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IN THE SPOTLIGHT  -  SOTTO I RIFLETTORI

ELISABETTA BRICCA - autrice esordiente italiana

 

L'AUTRICE

Elisabetta Bricca, nata a Roma nel 1972, laureata in Sociologia comunicazione e mass media, copywriter e insegnante di scrittura creativa, vive in un’antica azienda agricola nella verde Umbria con il marito Antonio, Viola e Flaminia le loro due bimbe e i cani Owen e Bibbo (greyhound irlandese e cane carlino).

Non perde mai l’occasione per viaggiare alla ricerca di preziosi spunti per i propri romanzi, adora la storia, l’astrologia, lo yoga, l’equitazione (è una provetta amazzone e possiede una bellissima cavalla da salto) e i fiori.

Sangue Ribelle è il suo primo romanzo pubblicato con la Harlequin Mondadori. Attualmente, Elisabetta trascorre le notti scrivendo il suo nuovo romanzo, una storia di passione e di vendetta ambientata nell’Italia del Rinascimento.

Il suo blog è :
www.elisbetta-themagicbeyondhistory.blogspot.com

 


IL LIBRO

SANGUE RIBELLE
Grandi Romanzi Storici - Harlequin Mondadori - Gennaio 2009


Irlanda-Francia 1677

In seguito al suicidio del padre e alla lettura del testamento, Satine de Roumier baronessa di Baume si trova a dover affrontare un destino assai avverso: in miseria e senza più alcuna eredità è stata promessa in sposa, secondo le ultime volontà del barone, a Shane O’Neill un corsaro irlandese dalla pessima fama.
Le nozze avvengono per procura, ma proprio la sera, dopo i festeggiamenti, le spire del destino si chiudono su di lei e Satine si ritrova prigioniera a bordo di un galeone per essere venduta, per ordine del Re Sole, come bambola vivente al Sultano di Algeri.
Ed è a bordo che Satine incontra Shane, il bellissimo, audace e fiero capitano della nave corsara, in realtà un capoclan e ribelle irlandese, di cui s’innamora ricambiata, senza che entrambi sappiano di essere già marito e moglie.
Tra colpi di scena, avventure, passioni e duelli, sullo sfondo di un’Irlanda epica e di una Francia al massimo del suo splendore, riusciranno Shane e Satine a superare le barriere che li dividono e a vivere finalmente felici e liberi il loro amore?

 

ANTICIPAZIONI

Attualmente, Elisabetta sta terminando il suo nuovo romanzo ambientato nel 1437 in Italia.
Il protagonista, Cesare Mocenigo, discendente di uno dei casati più gloriosi della Repubblica di Venezia, è un capitano di ventura, con un passato di sangue e dolore, che ha consacrato la sua vita alla vendetta. La protagonista, Viola Ripamonti Sforza, è una nobildonna combattiva, giovane, idealista e indomita, innamorata sin da bambina di Cesare (che le salva la vita) che saprà lottare con coraggio per conquistare l'amore dell'uomo che l'ha resa donna, anche quando tutto sembra essere ormai irrimediabilmente perduto.
 

ESTRATTO

da SANGUE RIBELLE

Contea di Tyrone, Irlanda del Nord
Settembre 1667

Le nubi solcavano rapide il cielo, e la pioggia battente sferzava il suolo irlandese.
Un uomo dalle vesti logore avanzava con passo stanco tra la moltitudine di corpi straziati che ricoprivano il campo di battaglia di Tìr Chonaill. Un acre puzzo di carne bruciata mista a sangue gli invase con violenza le narici dandogli il voltastomaco, mentre una fitta lancinante gli trapassava il cuore, così violenta da lasciarlo senza fiato.
Cadde in ginocchio nel fango e sul suo viso il pianto si mescolò alla pioggia, lavando via il sangue rappreso ma non il dolore. Erano lacrime di rabbia, di furore, di umiliazione.
Disperato, lasciò che i suoi occhi vagassero sulla brughiera spazzata dall'acqua e dal vento alla ricerca di un qualunque segno di vita, ma tutto ciò che riuscì a scorgere fu il nulla lasciato dalla morte e dalla desolazione.
Arroccato sul colle, il castello di Tìr Chonaill era in fiamme. Avvolto da alte lingue di fuoco, sembrava una maestosa fenice... una fenice che però non sarebbe mai più risorta.
L'uomo serrò la mascella e un grido disperato e roco gli scaturì dal petto, squarciando il silenzio. «Maledetti inglesi! Maledetti!» Affondò le mani nel terreno bagnato e sollevò lo sguardo verso il castello, la sua casa. No, non si sarebbe arreso, pensò. Era la sua terra, quella, e nessuno poteva portargliela via.
«Finalmente vi vedo in ginocchio, O'Neill» lo apostrofò con vibrante disprezzo una voce dal marcato accento inglese.
L'Irlandese sollevò appena la testa, e oltre la spessa cortina di pioggia che gli offuscava la vista scorse una macchia scarlatta stagliarsi contro il cielo plumbeo: la divisa del capitano dei Dragoni inglesi, Lord Basil Brooke.
L'ufficiale montava un irrequieto purosangue nero che dominava con arrogante disinvoltura. I suoi occhi color acquamarina erano incupiti da un odio che aveva radici profonde. «Vedo con piacere che siete diventato docile come un agnellino.»
Il capo del clan O'Neill abbassò di nuovo lo sguardo vigile, cercando disperatamente una via di fuga. Sapeva di dover reagire, e di doverlo fare in fretta... in quel preciso istante.
A un cenno del capitano, alcuni soldati si fecero avanti. Con uno scatto fulmineo, O'Neill impugnò una delle due pistole che portava infilate nella cintura e ne colpì uno, poi rotolò a terra ed esplose un secondo colpo, ferendo anche l'altro. «Vieni a prendermi, bastardo» gridò a Brooke correndo verso uno dei cavalli, e con un agile colpo di reni balzò in sella e partì al galoppo.
Il capitano si lanciò all'inseguimento, lo affiancò, tese il braccio e prese la mira. Il proiettile colpì l'Irlandese a una gamba, sbalzandolo di sella e facendolo cadere a terra.
Brooke fermò il proprio destriero e smontò; sguainata la spada, raggiunse l'uomo e gli puntò l'arma alla gola, mentre il suo piede premeva con brutalità sulla ferita dell'avversario.
O'Neill trasalì, ma non emise alcun gemito.
«Hai paura, vero? Ma tra poco sarà tutto finito» lo schernì l'Inglese, la voce tagliente come un diamante sul vetro. Sentiva di avere la vittoria in pugno, e già ne pregustava il sapore.
Fu in quel preciso istante che un roboante grido di guerra echeggiò nella brughiera, mentre un cavaliere con il simbolo di un'arpa celtica ricamato sul mantello piombava su di loro con la spada sguainata.
Il nuovo arrivato si avventò su Lord Brooke, calando un potente fendente che ferì l'ufficiale inglese a un braccio. Pur barcollando per il colpo subito, il capitano si scagliò con ferocia su O'Neill per finirlo, ma l'Irlandese girò su se stesso e riuscì a evitarlo. Poi, con un movimento tanto rapido da risultare quasi impercettibile, sfilò un pugnale che teneva celato nello stivale e colpì l'avversario in pieno viso.
Il Dragone imprecò e con un estremo, brutale colpo di spada ferì a sua volta O'Neill al torace. Le gambe dell'Irlandese cedettero, ma un istante prima che rovinasse a terra le possenti braccia del cavaliere che era giunto in suo aiuto lo issarono sul proprio cavallo, sottraendolo alle grinfie del nemico.
«Resisti Shane! Devi vivere, vivere, vivere!»
Le parole di Ruari O'Hara penetrarono come schegge impazzite nel torpore che iniziava a offuscargli la mente, e mentre l'amico lo portava in salvo, l'ultima immagine che Shane vide prima di perdere conoscenza fu quella del sangue che macchiava la terra, il sangue della sua gente.
Tiocfaidh àr là, il nostro tempo verrà.
Le parole di Camlach O'Neill, suo padre, risuonarono come un'eco lontana nella sua mente. Sì, il loro tempo sarebbe giunto. Ma non ancora. Non quel giorno.

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