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ARTE E ROMANCE
APOLLO E DAFNE di G.L. BERNINI..... QUANDO L'UOMO E' CACCIATORE.
Nella mia Top Ten degli artisti preferiti un posto speciale è sicuramente occupato dal geniale Gian Lorenzo Bernini (1598-1680). Dotatissimo in tutte le espressioni dell'arte (quello a sinistra è uno dei suoi autoritratti) si distinse soprattutto come uno dei massimi rappresentanti dell'architettura e della scultura barocca. Leggende narrano che i suoi primi capolavori videro la luce quando aveva si e no dieci anni e faceva apprendistato nella bottega del padre. Non sappiamo se questo sia del tutto vero, quello che è certo è che a ventiquattro scolpì una serie di gruppi marmorei per il suo mecenate, il Cardinale Scipione Borghese, toccando una delle massime espressioni della scultura. Fra questi uno dei miei preferiti è quello che narra il tragico mito di Apollo e Dafne come lo raccontano le Metamorfosi di Ovidio...
Il bell'Apollo un giorno ebbe l'ardire di vantarsi con Eros di sapere usare arco e frecce meglio di lui. Ora si sa che gli dei erano piuttosto permalosetti e infatti il dio dell'Amore, offesissimo per l'affronto, decise di impartire allo zio una crudele lezione: lo colpì con una delle sue frecce rendendolo folle d'amore per una bella ninfa che malauguratamente passava da quelle parti. Per essere sicuro che la cosa finisse male Eros ferì la ragazza con i suoi dardi di piombo che, contrariamente ai primi, donavano odio imperituro. Apollo iniziò così ad inseguire la giovane che, terrorizzata, fuggendo chiese aiuto al padre Peneo, dio dei fiumi, il quale, a sua volta, per sottrarla alle mire lussuriose del dio, la trasformò in un albero di lauro: da quel giorno pianta sacra di Apollo e simbolo eterno di quell'amore così triste.
Bernini, uomo sanguigno e di grandi passioni, dà il meglio di sé proprio nelle rappresentazioni delle pulsioni umane più forti e sofferte, quelle che scorrono sotto la pelle e ci fanno tremare il corpo (basta guardare il particolare qui a destra tratto da un altra opera di quegli anni "Il Ratto di Proserpina" con le mani del dio Plutone che affondano nella carne come fosse viva) . Seguendo i dettami della spettacolarizzazione dell'arte, come voleva lo stile barocco, con L'Apollo e Dafne, Bernini realizzò una scultura che non solo sembra prendere vita davanti a noi ma che cambia e si trasforma a seconda a seconda del punto di vista da cui la osserviamo in un gioco di mirate e sapienti prospettive. Se ci mettiamo di fronte al lato destro del gruppo marmoreo osserviamo "l'inseguimento" (figura 1): il dio corre dietro a Dafne cercando di afferrarla, il corpo proteso in avanti, leggero e veloce, nel tentativo di raggiungere la sua preda senza apparentemente riuscire a prenderla. La trasformazione della ragazza da questo punto è appena percepibile, gli arti ancora liberi e umani. Se lo spettatore però si sposta di fronte alla scultura assiste alla "cattura"(figura 2): la mano di Apollo sul fianco della donna è ora ben visibile, l'ha afferrata e lei, le labbra aperte nella sua tragica invocazione di aiuto, comincia la sua trasformazione. Per ultimo infine, il tragico epilogo: osservando il fianco sinistro dell'opera assistiamo alla "metamorfosi" (figura 3) con Dafne a malapena riconoscibile attraverso l'intrico di rami e foglie, il corpo ormai imprigionato nella rigida corteccia. Un'opera "in movimento", maestosa e bellissima, dove il marmo diventa materia leggera e impalbabile: quasi ci aspettiamo di veder svolazzare il mantello di Apollo o di udire il frusciare delle foglie fra le dita di Dafne. L'opera (come il Ratto di Proserpina sopra citato) è oggi conservata nella magnifica cornice della Galleria Borghese a Roma, e auguro a tutti di poterla vedere almeno una volta dal vivo per apprezzarne la vita e la tensione che sembra scorrere in essa e che non mancherà di emozionarvi davvero.
(Figura 1: L'Inseguimento)
(Figura 2: La cattura)
(Figura 3: La metamorfosi)
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