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FILM TRATTI DA ROMANZI D'AMORE
SE SOLO FOSSE VERO ( Just like heaven ), 2006
Regia di Mark Waters, con Reese Whiterspoon ( Elizabeth Masterson ), Mark Ruffalo ( David Abbott ), Donal Logue ( Jack Houriskey ), Dina Waters ( Abby Brody ), Ben Shekman ( Brett Rushton ).
L’architetto vedovo David prende in affitto un bell’appartamento a San Francisco; potrebbe essere tutto ok, se non fosse per la giovane donna che comincia a materializzarsi in qualsiasi momento del giorno e della notte, cercando di farlo sloggiare dicendo che quella è casa sua! E in effetti, passato lo stupore iniziale, i due scoprono come stanno le cose. La giovane donna sia chiama Elizabeth ed è ricoverata da tre mesi in coma dopo un incidente stradale...
Tratto dall’omonimo romanzo di Marc Levy, il film è un esempio di commedia rosa degli ultimi anni, ma devo dire che nonostante questo genere mi piaccia, e nonostante mi piaccia moltissimo l’attrice Reese Whiterspoon , il film non mi è piaciuto molto.
E’ vero che generalmente non amo le storie d’amore soprannaturali, ma oltre a trovare questa davvero troppo strampalata non ho notato alcuna alchimia tra i due protagonisti, è come se ognuno vivesse di luce propria per tutto il film, senza mai sentirli realmente “coppia”. Del resto in confronto alla sempre spumeggiante Reese il protagonista è un‘ameba ( non me ne vogliano le sue ammiratrici)…inoltre a tratti la storia si fa davvero troppo frenetica, si perde così il gusto di seguirla… insomma un’occasione sprecata.
LA BISBETICA DOMATA ( The taming of the shrew), 1967
Regia di Franco Zeffirelli, con Elizabeth Taylor ( Caterina), Richard Burton ( Petruccio), Michael hordern ( Battista), Michael York ( Lucenzio), Victor Spinetti ( Ortensio),
Nella Padova del ‘500 il giovane Lucenzio è innamorato di Bianca, la dolce secondogenita di un ricco mercante, e vorrebbe sposarla, ma purtroppo il padre ha messo una ferrea regola riguardo ad un probabile matrimonio della figlia: e questa regola dice che bianca potrà sposarsi solo quando si sarà sposata anche la sorella maggiore Caterina. Cosa alquanto improbabile, visto che Caterina è nota soprattutto per il carattere bisbetico e antipatico, che ha da tempo allontanato ogni possibile corteggiatore.
Che fare? Per fortuna, da Verona arriva Pietro, uno stravagante amico di Lucenzio in cerca di moglie, che pur essendo stato informato del caratteraccio della giovane donna decide ugualmente di prenderla in moglie…
Tratto dall’omonima commedia ( 1594) di William Shakespeare, il film è il primo di uan trilogia che nel corso della sua carriera dedicherà al drammaturgo inglese ( gli altri due sono ROMEO E GIULIETTA e AMLETO). Devo dire che secondo me questo è il meno bello, nonostante stilisticamente parlando sia impeccabile. Il punto debole maggiore è proprio la recitazione dei due protagonisti, ovvero la coppia d’oro dell’epoca Richard Burton e Liz Taylor, che da il meglio ( o peggio a seconda dei punti di vista) della propria recitazione sopra le righe, probabilmente mettendoci anche buona parte degli eccessi che li contraddistinsero nella vita privata. E sebbene Pietro e Caterina anche sulla carta siano dei personaggi dinamici ed esuberanti, così esagerano! Lei soprattutto è molto poco credibile…a parte questo, la confezione del film è impeccabile, come ci si aspetta dai film di questo regista, e la sceneggiatura ( di Suso Cecchi D’amico e ) è ottima, quindi il film è tutto sommato godibile; certo però lo humor e il messaggio della commedia rimangono in superficie.
Nel 1967 il film ebbe due meritate nomination all’Oscar ( migliori costumi e scenografia), e i due protagonisti Burton e Taylor furono premiati come migliori attori col David di Donatello di quell’anno.
IL POSTINO, 1994
Regia di Michael Radford, con Massimo Troisi ( Mario), Maria Grazia Cucinotta ( Beatrice), Philippe Noiret ( Pablo Neruda), Anna Bonaiuto ( Matilde), Renato Scarpa ( Giorgio).
Il poeta Pablo Neruda, esiliato dal Cile, arriva per un periodo di tempo in un paesino del sud Italia. Le autorità nominano un postino, Mario, che avrà l’incarico di recapitare al poeta tutte le numerose lettere che riceverà dai suoi ammiratori sparsi per il mondo. Col tempo fra il postino, uomo semplice ma con una grande sensibilità nei confronti della vita e della letteratura, e il famoso poeta nasce una profonda amicizia, tanto che il poeta decide di aiutare Mario a conquistare Beatrice, la ragazza di cui è innamorato…
Tratto dal romanzo IL POSTINO DI NERUDA ( 1985) di Antonio Skarmeta, è diventato in poco tempo, e meritatamente,uno dei film italiani più famosi all’estero, tanto da ricevere nel 1995 ben cinque nomination all’Oscar, fra cui le più importanti: miglior film e miglior attore protagonista a Massimo Troisi, unico caso di nomination postuma ( l’attore è morto nel giugno 1994, poco dopo la fine delle riprese)nella storia del cinema dopo James Dean.
Un meritato riconoscimento internazionale alla carriera di questo grande attore italiano scomparso troppo presto, interprete di grande sensibilità e ironia, che sublima in questo suo ultimo lavoro queste due qualità, rendendo il postino Mario un personaggio indimenticabile con i suoi sguardi, i suoi silenzi, la sua timidezza ma anche la sua grande umanità.
Accanto a lui uno straordinario Phillippe Noiret che veste in modo credibile in panni di un Immaginario Neruda, che nonostante la tragedia dell’esilio non perde la sua forza, la sua vitalità, la voglia di conoscere persone che lo avvicina sempre di più al postino.Il film diede la fama alla terza protagonista, Maria Grazia Cucinotta, che però a me non sembra così incisiva , a parte la bella presenza…in realtà ho considerato molto più protagonista la terra Siciliana con la sua bellezza mite e selvaggia allo stesso tempo.
Come ho già detto, il film ebbe cinque nomination agli Oscar, vincendone solo uno per la migliore colonna sonora, la bellissima musica di Luis Bacalov…troppo poco per un film davvero prezioso, ma è già tanto del resto che gli americani lo abbiano degnato di uno sguardo, ammettendolo pure agli Oscar!
L’ALTRA DONNA DEL RE ( The other Boleyn girl), 2008
Regia di Justin Chadwick, con Natalie Portman ( Anne Boleyn ), Scarlett Johansson ( Mary Boleyn ), Eric Bana ( Enrico VIII ), Kristin Scott Thomas ( Lady Elizabeth Boleyn ), David Morrysey ( Duca di Norfolk ), Jim Sturgess ( George Boleyn ).
Nell’Inghilterra del XVI secolo Enrico VIII è ossessionato dal fatto di volere a tutti i costi un erede maschio, che la regina Caterina d’Aragona non riesce a dargli. Sir Thomas Boleyn e il cognato duca di Norfolk decidono di approfittare della situazione per attuare i loro piani per dare lustro e prestigio alla famiglia, facendo in modo che durante un soggiorno preso di loro il re si invaghisca di una delle due figlie di Thomas, Anne Boleyn. Ma il re invece posa gli occhi e la sua attenzione sulla sorella minore Mary, e benché essa sia gia sposata e non abbia ambizioni, la costringe a far parte della sua corte come damigella della regina insieme alla sorella, facendone in seguito la propria amante.
Ma dietro le quinte l’intrigante Anne muove le fila di un piano che diventerà sempre più grosso…
Tratto dall’omonimo romanzo di Philippa Gregory, il film non va confuso con un film storico, nonostante i fatti narrati siano realmente accaduti, così come pure i personaggi realmente esistiti. Il regista infatti punta più sul fattore sentimentale, tralasciando quasi completamente cause politiche, economiche e sociali e soprattutto sorvolando sulle conseguenze che lo scisma d’Inghilterra nella storia.
Scarlett Jonhasson e Natalie Portman si contendono la scena in un duello tra primedonne che alla fine le incorona vincitrici alla pari, in quanto risultano complementari l’una all’altra sia fisicamente che caratterialmente: la prima bionda, dal fisico morbido che suggerisce dolcezza in ogni suo fare, rispecchiando così il carattere dolce e a tratti remissivo di Mary ( dotata però come vedremo, di maggior forza caratteriale rispetto alla sorella); la seconda bruna, maliziosa, con una fisicità un poco nervosa e scattante, che supporta la personalità ribelle, decisa e a tratti isterica del personaggio ( in realtà a quanto pare anche questo non molto aderente alla realtà storica ). Le due attrici con le rispettive prove si mangiano quello che avrebbe dovuto essere lo sciupafemmine che decide delle loro vite, cioè il qui inesistente Enrico VIII di Eric Bana, attore non certo somigliante al corpulento sovrano dei ritratti che ci sono stati tramandati.Qui il re fa davvero una pessima figura, è praticamente un burattino manovrabile da chiunque gli stia attorno, incapace di seguire davvero quello che gli dice il cervello quando deve decidere qualcosa!Praticamente inutile, se non fosse stato necessario inserirlo perché protagonista della storia.Interpretazione pessima! Ho preferito di molto il personaggio, anch’esso debole ma molto più sofferto e incisivo, di George, il fratello di Mary e Anne, anche lui vittima di un padre troppo ambizioso. E l’interpretazione misurata ma incisiva di Kristin Scott Thomas nel ruolo della madre dei tre fratelli, una donna che assiste impotente alla rovina della propria famiglie e dei propri figli.
Tutto sommato un film gradevole, di cui nel 2003 era già stato fatto uno sceneggiato per la BBC, con Natasha McElhone
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EUGENIE GRANDET, 1946
Regia di Mario Soldati, con Alida Valli ( Eugenie Grandet ), Giorgio de Lullo ( Charles Grandet ), Gualtiero Tumiati ( Felix Grandet ), Pina Gallini ( Nanon ).
Nel paesino francese di Saumur vive Eugenie Grandet, figlia di un ex bottaio ricco e avarissimo ( figuriamoci che addirittura non permette di accendere candele in casa per non consumarle), che tiranneggia con la sua ossessione per il denaro la moglie e la figlia, rendendo loro la vita impossibile: Eugenie vie praticamente da reclusa, adattandosi a quella vita per non contrariare il padre, e trovando conforto solo nella compagnia della madre e della serva Nanon. Ma un giorno anche in quella triste casa arriva quello che per la dolce Eugenie è un raggio di sole: il cugino Charles, figlio di un fratello di Monsieur Grandet che si è suicidato, e che in una lettera affida al fratello il suo unico figlio. L’avarissimo Grandet si da subito da fare per spedire il nipote in India al seguito di una compagnia mercantile, in modo che non gravi troppo sul bilancio familiare; nel frattempo, tra il giovane solo in una famiglia ostile e la dolce e sottomessa cugina nasce un sentimento d’amore…
Tratto dall’omonimo romanzo ( 1833 ) di Honorè de Balzac, il film di Mario Soldati, pur non essendo certo un appartenente all’allora nascente genere neorealista, manifesta ugualmente la cupezza e il pessimismo proprio di questi film, unito allo stile elegante e decorativo tipico di questo regista . Del resto la storia non consente, almeno secondo me, altro tipo di intepretazione, essendo davvero triste, e il regista ne offre un’interpretazione fedele al romanzo, anche nella caratterizzazione dei personaggi principali: Alida Valli interpreta Eugenie con impeccabile maestria, ma la palma per la miglior interpretazione va all’interprete dell’avarissimo padre, che nelle circostanza più difficili assume addirittura tratti diabolici ( e vista la crudeltà del personaggio e la sua ossessione per il denaro non poteva essere altrimenti).
Nel 1946 Alida Valli per la sua interpretazione in questo film vinse un David di Donatello come miglior attrice.
Tiziana
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