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Da Roberta Ciuffi un Omaggio al Blog e a tutte le sue lettrici.
In occasione della riapertura di Isn’t It Romantic? oltre ai graditissimi auguri, Roberta Ciuffi nostra cara amica e autrice di numerosi romance tra cui il paranormale Un cuore nelle tenebre Leggereditore, ci ha gentilmente inviato un racconto inedito delizioso.
Il titolo è Una scelta difficile, e non si tratta di un romance. Ci è piaciuto moltissimo leggere delle avventure di Gillo, gattone tigrato, e dei sui compagni di vita.
Siamo sicure che lo troverete anche voi altrettanto divertente e adorabile.
Buona lettura a tutte, care amiche.
UNA SCELTA DIFFICILE
- Questo gatto è speciale,- disse l’uomo, portando alle labbra la tazzina del caffè. – Mi sta sempre intorno come se fosse un cane.
La donna lanciò un’occhiata di compatimento al marito, e quindi si girò a guardare il grosso tigrato marrone allungato sul pavimento della cucina. Nonostante il freddo all’esterno, il sole che penetrava dalla finestra era caldo e gli occhi verdi del gatto erano socchiusi in una sorta di estasi. Dava l’idea di essere il felino più soddisfatto del mondo.
–Tu sogni,- disse lei, con una punta di durezza nella voce. – Gillo non si stacca mai da me!
Ecco, ti pareva! L’uomo sollevò gli occhi al cielo. Quella doveva sempre averla vinta su tutto. Nemmeno le avesse conteso l’amore del figlio primogenito! E per fortuna che di figli non ne avevano e tutto il loro antagonismo si riversava su quel gatto. Pensare a lui gli fece venire voglia di toccarlo. Si sporse dalla sedia e gli strofinò la testa setosa con una carezza. Senza aprire gli occhi, Gillo allungò una zampa ed emise un flebile miagolio.
– Lo stai infastidendo,- disse la moglie. – Non è a suo agio con te.
- Ma va’! Ma se appena mi metto sul divano mi si piazza sullo stomaco e comincia a impastare!
La donna si alzò dalla tavola e prese a sparecchiare. Che coltivasse pure i suoi sogni. Lei sapeva qual era la verità. Gillo l’aveva scelta nell’istante in cui era entrato in casa, un cucciolo tigrato senza alcun pregio speciale, salvato dalla strada. Lei era la sua mamma e lui il suo piccolo, anche se ormai pesava quasi otto chili. Le andava sempre dietro quando faceva le pulizie, passo passo. Si accoccolava sulle sue ginocchia quando guardava la televisione, e sulla tastiera del computer quando scriveva. Tra poco sarebbe andata a letto per un riposino e già sapeva che dopo qualche minuto Gillo sarebbe apparso attraverso la porta socchiusa, per prendere posto nell’incavo delle sue gambe piegate. La sua presenza a volte discreta, a volte ingombrante, la confortava e la divertiva. Era il suo compagno fedele e adorante.
Il marito non intendeva abbandonare la competizione. - E ogni mattina, quando vado a lavorare,- insisté, con la sua voce sempre troppo alta, - lo trovo fermo davanti alla porta d’ingresso, come se mi volesse salutare!
Va bene, anche questa, ora!, pensò lei chiudendo di scatto lo sportello della lavastoviglie.– Ma se non si sposta un minuto dal letto, finché non mi alzo per dargli la colazione!
- Bè, non me lo sogno mica!
- Allora vorrà dire che vedi un gatto fantasma,- replicò la donna, sarcastica.
L’uomo si alzò, senza rispondere. Si chinò a dare un’ultima carezza a Gillo, vezzeggiandolo sottovoce, quindi si avviò verso il soggiorno.
– Vado a vedere un po’ di tivvù,- annunciò, anche se entrambi sapevano che andava a fare un pisolino sul divano.
La moglie avviò la lavastoviglie, poi anche lei lasciò la cucina.
Rimasto solo, il gatto si rotolò sul pavimento.
Ecco che ricominciavano a muoversi per la casa.
Perché non riuscivano a starsene immobili in un solo posto, come lui? E a scattare, d’improvviso svegli, solo quando un movimento, una vibrazione, un suono avrebbe interrotto il loro sonno? Infastidito, si leccò la spalla destra, il suo segno di disagio, poi balzò in piedi e trotterellando si diresse verso il corridoio.
Sapeva che la mamma-morbida era andata nel posto calmo, quello dove passava il tempo buio. Invece la mamma-rumorosa era andata nel posto dove c’era l’oggetto che luccicava e si muoveva stando fermo. Era il posto dove la mamma-rumorosa stava più spesso, soprattutto quando la luce cominciava a diminuire e pian piano veniva sostituita dal buio. Dapprima Gillo si era incuriosito del movimento nell’oggetto, ma visto che non andava da nessuna parte aveva perso interesse.
Procedette nel corridoio illuminato dal sole proveniente dalla cucina. La luce faceva scintillare il mantello marrone attraversato da lunghe strie quasi nere, creando attorno a lui l’illusione di un campo elettrico, come se ogni punta del pelo morbido emettesse una minuscola scarica azzurrina.
Le due porte si trovavano una di fronte all’altra, il posto calmo e quello dell’oggetto luccicante in falso movimento. Gillo si fermò, indeciso, stirandosi pigramente, appiattendo la testa sulle zampe, la coda ben sollevata e diritta; quindi si raddrizzò e riprese a camminare, piazzando con sicurezza i morbidi zampini sul pavimento lucido.
Il pelo, di solito ben appiattito dalle interminabili leccate della lingua rasposa, si stava gonfiando come per effetto di una furia improvvisa. L’alone azzurrino circondò il corpo robusto, che sembrò espandersi, quasi raddoppiare di volume, e poi scindersi in due diverse figure dall’identico mantello scuro. Gillo proseguì deciso per la sua meta, ostinato della cieca ostinazione dei gatti, zampetta dietro zampetta, verso il posto calmo; zampetta dietro zampetta, verso il posto dell’oggetto luccicante.
La donna sentì la porta muoversi e sorrise. Eccolo qua, pensò, mentre lui affondava il corpo pesante sul letto. Tese la mano e appiattì il pelo un po’ arruffato.
Semiaddormentato, l’uomo sentì il gatto atterrare sulle sue gambe. Sorrise, quando gli zampini morbidi iniziarono la danza sul suo ventre. Eccoti qui, briccone, pensò sonnolento, posandogli la mano sulla schiena elastica.
Il mantello marrone sfrigolò sotto la mano della donna. Le punte della pelliccia scintillavano ancora, azzurrine, quando l’uomo vi fece scorrere le dita. Gillo si adagiò, poggiando la testa di lato con una sorta di sospiro felice, e chiuse gli occhi. Una striatura più scura prolungava verso l’alto la linea arcuata della bocca, e nel sonno dava l’impressione di un sorriso.
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