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RECENSIONE: LE SPINE DEL DESIDERIO ( One perfect rose ), di Mary Jo Putney
Anno: 1997
Edizione originale: Ivy Books
Pubblicato in Italia da: Arnoldo Mondadori, serie I ROMANZI, n. 772, luglio 2007.
Formato: paperback
Livello di sensualità: warm (caldo)
Genere: regency
Ambientazione: Inghilterra, 1794 - 1818
Voto: 9/10
Collegamento con altri romanzi: Il romanzo è collegato alla serie FALLEN ANGELS ( Stephen Kenyon è il fratello di Michael Kenyon ), ma può essere letto in maniera indipendente.Eccovi la sequenza della saga:
1 - Tuono di passione / Thunder and Roses - protagonista: Nicholas
2 - Foglie nel vento / Petals in the Storm ( riscrittura del precedente romanzo The Controversial Countess) - protagonista: Rafe
3 - Lord Lucifero / Dancing on the Wind - protagonista: Lucien
4 - Il compagno di viaggio / Angel Rogue ( riscrittura del precedente romanzo The Rogue and the Runaway) - protagonista: Robin - SPIN-OFF
5 - Un marito provvisorio / Shattered Rainbows - protagonista: Michael
6 - I colori dell´amore / River of Fire - protagonista: Kenneth - SPIN-OFF
7 - Le spine del desiderio / One Perfect Rose - protagonista: Stephen - SPIN-OFF
Stephen Kenyon, duca di Ashburton, riceve una terribile notizia dal suo medico: gli restano solo pochi mesi di vita.
Dopo aver dedicato una vita al dovere, sia come duca che come uomo, Stephen si ritrova così a fare un bilancio della propria vita, che non risulta per nulla confortante: si rende conto infatti di aver sacrificato la propria vita sull’altare del dovere e delle convenienze, senza trovare tempo per sé stesso e soprattuto senza aver trovato amore e felicità.
Un moto di ribellione si impadronisce a questo punto di Stephen, che decide senza avvisare nessuno di partire girovagando per l’Inghilterra senza una meta precisa. Durante il viaggio si unisce a una famiglia di attori girovaghi, i Fitzgerald, e facendosi chiamare “signor Ashe” entra pian piano a far parte del loro mondo. Recita, si diverte, viene considerato finalmente come persona e non solo come duca… e inevitabilmente nasce una forte attrazione tra lui e Rosalind, la figlia maggiore dei Fitzgerald. Che inevitabilmente si trasforma in amore, a tal punto che i due decidono di sposarsi nonostante lui abbia rivelato alla promessa sposa di avere pochi mesi di vita. Non le ha rivelato però la sua vera identità…
Inizio la recensione dicendo che ho trovato questo romanzo davvero molto bello. E addirittura penso che potrebbe piacere anche alle persone che non amano, o non conoscono, il romance, visto che tratta argomenti molto importanti e universali, primo fra tutti il senso della vita, la ricerca della felicità, il commiato da questa terra e dalle persone amate in vista della prossima dipartita. Insomma tanti temi importanti condensati in un unico libro, in cui una grande importanza ha il teatro ( in prevalenza Shakespeare ): luogo fittizio per eccellenza, che vive rappresentando personaggi finti, è paradossalmente l’unico in cui il nostro protagonista, Stephen, riesce per la prima volta a gettare tutte le maschere che è stato costretto ad indossare nel corso della sua vita.
Stephen è un duca, come tale fin dalla nascita è stato educato in vista della responsabilità che gli sarebbe un giorno toccata: un padre rigido e anafettivo, una madre indifferente e libertina non gli hanno dato l’affetto necessario, anzi hanno contribuito ad allontanarlo anche dalla sorella maggiore Claudia e dal fratello minore Michael ( anche loro hanno sofferto di questa educazione:la prima è diventata rigida per tentare di ricevere affetto dal padre, il secondo è stato maltrattato e allontanato di proposito dal genitore in quanto non soddisfava le sue aspettative ).
In cima alla lista delle priorità che il padre gli ha tramandato c’erano prima di tutto le buone maniere, il decoro, il dovere: nessuna parola su amore, affetto o felicità. E, pur non condividendo tutto ciò, Stephen si è sempre impegnato ad essere una persona corretta e irreprensibile, sia come duca, sia in famiglia. Ha sempre rispettato e considerato la moglie Louisa, impostagli dal padre e morta un anno prima, anche se in lei non ha trovato amore o felicità, ma solo un lieve affetto e gentilezza.
Ma la notizia improvvisa della sua malattia è come un uragano che spazza via tutto: dovere, decoro… Stephen prende consapevolezza, una volta per tutte, che queste sono solo parole prive di senso. E finalmente prende in mano per la prima volta le redini della propria esistenza, decidendo di scomparire e provare a vivere in modo anonimo per un periodo.
Questo personaggio mi è piaciuto molto, in quanto l’autrice lo rende umano caratterizzandone sia i pregi ( la profonda umanità, il cercare di essere sempre corretto con gli altri ) che i difetti ( sparire senza dire nulla a nessuno non è il massimo ), ma soprattutto mettendo in luce la profonda angoscia, la sofferenza, l’inquietudine che lo attanagliano. Accorgersi di avere ormai poco tempo a disposizione dopo una vita a suo modo di sacrifici infruttuosi non è certo il massimo, e la reazione di Stephen è comprensibile, come lo è il suo desiderio di essere considerato per la persona che è, e non per il suo nome o titolo.
I personaggi che mi hanno conquistato più di tutti in questo romanzo sono però i componenti della compagnia teatrale, la famiglia Fitzgerald, dotati di una umanità e di un calore speciale, che traspare davvero dalle pagine del romanzo. I Fitzgerald sono poveri eppure non ci pensano un minuto ad accogliere Stephen tra loro come se fosse uno di famiglia, a dargli, senza saperlo, la possibilità di vivere come desiderava e donandogli serenità e gioia nel momento più buio, e semplicemente trattandolo per l’uomo che è. Rappresentano praticamente l’antitesi della fredda, e se vogliamo distruttiva, famiglia Kenyon. Maria e Thomas Fitzgerald da giovani trovarono la piccola orfana Rosalind che vagabondava mangiando cibo preso dalla spazzatura e senza troppo pensarci l’accolsero e l’allevarono come una loro figliola naturale, senza differenza alcuna coi figli che avrebbero avuto dopo, nati da loro. Ne sono stati ampiamente ricompensati, visto che Rosalind è una giovane donna forte, pratica, dolce, affezionata alla famiglia, anche se spesso tormentata da incubi e paure che vengono dal suo oscuro passato( e che verranno svelati poco a poco in maniera molto emozionante). Non è certo difficile per Stephen innamorarsi di lei, ricambiato. Anche quando Rosalind verrà messa di fronte a prove difficili ( la rivelazione della malattia dell’amato, la scoperta della sua vera identità, l’ostilità iniziale della famiglia nei suoi confronti ), darà prova del suo valore, della sua solidità, della sua capacità di amare in maniera incondizionata.
Se proprio vogliamo trovare un difetto al romanzo, questo può essere il modo in cui Rosalind ritrova la sua vera famiglia, a mio avviso poco credibile; ma il tutto viene surclassato abilmente anche grazie alla parentesi “soprannaturale” che ne segue ( il racconto della nonna di Rosalind a Stephen di una sua esperienza di vita dopo la morte ). Esperienza che anche il nostro eroe avrà modo di provare, e che non è per niente banalizzata.
I personaggi secondari non sono da meno dei protagonisti, personaggi profondamente caratterizzati a livello umano: non esistono i buoni o i cattivi tagliati con l’accetta, ma solo persone che sono diventate in un certo modo per reazione a una sofferenza o ad altre esperienze della vita. In particolare mi ha colpito il personaggio di Claudia, sorella maggiore di Stephen, una donna rigida e inflessibile diventata così nel tentativo di cercare l’affetto di un padre che la ignorava in quanto femmina, e il medico Blackmer, responsabile di tutto il quarantotto che succede ( non anticipo nulla… ).
Insomma, un romanzo che consiglio vivamente se si cerca qualcosa che vada al di là della semplice storia d’amore cui siamo abituate.
Tiziana
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