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LE FUMERIE D’OPPIO
tra letteratura e realtà
L'uso dell'oppio ridotto in forma fumabile all’interno di luoghi definiti “fumerie” si diffuse dal XVII secolo in poi ed era presente in molte parti del mondo, in particolare in Cina, America del Nord, Francia e Inghilterra.
Solitamente questi locali erano gestiti da cinesi perché erano i primi importatori europei tuttavia furono proprio gli inglesi che sfruttarono le sue proprietà. Erano loro ad avere il monopolio delle più grandi piantagioni d'oppio dell'India, la cui produzione, data l’eccessiva quantità sommato al basso costo della manodopera, poteva essere commercializzata a prezzi estremamente concorrenziali. Per questo motivo, nei primi dell’800 presero piede sciroppi, cordiali e polveri di ogni tipo e dai nomi accattivanti come lo sciroppo della signora Winslow, oppure l'elisir all'oppio di McMunn. Confezioni appariscenti che venivano reclamizzate su giornali e riviste, venduti per posta o direttamente dai medici.
“Per i bambini che mettono i primi denti, ammorbidisce le gengive, riduce ogni infiammazione, diminuisce ogni dolore ad azione spasmodica e regola l’intestino; madri darà a tutte voi assistenza e salute ai vostri infanti.”
(Lo sciroppo della signora Winslow’s)
Tutto ciò determinò quindi un rapido ed esteso consumo dell'oppio e dei suoi derivati, che si espandeva dalla classe operaia ai ceti sociali privilegiati. Nella letteratura il riferimento all'oppio costituiva una sorta di pretesto narrativo, una chiave simbolica, per l'analisi e la descrizione delle lotte umane contro le tristezze e le sofferenze, ma anche un elemento fondamentale nello sviluppo del racconto di intrighi e illecite macchinazioni. Nella Londra vittoriana vi erano talmente tante fumerie che persino la stampa, insieme ai più popolari autori britannici del tempo, avevano iniziato a descrivere i quartieri della città in chiave romanzesca. I comuni articoli sembravano quindi tante novelle intrise di pericolo, dissolutezza e mistero. Lo scopo non era più fornire notizie ma sbalordire il lettore.
“Ci sono fumerie d'oppio, dove si può comperare l'oblio, covi di orrore dove il ricordo di vecchi peccati può essere distrutto dalla follia di quelli nuovi."
Tratto da Il ritratto di Dorian Gray di Oscar Wilde
E’ così che Lord Henry parlava a Dorian Gray. Wilde, come altri scrittori, sostiene l’idea di come un uomo possa trovare emozionante l’avventura nella banale quotidianità viaggiando in incognito attraverso luoghi dissoluti come appunto le fumerie. Un altro romanzo in cui sono descritte scene analoghe è Sherlock Holmes di Sir Arthur Conan Doyle.
“Sherlock Holmes prende il suo flacone dall'angolo della mensola del camino e la sua siringa ipodermica da un astuccio di pelle. Con le sue lunghe dita pallide e nervose arrotolò la manica sinistra della camicia. Per un po’ si osservò l'avambraccio muscoloso e il polso, costellati da innumerevoli segni di punture. Infine spinse l’ago sottile nell’unico punto libero e premette il pistone. Dopo poco, con un lungo sospiro di soddisfazione, si lasciò scivolare sulla poltrona rivestita di velluto.”
Tratto da Sherlock Holmes di Arthur Conan Doyle
Le fumerie del tempo venivano appunto descritte come “tane esotiche” dove un uomo perseguiva la soddisfazione illecita di mischiarsi ad altre razze e diversi ceti sociali. La maggior parte di esse era dotata di un’attrezzatura necessaria per fumare l’oppio che consisteva in una serie di tubi di metallo in cui era innescato un fornello sferico di terracotta completamente cavo e con un piccolo foro sulla faccia superiore. L’oppio si fuma da sdraiati e accanto al “tubo” si poneva una lampada a olio che scaldava la sostanza fino a farla diventare vapore, consentendo al fumatore di inalarla.
“A un primo colpo d’occhio non riuscì a rendersi conto di quanti fossero i corpi che giacevano sdraiati sulle piccole stuoie… chiunque si potesse permettere di pagare qualche boccata d’oppio aveva libero accesso alla fumeria e ai suoi piaceri.”
Tratto da Di tenebra e d’amore di Sylvia Z. Summers
In realtà, come cita anche Sylvia Z. Summers nel suo romanzo, le fumerie non erano altro che luoghi fatiscenti e sporchi dove ammassi di corpi umani giacevano nelle pose più assurde perché l’abuso di questa sostanza sfociava in selvagge fantasie erotiche. Non a caso il sesso era l’attrattiva principale. Di conseguenza al persistente odore dell’oppio si aggiungevano puzze di ogni tipo che si miscelavano fino a creare un mix velenoso dove era facile trovare la morte.
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