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Il Falco e la Rosa: l'Antologia tutta Italiana
Tra poco più di una settimana sarà in tutte le edicole un’antologia eccezionale, firmata da sette bravissime autrici che tornano a collaborare insieme dopo il successo di Amori sull’ali dorate.
Se l’anno scorso si celebrava l’anniversario dell’Unità d’Italia, ora si festeggia il numero mille dei Romanzi Mondadori, con sette penne d’eccezione che hanno unito estro e ingegno per regalarci un libro unico nel suo genere.
Nessuno meglio di loro poteva raccontarci come è nato e si é sviluppato un progetto così particolare e impegantivo, una vera avventura che è durata molti mesi e il cui risultato sarà a breve tra le mani di noi lettrici.
La parola dunque alla protagoniste, che così gentilmente hanno accettato di condividere con noi la loro esperienza.
ORNELLA ALBANESE
Questo lavoro di equipe, “a quattordici mani” come diciamo scherzando, è stata la riprova di qualcosa che ho sempre saputo. Il termine “le autrici italiane” ci rende uguali solo perché siamo, per l’appunto, italiane, ma poi ognuna di noi è un mondo a parte. Una volta concordati gli elementi di collegamento tra le varie storie, ci siamo mosse con buona libertà all’interno del racconto, seguendo le nostre idee e attitudini: chi ha dato più spazio alla ricostruzione storica, chi ha privilegiato l’intreccio, chi i personaggi. Ognuna di noi ha portato nel romanzo il suo immaginario, il suo stile, il suo modo di approcciarsi alla narrazione, e anche il suo carattere. Il risultato è una saga attraverso i secoli dalle mille sfaccettature che ci rispecchiano.
Il mio racconto, Il principe delle tenebre, si svolge nel 1500. Prima di tutto ho cercato di calarmi in quel secolo assolutamente nuovo per me, perché finora nei miei Romance storici avevo trattato solo il Medioevo e l’Ottocento. Devo dire che questa novità mi è piaciuta. Ho letto, mi sono informata e mi sono innamorata di quel periodo. Nel 1500 Firenze ha una storia molto articolata, ma io ho preferito soffermarmi sull’aspetto artistico. L’arte in tutte le sue manifestazioni era una realtà di grande prestigio e richiamava artisti anche da terre lontane. I pittori più famosi avevano botteghe nelle quali riverberavano la propria genialità. Io ho scelto Andrea del Sarto e, tra la sua bottega e il palazzo dei Monfalco, ho dipanato una storia d’amore che mi ha coinvolto moltissimo. Lei si chiama Celeste ed è una giovane donna dominata dalla passione per la pittura, alla quale ha sacrificato tutto il resto. Ma, come dice il suo amico Rosso Fiorentino, nella vita ci sono altre passioni e l’incontro con un uomo disincantato, ma di grande fascino, fa presto vacillare tutte le sue certezze.
Il racconto lungo, secondo me, ha proporzioni perfette: permette lo svolgersi di una storia anche complessa e offre spazio per una buona ricostruzione storica e per un certo approfondimento dei personaggi. Mi è piaciuto davvero moltissimo scriverlo.
ROBERTA CIUFFI
Un letto di gigli e di rose è il racconto conclusivo dell’antologia. E, allo stesso tempo, conclusivo dell’avventura dei Monfalco come famiglia della nobiltà fiorentina. Giuliano, ultimo erede della stirpe, pieno di debiti accumulati in secoli d’incurante magnificenza, fa una scelta classica tra i giovani aristocratici europei nelle stesse condizioni: sposa una ricca americana.
Minnie Porter, bella e intraprendente, compie anche lei una scelta tipica delle ereditiere d’oltreoceano sposando un bel conte fiorentino. Senza tante illusioni, le consiglia la cinica zia Dolly. Se sarà pronta a distogliere lo sguardo, quando necessario, e a tenere a bada i sogni romantici, il suo potrà essere un buon matrimonio. Questo però non è quello che vuole Minnie, ma non è altrettanto sicura dei desideri di Giuliano. Tra di loro c’è una grande distanza, amplificata dalla presenza dispotica della madre di lui, di un carico di debiti che forse neppure la sua dote riuscirà a ripagare, e soprattutto di quell’antico, ingombrante palazzo dissestato cui rischiano di dedicare la loro intera vita.
Questo è il conflitto presente nel racconto. Il passato contro il presente, ma soprattutto contro il futuro. Legami da recidere o stringere più forte. Scelte dolorose che conducono a svolte inaspettate. È il tema del ‘nuovo inizio’, della rinascita, a me tanto caro.
Sono davvero felice di aver partecipato a quest’avventura targata n. 1000. Confesso di essere stata una lettrice tardiva di romance. Ricordo il primo che ho letto: Amare a New Orleans. Era il 1982, e apparteneva alla collana ‘I Romanzi’. Diversamente dalle mie colleghe, anche la mia storia di scrittrice è stata tardiva e anche quella è cominciata con ‘I Romanzi’ Mondadori, nel 1997. Era il numero 349. Ne sono passati, vero? Non c’è da stupirsi quindi che provi tanto affetto per questa collana, che ha accompagnato i miei sogni -di lettrice prima e di scrittrice poi- dagli inizi fino a questo momento. Le auguro un buon anniversario, sperando che prosegua nel suo compito di portare emozione, passione e divertimento nelle nostre vite ancora molto a lungo!
MARIANGELA CAMOCARDI
Anche se apparentemente potrebbe sembrare semplice creare sette racconti connessi l'uno all'altro da una imbastitura comune, in realtà ha a che vedere con altrettante menti che elaborano e creano in modo assolutamente individuale. Sembrerà anche inverosimile che per questa antologia ci abbiamo impiegato un anno, tra l'assemblamento definitivo e i vari dettagli che facevano da collante per renderla emozionante e coinvolgente. Siamo partite con la scelta dell'epoca, ciascuna optando per la più congeniale alle proprie esigenze, poiché per tutte c'è un periodo storico preferito. Per quanto mi riguarda ho scorazzato da un secolo all'altro coi miei romanzi, dal 1400 con I pirati del lago, al romantico ottocento, lambendo persino il '900 con Luna di primavera, dove parlo dell'insurrezione popolare milanese per i rincari del pane del 1898. Mi piace far combaciare la Storia con le mie storie e i miei personaggi, raccontando un'Italia che a volte è sconosciuta ai più. Per restare a Il falco e la rosa, dopo aver assegnato il ruolo di protagonisti ai miei carismatici Olivia e Lapo, e di antagonisti a Lucrezia e Gherardo, bisognava inserirli nello scenario seicentesco scelto da me quale sfondo di Per amore di una strega.
In questo scenario era necessario che si immergesse la sua autrice. Conoscevo bene il seicento lombardo ma di quello fiorentino avevo solo un'infarinatura. Per settimane ho letto biografie di personaggi vissuti in quel periodo. Ho visto film in costume e, oltre a farmi un'idea della moda di quei tempi, mi sono seduta a tavola con loro per scoprirne i cibi e i gusti. L'amore è sempre l'amore e sulla passione che un uomo e una donna condividono credo di essere ormai un'esperta. Devo però calarmi completamente nell'atmosfera di allora per riuscire a trasmetterla a chi legge. Ho iniziato la stesura del racconto considerando le sinossi delle altre amiche autrici. Loro avevano fatto la stessa cosa, naturalmente. Marri, alias la nostra cara Maria Masella, che è geniale in questo tipo di cose, ha preparato uno schema in divenire dove ogni dettaglio suggerito dall'una o dall'altra veniva registrato, così da evitare incongruenze e svarioni. Personalmente ci volevo un fantasma, ed ecco materializzarsi Arabella, andata sposa, nel racconto di Paola Picasso, a Riccardo di Monfalco. Anche nell'abbellimento del palazzo in cui si snoda la saga dei Monfalco ognuna di noi ha contribuito, tratteggiando ambienti indimenticabili, come la galleria degli antenati in cui Celeste, la protagonista di Ornella Albanese si diletta nell'arte della pittura. Il crociato di Miriam Formenti, Lanfranco, porta un ricco bottino di guerra da Costantinopoli, e ogni conte Monfalco che gli succederà ne andrà in cerca. Nel mio racconto c'è una bambina che si chiama Adelaide di Monfalco che ritroviamo tra i personaggi di Theresa Melville, e così via con i racconti di Marri e Roberta Ciuffi.
Penso a questo punto che venga spontaneo immaginare i lunghi mesi di gestazione occorsi per dare vita a Il Falco e la rosa. Mesi che sono stati intensi e condivisi giorno per giorno in una armoniosa, o quasi, collaborazione di gruppo. Io credo che se ci venisse corrisposto un euro per ogni mail che ci siamo scambiate, a ognuna di noi spetterebbe un bel gruzzoletto. Mi auguro che i nostri sforzi per offrire alle lettrici una bella storia scritta a 14 mani incontreranno il loro apprezzamento. Sicuramente è stata una significativa esperienza che ci ha arricchite, e che oltre a farci superare con brillantezza alcune irrilevanti divergenze di vedute, ha cementato ancora di più l'amicizia che ci lega da anni.
MIRIAM FORMENTI
Non avrei mai immaginato che scrivere questa seconda antologia avrebbe richiesto tanto impegno.
Fra colleghe abbiamo scambiato decine di mail per accordarci sul periodo in cui ambientare le nostre storie e poi su tanti piccoli particolari come il palazzo, il medaglione, lo stemma… per rendere quest’antologia un vero romanzo, non solo una raccolta di racconti.
Non ho avuto alcun dubbio sulla scelta del Medioevo, così come ho deciso subito che il mio protagonista sarebbe stato un Crociato. Un po’ d’incertezza è nata quando ho dovuto scegliere quale crociata che, come ben sapete, sono state tante. Infine ho scelto la quarta, quella che in realtà non ha mai raggiunto la Terrasanta e che considero forse la più sanguinosa.
Affascinata ho letto di questa spedizione, delle sue crudeltà, ma anche del coraggio di tanti uomini. Voglio dire di un particolare circa la conquista di Costantinopoli, che io ho trovato molto creativo: i crociati hanno costruito delle piattaforme sugli alberi delle navi e hanno fatto inclinare le imbarcazioni verso le mura, in modo da poter saltare e prendere le torri di guardia. Si può immaginare un macello; tuttavia con la forza della loro spada e del loro coraggio sono riusciti a penetrare in città e a raggiungere le porte per permettere al resto dell’esercito di entrare. E il primo Monfalco, nella mia fantasia, è stato uno di questi. Il figlio di un mercante, che ottiene il titolo di cavaliere grazie al suo coraggio e un enorme bottino con le razzie.
L’identità di Rosa, la mia protagonista, è invece cambiata all’improvviso mentre mi apprestavo a tratteggiarla. Mi è piaciuta l’idea della pellegrina divenuta schiava e l’ho sviluppata.
La mia storia viene raccontata quasi come una leggenda circa duecento anni dopo, e narra di questo uomo forte e attraente che dopo quasi 10 anni torna in patria insieme a Rosa, la giovane schiava di fatica che si è lasciato convincere a comprare per pietà ma anche per bisogno, dal momento che ha una bambina che necessita di una donna che si occupi di lei durante il viaggio.
Rosa non è attraente quando lui la incontra. E’ una povera creatura abbruttita da anni di schiavitù, ma la forza del suo carattere ha salvato la sua mente e lasciato intatto il suo cuore.
Fra quest’uomo, tormentato da ricordi spiacevoli che riguardano il suo passato, e questa donna, che nonostante le sofferenze patite riesce ancora a sognare, nasce un amore grande e da loro la dinastia dei Monfalco.
Considero questo romanzo a quattordici mani un gran lavoro. Posso assicurare alle lettrici che, tutte e sette, per scriverlo ci abbiamo messo il cuore.
Un grazie affettuoso a tutte le amiche del blog per questa iniziativa e un abbraccio a tutte le lettrici.
MARIA MASELLA
Quando nasce una storia sento uno sfarfallio e, insieme, un colpo al cuore. E’ come quando inizia un amore: emozione, aspettativa e leggerezza.Ammetto di ricordare l’attimo “dell’innamoramento” per ognuno dei racconti e dei romanzi che ho scritto, romance contemporanei e storici, romanzi “divertenti” e noir, fantascienza e fantasy.
Non dimenticherò quando è nato Non soltanto una notte!
Firenze: “La vie en rose 2011” era finita ed eravamo al momento dei saluti, quando Marzio Biancolino ha proposto di realizzare una nuova antologia. Si stava parlando della storia di una famiglia fiorentina… E ho visto agire Bruno Morego che nel racconto dell’antologia precedente compariva soltanto alla conclusione.
Ognuna di noi ha scelto un’epoca; devo aver piantato per prima la mia bandierina, Firenze capitale 1865, tenendo le dita incrociate e con una gran paura che un’altra reclamasse quel periodo in cui volevo muovere il mio Bruno.
Perché certi personaggi, nati come secondari, restano talmente nel cuore che staccarsene è doloroso. Le mie compagne d’avventura parlavano di crociati, di conti, di pittori e mi rigiravo dentro il mio borghesissimo eroe repubblicano convinto di odiare una donna e di disprezzarla.
Quale donna? Cate di Monfalco, impulsiva ragazzina appassionata, poi per anni costretta all’autocontrollo… Di nobile famiglia e fiera del suo casato, forte quanto Bruno che è sicura di disprezzare e odiare.
Lui è proteso verso il futuro, lei è legata al passato.
E, scrivendo, Cate si è delineata e ha incarnato nella secolare vicenda dei Monfalco un tema particolare: la necessità di scegliere fra l’orgoglio e l’amore. Ognuno dei due protagonisti ha motivi d’orgoglio: per lei è l’appartenenza ad una nobile casata, per lui è la fedeltà, ad ogni costo, ai propri ideali.
Era una vicenda “giusta” per gli anni in cui si svolgeva, ne aveva l’aria.
Perché se scrivere una storia è emozionante come vivere un amore, è anche impegnativo come organizzare il delitto perfetto. Per prima cosa si deve scegliere dove accadrà! Tutto deve tornare nei minimi dettagli, si deve prevedere mosse e contromosse. Studiare tempi e luoghi.
Ricordavo di aver letto dei documenti relativi alla rete ferroviaria in Toscana, fra Granducato e Regno d’Italia: ho impiegato ore a ritrovare il nome originale della Stazione di Santa Maria Novella per una riga di racconto! E ricordavo che Le Monnier era un editore fiorentino all’epoca, perché avevo letto della causa con Manzoni, ma quanto tempo per controllare, anche qui per una riga! Non di più, perché non è un saggio!
Tutte sciocchezze, che la lettrice non nota, ma ti fanno star bene ed arricchiscono la storia.
Scrivere è vivere una storia d’amore, scrivere è organizzare il delitto perfetto, ma scrivere a quattordici mani è un corso di sopravvivenza molto particolare: o si arriva tutte sane e salve alla meta o si fallisce! Ognuna di noi doveva vivere la propria storia d’amore e organizzare il proprio delitto perfetto: spesso abbiamo rischiato di invadere il territorio altrui. Non avevo mai scritto neppure a quattro mani; come insegnante avevo esperienza di lavori di gruppo, ma questo era una novità.
Più volte abbiamo rischiato fratture decisive. Siamo però riuscite a sfruttare le nostre differenze e ad arrivare alla meta, scrivendo un unico romanzo articolato in sette racconti lunghi, tutti diversi ma tutti raccordati fra loro. Quante mail per i raccordi!
Che cosa ci ha sorretto nei momenti difficili? Scrivere è “qualcosa” che non riesci a spiegare a chi non la prova, ma ognuna di noi aveva di fronte persone che lo sapevano.
Scrivere richiede cuore, testa e nervi saldi: noi sette lo sappiamo tutte.
THERESA MELVILLE
Scrivere Guardami è stato particolarmente impegnativo. Ero così coinvolta dalla coppia di protagonisti, Federigo Malaspina e Gemma di Monfalco, che avrei voluto soffermarmi più a lungo sulla natura intima del loro rapporto, e sul ruolo dei personaggi coinvolti gioco forza nelle loro peripezie. Il legame tra i due giovani è complicato. E’ fondato su percezioni che, per quanto riguarda Federigo, sono e restano prive di un riscontro concreto. Mi rendo conto di essere criptica, e vi chiedo di scusarmi, ma preferisco che scopriate il significato di queste parole durante la lettura. Federigo “sente” Gemma come può. Ascolta il suo canto, ama la sua voce e la sua musica, ma in realtà non la conosce, non sa se può fidarsi. Si fida però del proprio intuito e in base a quello rischia. Per Gemma è diverso: l’attrazione per Federigo è potente e stuzzica tutti i cinque sensi. A coinvolgerla maggiormente è proprio quella peculiarità dell’uomo che lei mai potrà comprendere. Del resto accade anche nella vita: veniamo attratte dall’ignoto. In quest’attrazione sta il senso della mia scelta narrativa: per la prima volta ho descritto col solo ausilio della fantasia qualcosa di cui non ho e non avrò alcuna esperienza. È stata un’operazione affascinante. Quest’antologia si è rivelata qualcosa di unico per me, per due ragioni: l’azzardo della trama e la condivisione del lavoro. In merito a quest’ultimo aspetto, consiglio alle scrittrici esordienti di tentare un esperimento di scrittura collettiva; avrebbero modo di cimentarsi in una faticosa palestra di scrittura e di vita, e garantisco che gli sforzi sarebbero premiati da un’esperienza di cui fare tesoro. Ringrazio con affetto Maet e tutte le ragazze di Isn’t It Romantic per l’ospitalità e per il loro impegno. Alle lettrici mando un caro abbraccio.
PAOLA PICASSO
Care amiche, ormai ci conosciamo da tempoquindi è inutile che vi dica quando ho iniziato a scarabocchiare le mie prime parole su un foglio. Vi basti sapere che probabilmente ancora prima di nascere inventavo delle storie. Ciò che ricordo è che la sera a letto, ed ero piccolissima, guardando fuori dalla finestra vedevo un tetto con un grosso comignolo nero. Chissà perché quel comignolo mi affascinava e, a seconda dell’umore, fantasticavo che da lassù sarebbe apparsa una fata, o il famoso uomo nero. Che emozione e quanti brividi di paura! Erano i primi fremiti di quella fantasia che mi ha seguito fin qui e mi ha aiutato a superare tanti momenti difficili? A me piace crederlo. Da allora molta acqua è passata sotto i ponti ma la voglia d’inventare storie non mi è passata mai e quando ho cominciato a pubblicare dei racconti, la felicità era tale che non esigevo mai il pagamento. Per anni ho accettato di firmarmi con degli pseudonimi e se non fosse per quell’impennata d’orgoglio che determina la personalità di ogni individuo, sarei tentata di proporlo anche oggi a molti editori. Perché? Perché il nome straniero “tira”, fa vendere e quindi incassare anche a scatola chiusa, mentre quello italiano crea spesso dei sospetti. Non sto polemizzando, sto solo constatando, dopo una vita di lavoro, la realtà in cui ci troviamo. L’Italia è un paese piccolo, gl’italiani sono influenzabili ed esterofili, non ci si può fare niente. Ma io sono italiana, scrivo in italiano e non intendo cambiare bandiera. Oggi firmo con il mio nome, accetto le critiche, soprattutto quelle intelligenti a gioisco per le lodi. Sono sempre pronta a impugnare la penna se lo stimolo è allettante e quando Marzio Biancolino ha proposto a me e alle mie colleghe questa nuova antologia di racconti, mi sono entusiasmata e ho pensato subito alla Firenze dei Medici, quando la figura dominante del Magnifico era circondata da una fioritura di artisti quali non si è più vista. Ho chiesto quindi e ho ottenuto di ambientare la mia storia attorno al 1450.
I due protagonisti principali si sono inseriti nel racconto quasi per moto proprio. Lei, Costanza Monfalco, una madonna fiorentina dal destino crudele; lui Raniero Bonagiunti, prode paladino di Lorenzo de’ Medici durante la tragica congiura dei Pazzi. L’amore tra i due nasce improvviso e violento ma dovrà superare ostacoli quasi insormontabili per poter fiorire. Costanza infatti è stata condannata dal fratello a entrare in un convento di clausura e solo una forza invincibile come l’amore di Raniero, riuscirà a liberarla dopo vicende altamente drammatiche.
Devo dire che all’inizio non ho pensato alla sfida che avrebbe rappresentato raccordare le varie storie con altre sette fantastiche scrittrici, curare i dettagli, stare attenti alle date e ai nomi, ma le mille e-mails che ci siamo scambiate, le cancellazioni e i piccoli rifacimenti, tutto è valso la pena. Non solo la nostra amicizia si è cementata attraverso il confronto fatto di intese e di battibecchi, ma ha significato per tutte sentirsi insieme ad altre persone che condividono la stessa passione.
Scrivere è un lavoro solitario. Capita di rado di collaborare con delle colleghe, ma quando succede è davvero esaltante. Grazie dunque a Marzio Biancolino che ci ha offerto questa opportunità e grazie a tutte e ragazze di Isn’t It Romantic che ci permettono d’illustrare la nostra “fatica” sul loro bellissimo blog e a tutte le donne che vorranno leggerci.
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