mi passò accanto, sorridendo poi, si allontanò.
Sul suo sedere campeggiava l’impronta di una mano.
Farina?
Anche lei non deve aver avuto una bella giornata, o forse sì.
In fondo il pizzaiolo non è male, l’ho visto prima, quando sono entrata, forse è il suo ragazzo, ma non pare abbia una gran classe se lascia le sue impronte sul sedere delle cameriere, potrebbe almeno avvertirle prima che rientrino in sala.
Che disdetta è già finita!
Guardai sconsolata il piatto: della panna cotta al caramello non c’era più traccia, spolverata in tempo record.
Forse la durata va di pari passo alla disperazione di chi la mangia?
La cameriera era di nuovo vicino a me.
Le devo dire della manata proprio lì? Forse è meglio di no.
“Mi porti il conto per favore!” poi, ci pensai un attimo e prima che si allontanasse di nuovo, “scusa, volevo dirti che sei un po’ sporca” e le indicai il suo sedere, un po’ di solidarietà femminile non guasta mai.
Lei arrossì, ma non fece commenti.
Pagai il conto e prima di uscire, guardai verso il pizzaiolo che stava guarnendo una pizza, mi sorrise, ammiccando.
“Sono convinto che tornerai ancora, la mia pizza è irresistibile”, non so perché, ma fui certa che stesse parlando più di se stesso che della pizza.
Sono mal predisposta verso gli uomini, oggi, e lui sarà il primo ad avere a che fare con il mio pessimo stato d’animo.
“Deve essere l’ingrediente segreto”, mi avvicinai a lui e la mia aria civettuola scomparve immediatamente, “ma cerca di pulirti le mani su uno strofinaccio la prossima volta, altrimenti ti denuncio ai NAS o all’ufficio di igiene della ASL”.
La sua faccia stupita mi diede una grande soddisfazione, adoro far fare brutta figura ai bastardi come lui.
Con un sospiro soddisfatto uscii dal locale e respirai l’aria calda di metà maggio.
Supererò questa giornata di merda, devo farlo e dopo, potrò essere di nuovo al meglio.
Quello stesso venerdì, mentre ero al lavoro, sentii il cellulare squillare, guardai chi mi stava chiamando.
“Fai che sia una cosa veramente importante perché mi hai interrotta mentre stavo per addentare un pezzo di crostata alla Nutella”, dissi alla mia amica Lorena.
“Sei la solita stronza!” mi apostrofò lei senza mezzi termini, “volevo solo sentire come stavi”.
“Bene, come sempre”, le mentii, ma non avevo ancora voglia di parlare di quello che mi era capitato.
“Non cercare di imbrogliarmi, vuoi che venga da te?” mi chiese e so che lo avrebbe fatto.
“Sono in ufficio… forse tra un po’ torno a casa”, ammisi senza rivelarle nulla.
“Ancora in ufficio? Ma sono quasi le otto di sera! Dai Gianna, cerca di volerti un po’ di bene, quel bastardo non merita un sacrificio così grande!”.
“Solo per delle ore di straordinario?”.
“Non chiuderti dentro al tuo rancore, stasera ho un bel programma”.
“Non mi va di…”.
“È come cadere da cavallo, devi risalirci subito, altrimenti non lo farai più”.
“Non mi riempire la testa di aneddoti, non sono in vena”.
“Ti aspetto a casa mia tra una mezz’ora” e senza darmi il tempo di replicare riattaccò.
Tipico di Lorena, mi ha preso sotto la sua ala protettrice e non intende lasciarmi da sola.
Guardai il monitor e il documento di word tristemente bianco, poi, l’ispirazione.
Le donne sono nate per pulire i cessi e cucinare per gli uomini. Che siano per noi amanti, mariti, figli, padri o fratelli, appena nate, nel nostro DNA, c’è indelebilmente scritto che faremo questo per tutta la vita.
Digitai sul computer, ma sapevo che non potevo scrivere quelle parole come risposta alla posta di Stella. La WWWSposi non apprezzerebbe.
Direbbero che si tratta di un conflitto di interessi, i loro, dato che offrono tutto quello che ruota attorno ai matrimoni, dalla consulenza di un wedding planner, agli abiti per gli sposi, i testimoni, i parenti, fino alle bomboniere e i servizi fotografici, ecc. ecc. ecc.
Io facevo parte dell’eccetera.
Eppure, per solidarietà femminile, come quella che mi aveva spinto all’ora di pranzo a confidare alla cameriera della poco rispettosa manata sul suo fondo schiena, non potevo tacere sulle reali conseguenze a cui porta un matrimonio, a tutte quelle giovani donne che mi scrivono speranzose per avere consigli su quello che loro credono sia il giorno più bello della loro vita.
Pensai che dietro il bello dello sposarsi ci fosse una voce fatta circolare dagli uomini affinché possano avere sempre la casa pulita e le camicie stirate, continuando così a ricevere servigi da una donna, tanto per non spezzare la tradizione. E così, come avevano fatto prima le loro madri, nonne o sorelle, le mogli, figlie e amanti si trovavano a perpetrare il servilismo.
Ma questa volta potevo diventare solidale, solo a patto di trovare qualcuno che mi pagasse l’affitto del mio appartamento.
Sapevo che era vera e propria ipocrisia affermare cose alle quali non ho mai creduto e quel venerdì 18 maggio ne avevo avuto la conferma, ma dovevo rispondere a Cristina 2/09/19…, una donna che mi chiedeva se fosse meglio una giarrettiera bianca o bianca con un nastrino blu per il giorno delle sue nozze che sarebbero state ai primi di settembre.
Il dilemma mi stava dilaniando la mente, come trattenermi nel dirle che il suo futuro sposo, sarebbe corso dietro a qualcun’altra nel giro di poco tempo, con o senza un indumento bianco o bianco e blu che le potesse portare fortuna.
Ma da quando sono diventata così cinica? Non certo da stamattina e solo perché…
Il cellulare squillò di nuovo.
“Sei ancora al lavoro?” Lorena era arrabbiata, “ti passo a prendere, ora!” e riattaccò, senza che io potessi aggiungere altro.
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