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ANNE STUART AND HER BAD BOYS
ANNE STUART E I SUOI CATTIVI RAGAZZI
THE AUTHOR / L'AUTRICE
Anne Stuart is a grandmaster of the genre, winner of Romance Writers of America’s prestigious Lifetime Achievement Award, survivor of thirty-five years in the romance business, and still just keeps getting better.Her first novel was Barrett’s Hill, a gothic romance published by Ballantine in 1974 when Anne had just turned 25. Since then she’s written more gothics, regencies, romantic suspense, romantic adventure, series romance, suspense, historical romance, and mainstream contemporary romance for publishers such as Doubleday, Harlequin, Silhouette, Avon, Zebra, St. Martins Press, Berkley, Dell, Pocket Books and Fawcett. She’s currently under contract with Mira for romantic suspense and historical romances.
She’s won numerous awards, appeared on most bestseller lists, and speaks all over the country.
When she’s not traveling, she’s at home in Northern Vermont with her luscious husband of thirty years, three cats and one Springer Spaniel, and when she’s not working she’s watching movies, listening to rock and roll (preferably Japanese) and spending far too much time quilting.
Anne Stuart will answer to all your questions, so don't forget to sign your comment with a name or a nickname
Anne Stuart è una maestra del genere romance, vincitrice del prestigioso premio alla carriera assegnato dall'associazione Romance Writers of America: sopravvissuta a trentacinque anni di attività nel mondo editoriale, spera di riuscire a continuare così e a fare sempre meglio.
Il suo primo romanzo è stato Barrett’s Hill, un romanzo gotico pubblicato da ballantine nel 1974, quando Anne aveva appena compiuto 25 anni. Da allora, Annne ha scritto romanzi gotici, regencies, romantic suspense, d'avventura, romanzi brevi (serie, tipo Harmony), suspense, romance storici e contemporanei per case editrici quali Doubleday, Harlequin, Silhouette, Avon, Zebra, St. Martins Press, Berkley, Dell, Pocket Books e Fawcett.
Ha vinto numerosi premi, è apparsa in molte classifiche bestsellers, e tiene conferenze in tutti gli Stati Uniti.
Quando non è in viaggio, abita nel Vermont del nord con il suo splendido marito, che ha sposato trent'anni fa, tre gatti e uno Springer Spaniel; quando non lavora guarda dei films, ascolta musica rock (preferibilmente giapponese) e passa fin troppo tempo a cucire trapunte.
Anne Stuart risponderà a tutte le vostre domande, perciò non perdete l'occasione di chiacchierare con lei, ricordatevi solo di firmare il vostro commento con un nome o un nick
INTERVIEW / INTERVISTA
1) Would you like to tell us how did your passion for writing start?
I started writing when I was very young. I had a difficult childhood, and I used to read all the time, and then tell myself stories like the ones I read. Before long I was writing them down. I attempted my first novel when I was eleven years old, wrote my first (very short) completed novel when I was thirteen, and wrote novels scribbled into notebooks all through my teenage years.
1) Vorresti raccontarci come è nata la tua passione per la scrittura?
Ho iniziato a scrivere quando ero molto giovane. Ho avuto un'infanzia difficile, e passavo sempre il tempo a leggere, e poi a raccontarmi storie simili a quelle che leggevo. Molto prima di iniziare a scriverle. Ho fatto i primi tentativi di scrivere un romanzo quando avevo undici anni, e scrissi il mio primo romanzo completo (una storia breve) a tredici anni, e continuai a scribacchiare romanzi sul mio quaderno degli appunti durante tutta la mia adolescenza.
2) You published your first book, a gothic romance, at the age of 25, and since then you never stopped publishing. After so many years of writing career how do you manage to find each time new ideas and inspiration?
I'm fascinated with lots of different things, so I'm easily entertained. Strange things always spark my imagination, including television commercials and Japanese rock stars.
2) Hai pubblicato il tuo primo libro, un romance gotico, all'età di 25 anni, e da allora non ti sei più fermata di pubblicare. Dopo così tanti anni di carriera come scrittrici come riesci ad avere ogni volta nuove idee e ispirazioni?
Sono molte e diverse le cose che mi affascinano, e sono una persona facile da intrattenere. Le cose strane accendono sempre una scintilla nella mia immaginazione, compresi gli spot pubblicitari e le rockstar giapponesi.
3) In comparison with your contemporary and romantic suspence novels, your historicals seem to be a lot fewer, even if some of them have been awarded by raving reviews (To Love a Dark Lord, Prince of Magic, Lord of Danger) and still are very appreciated among readers. How's that? Is it your personal preference, or simply contemporary and suspence sell better?
Not a personal preference. If it were up to me I'd alternate. I love the darkness of the contemporary suspense, but too much darkness can get depressing. I really enjoy the contrast of a more distance world where the same rules don't apply. Unfortunately in my case suspense sells a lot better, and I have to do what my editors tell me to do.
3) Rispetto alla produzione di romanzi contemporanei e di romantic suspence, i tuoi romance storici sono molti meno, nonostante alcuni di essi siano stati premiati e abbiano ricevuto riconoscimenti (come To Love a Dark Lord, Prince of Magic, Lord of Danger) e siano ancora molto apprezzati dalle lettrici. Come mai? Si tratta di una tua personale preferenza o semplicemente i contemporanei e la suspence vendono di più?
Non si tratta di una preferenza personale. Se dipendesse da me alternerei i genere. Amo l'oscurità della suspense contemporanea, ma troppa oscurità può diventare deprimente. Mi piace molto il contrasto di un mondo molto più lontano dove non si applicano le medesime regole. Sfortunatamente nel mio caso la suspense vende molto di più, e devo fare quello che il mio editore mi dice di fare.
4) Which are, in your opinion as a reader, the winning elements for a good romantic suspence novel?
First of all, you need a hero to die for. Personally I like my heroes to be semi-villainous, and I love to see how far they'll go. Then you need a good mystery -- not one that overshadows the love story (or else you'd be writing suspense rather than romantic suspense). You need a happy ending, a heroine you can identify with, and fast pacing.
4) Quali sono, secondo la tua opinione di lettrice, gli elementi vincenti che fanno di un romanzo un buon romantic suspense?
Prima di tutto, hai bisogno di un eroe da perderci la testa. Per quanto mi riguarda, mi piace che i miei eroi siano quasi cattivi, e adoro vedere fino a che punto si spingeranno. Poi hai bisogno di un buona trama gialla -- non uno che metta in ombra la storia d'amore (altrimenti ti ritroveresti a scrivere un romanzo di suspense invece che un romantic suspense). Poi hai bisogno di un lieto fine, un'eroina con la quali puoi identificarti, e un ritmo veloce.
5) Something we find interesting in your writing is how easily you change genre. You write medievals, regencies, gothics, contemporary romance, romantic suspense and even some novels that blur in paranormals (for instance One More Valentine, that is a bit like a film noir, or Falling Angel, about second chances in life). Are these changes from one genre to another depending on your mood (because some books are lighter, others are more serious and so on) or it's publishers who ask you to follow market's requests?
The changes are both dependent on my mood and the market. For instance I started out writing gothics and the market for those died, so I moved on to Regencies. Fortunately I'd already become interested in romantic suspense by then so I moved on to series romance with a suspense element before the market insisted. As for the paranormal elements, those are matters of choice. In general I can't do what editors tell me to do if my heart's not in it -- I've been lucky in that I'm interested in many different romance genres and will happily try most of them.
5) Una cosa che troviamo molto interessante nel tuo stile è quanto facilmente riesci a cambiere genere. Scrivi romance storici medievali, regency, gotici, contemporanei, romantic suspense e anche alcuni romanzi che sfumano nel paranormale (per esempio One More Valentine, che sembra un po' un film noir, o Falling Angel, sulle seconde occasioni offerte dalla vita). Questi passaggi da un genere all'altro dipendono dal tuo stato d'animo (perchè alcuni libri sono più leggeri, altri più seri e così via) o è l'editore che ti chiede di seguire le richieste del mercato?
I cambiamenti dipendono sia dal mio umore che dal mercato. Per esempio, ho iniziato scrivendo romanzi gotici, poi il mercato dei gotici si è esaurito e allora mi spostai ai Regency. Fortunatamente in quel periodo avevo già iniziato ad interessarmi ai romantic suspense così mi spostai verso delle serie di romance con un forte componente di suspense prima ancora che prendessero piede. Per quanto riguarda gli elementi paranormali, dipendono dalle scelte che si fanno. In generale non posso fare quello che mi chiede il mio editore se il mio cuore non è coinvolto -- sono stata fortunata ad essere interessata a tipi così differenti di romance e sono più che contenta di provarli.
6) Have you ever been thinking of writing a truly paranormal ?
What's a truly paranormal? SHADOWS AT SUNSET and NIGHT OF THE PHANTOM both had ghosts. CINDERMAN had magic powers after a lab accident (he could turn invisible and cause fires), A DARK AND STORMY NIGHT had a hero who could turn into a seal. BREAK THE NIGHT had reincarnation and Jack the Ripper in LA. I haven't ever written a real vampire (only a pretend one in an early book) but I'm open to all sorts of possibilities.
6) Hai mai pensato di scrivere un vero romanzo paranormale?
Cos'è un vero paranormale? In SHADOWS AT SUNSET e NIGHT OF THE PHANTOM ci sono fantasmi. CINDERMAN acquista poteri magici dopo un incidente di laboratorio (il protagonista può diventare invisibile e provocare degli incendi), l’eroe di A DARK AND STORMY NIGHT può trasformarsi in una foca. In BREAK THE NIGHT trovate reincarnazione e Jack lo Squaratore a Los Angeles.
Non ho mai scritto un romanzo di vampiri (solo un falso vampiro in uno dei primi libri) ma sono aperta a tutte le possibilità.
7) Are you planning any release of new historicals? In a 2006 interview you mentioned you were thinking of a "wicked idea for a medieval". Would you like to tell us more about it? Medievals do not seem to be very popular nowadays, in the US, why you feel like writing one, if you still feel this way?
I've got a lovely idea for a medieval where the hero is an assassin and the heroine is reputed to be a witch who is so powerful sexually that she makes men go mad. Of course, in truth the heroine is a virgin who manages to keep men at bay because of her reputation. I always like plots where people are pretending to be something they're not.
I also have a plot for a 1930s adventure romance, and a 1940s wartime romance, and those time periods are even less popular than medieval. I don't know why people don't pay more attention to my historicals --
I really love them.
7) Stai progettando qualche pubblicazione di nuovi romance storici? In un'intervista del 2006 hai detto di avere "un'idea maliziosa per un medevale". Potresti dirci qualcosa al riguardo? I medievali non sembrano avere molta popolarità negli Stati Uniti di questi tempi, come mai pensi di scriverne uno, se ancora sei di quell'idea?
Ho avuto una idea carina per un medievale dove l'eroe è un assassino e l'eroina è considerata una strega così potente sessualmente da fare impazzire gli uomini. Ovviamente la verità è che l'eroina è una vergine che riesce a tenere gli uomini a distanza grazie alla sua reputazione. Mi piacciono sempre le trame dove le persone fingono di essere quello che non sono.
Ho anche una trama per romance avventuroso ambientato nel 1930, e un altro ambientato durante il tempo di guerra nel 1940, e questi periodi sono anche meno popolari del medievale. Non so perché le persone non mostrano più attenzione ai miei storici --
A me piacciono davvero molto.
8) What are you going to write after finishing the Ice series?
I've just started a new book about a woman and her teenage daughter who are threatened by a serial killer. Unfortunately the sexy, dangerous man they think is the killer isn't really, and they're going to be in big trouble.
8) Cosa hai intenzione di scrivere dopo aver finito i romanzi della serie Ice?
Ho appena iniziato un nuovo libro che parla di una donna e della sua figlia adolescente minacciate da un serial killer. Sfortunatamente l'uomo pericoloso e sexy che loro credono sia il killer in realtà non lo è, e finiscono in guai grossi.
9) Which is, among all the books you wrote, the one you love the most? and why?
It's really hard to pin down, but NIGHTFALL is probably my all time favorite. I have a top ten list as well (NIGHT OF THE PHANTOM, ROSE AT MIDNIGHT, BLACK ICE, ICE STORM, AGAINST THE WIND, LADY FORTUNE, LORD OF DANGER, TANGLED LIES, CATSPAW, ONE MORE VALENTINE ... is that ten?)
9) Qual'è, tra tutti i libri che hai scritto, il libro che ami di più? e perchè?
E' davvero difficile scegliere, tuttavia NIGHTFALL è probabilmente il mio favorito da sempre. Ho fatto anche una lista dei primi dieci (NIGHT OF THE PHANTOM, ROSE AT MIDNIGHT, BLACK ICE, ICE STORM, AGAINST THE WIND, LADY FORTUNE, LORD OF DANGER, TANGLED LIES, CATSPAW, ONE MORE VALENTINE ... sono dieci?)
10) Why do you often have "naughty boys" as heros in your novels?
And why in spite of being saved from themselves by the heroine don't they really reform totally?
Oh, I love bad boys. Women are always attracted to bad boys since the beginning of time. Partly they think they can reform them, but you can't fall in love with someone and hope to change them into something else. If my heroes are totally reformed then they aren't the same men that my heroines fell in love with, so they have to stay a little wicked. Besides, no one ever reforms completely.
10) Come mai i tuoi romanzi hanno spesso dei "ragazzi cattivi" come protagonisti?
E come mai, nonostante vengano salvati da loro stessi dall'eroina non si redimono mai totalmente?
Oh, amo i cattivi ragazzi. Le donne sono sempre state attratte dai cattivi ragazzi fin dall'inizio dei tempi. In parte credono di poterli redimere, ma non puoi innamorarti di qualcuno e sperare di cambiarlo in qualcun altro. Se i miei eroi si lasciassero redimere totalmente non sarebbero gli stessi uomini di cui le mie eroine si sono innamorate, per questo devono rimanere un po' cattivelli. Inoltre, nessuno si redime mai completamente.
11) In "The Devil's Waltz", about Annelise, the heroine, you tell that: "She believed in facing things head-on, in calling things what they were and not prettying things up". Do you think this description might be applied to most of your heroines? It looks like anyway that often they struggle with only everyday life's problems until their partners involve them in much more challenging battles, why this choice? do you see love as a challenge?
Actually it depends on the heroine. Some face things, some lie to themselves. Real life and the ordinary life of my heroines are filled with annoying little problems -- once a hero swoops in and things began to happen the small stuff just fades away. Is love a challenge? In the beginning. Most of us are solitary creatures, and allowing someone else to become that close can be frightening. In the end it's worth it (I've been married for 34 years).
11) Ne "IL VALZER DEL DIAVOLO", di Annelise, l'eroina, dici che: "Credeva nell'affrontare le cose di petto, nel chiamare le cose per quello che erano e non abbellirle". Pensi che questa descrizione possa calzare alla maggior parte delle tue eroine? Sembra comunque che spesso si trovino a lottare con i problemi della vita di ogni giorno fino a che i loro compagni non le coinvolgono in battaglie molto più stimolanti, come mai questa scelta? Vedi l'amore come una sfida?
Veramente dipende dall'eroina. Alcune affrontano le cose, altre mentono a se stesse. La vita reale e quotidiana delle mie eroine è piena di problemi piccoli e irritanti -- una volta che l'eroe vi piomba dentro le cose iniziano ad accadere e le cose di poco conto semplicemente sfumano via. Se l'amore è una sfida? All'inizio. Siamo per la maggior parte creature solitarie, e permettere a qualcun altro di avvicinarsi così tanto può fare paura. Alla fine però ne vale la pena. (Sono sposata da 34 anni).
12) Many novels of your booklist are hard to find titles: all your Candlelight regencies, most of your avon historicals. Is there any re-issued scheduled for any of them?
Not yet. I have to get more famous.
12) Molti dei tuoi romanzi sono diventati titoli introvabili: tutti i tuoi regency della collana Candlelight, e la maggior parte dei tuoi romance storici della Avon. C'è in programma qualche riedizione per qualcuno di loro?
Non ancora. Devo diventare più famosa.
13) Among your characters, males and females, which are your favourite ones? Did you find difficulties in creating any of them, and if yes which one?
That's hard to say. I tend to fall in love with my heroes and identify with my heroines, so I love them all. I was particularly fond of Bastien in BLACK ICE. Actually all the ICE heroes appeal to me, though maybe my favorite is Reno, the red hair yakuza samurai punk in FIRE AND ICE.
13) Tra tutti i tuoi personaggi, femminili e maschili, qual è il tuo favorito? Hai avuto difficoltà a creare qualcuno di loro, se sì quale?
E' molto difficile da dire. In genere mi innamoro dei miei eroi e mi identifico con le mie eroine, per questo li amo tutti. Ero particolarmente affezionata a Bastien di BLACK ICE. A dire il vero, tutti gli eroi della serie ICE mi piacciono, anche se forse il mio preferito è Reno, il samurai yakuza punk coi capelli rossi di FIRE AND ICE.
14) And is there any of your novels that you feel like specially rappresentative of you as a writer and as a person?
That depends on how I'm feeling. Sometimes I'm like the heroine of the Maggie Bennett novels -- kicking butt. Sometimes like the heroine of A ROSE AT MIDNIGHT -- pissed off and ready to kill. And sometimes I'm like the heroine in BLACK ICE -- trying to do my best, fighting back, but vulnerable. There's a little of me in all my heroines.
14) E tra i tuoi romanzi ce n'è uno che senti particolarmente rappresentativo di te come scrittrice e come persona?
Questo dipende da come mi sento. A volte sono come l'eroina dei romanzi di Maggie Bennett -- faccio un gran casino. Altre invece sono come l'eroina di A ROSE AT MIDNIGHT -- arrabbiata e pronta a uccidere. E a volte sono come l'eroina di BLACK ICE -- cerco di dare il meglio di me, di lottare, ma sono vulnerabile. C'è qualcosa di me in tutte le mie eroine.
15)Anything else you want to tell us?
Just thank you for the support. There are so many stories to tell, books to write, and it's a blessing to know there are people who want to read them.
15) C'è qualcosa d'altro che vorresti dirci?
Solo grazie per il vostro supporto. Ci sono così tante storie da raccontare, libri da scrivere, ed è una benedizione sapere che ci sono persone che vogliono leggerli.
EXCERPT / ESTRATTO
COLD AS ICE
MIRA (May 2006)
A brief stop on a multimillion dollar yacht should have been the perfect start to Genevieve Spencer's desperately-needed sabbatical in the jungles of Costa Rica, far from the stress of her law practice. It should have been so simple - have the client sign some papers and be on her way.
But she hadn't counted on Van Dorn's deceptively bland assistant, Peter Jensen, suddenly transforming into the most dangerous man she'd ever met. She hadn't counted on becoming a hostage aboard a hijacked yacht. And she certainly hadn't counted on her reaction to Jensen. The man was gorgeous, deadly, and cold as ice. For the first time in her life all her instincts were dead wrong.
And if she didn’t figure out how to get out of this trap, she’d be in the same situation. Wrong. And dead.
Una breve fermata sullo yacht di un multimilionario avrebbe dovuto essere l'inizio perfetto del periodo sabbatico nella giungla del Costa Rica di cui Genevieve aveva così disperatamente bisogno. Avrebbe dovuto essere così semplice - fare firmare al cliente alcune carte e andare per la sua strada.
Ma non aveva fatto i conti con il falsamente mite assistente di Van Dorn, Peter Jensen, che improvvisamente si trasforma nell'uomo più pericoloso che abbia mai incontrato. Non aveva fatto i conti con la sua reazione a Jensen. L'uomo era stupendo, letale e freddo come il ghiaccio. Per la prima volta nella sua vita tutti i suoi istinti erano completamente sbagliati.
E se non capiva come uscire da quella trappola, si sarebbe trovata nella stessa situazione. Sbagliata. E morta.
Genevieve Spencer adjusted her four hundred dollar sunglasses, smoothed her sleek, perfect chignon, and stepped aboard the power boat beneath the bright Caribbean sun. It was early April, and after a long, cold, wet winter in New York City she should have been ready for the brilliant sunshine dancing off the greeny-blue waters. Unfortunately she wasn’t in the mood to appreciate it. For one thing, she didn’t want to be there. She had a six week sabbatical from her job as junior partner in the law firm of Roper, Hyde, Camui and Fredericks, and she’d been looking forward to something a great deal different. In two days time she’d be in the rainforests of Costa Rica with no makeup, no contact lenses, no high heels and no expectations to live up to. She’d been so ready to shed her protective skin that this final task seemed like an enormous burden instead of the simple thing it was.
The Grand Cayman Islands were on her way to Central America. Sort of. And one extra day wouldn’t make any difference, Walter Fredericks had told her. Besides, what red-blooded, single, thirty year old female would object to spending even a short amount of time with People Magazine’s Sexiest Man of the Year, billionaire division? Harry Van Dorn was gorgeous, charming, and currently between wives, and the law firm that represented the Van Dorn Trust Foundation needed some papers signed. This was perfect for everyone – serendipity.
Genevieve didn’t think so, but she kept her mouth shut. She’d learned diplomacy and tact in the last few years since Walt Fredericks had taken her under his wing, and she knew that for now going along was in her best interest. She’d have time to think about things once she got to Costa Rica and shed all the trappings that had become a suit of armor.
In the meantime she pulled out her pale gray Armani suit, put on the seven hundred dollar Manolo Blahnik shoes she hadn’t even blinked at buying, the shoes that hurt her feet, made her tower over most men, and matched the Armani and nothing else. When she first brought them home she’d emerged from her corporate daze enough to look at the price tag and burst into tears. What had happened to the idealistic young woman who was determined to spend her life helping people? The rescuer, who spent her money on the oppressed, not on designer clothing?
Unfortunately she knew the answer, and she didn’t want to dwell on it. In her tightly controlled life she’d learned to look forward rather than back, and the shoes were beautiful and she told herself she deserved them. And she’d brought them to see Harry Van Dorn, as part of her protective armor.
They didn’t make climbing down into the launch any easier, but she managed with a modicum of grace. She hated boats. She rarely got seasick, but she always felt vaguely trapped. She could see the massive white shape of the Van Dorn yacht against the brilliant horizon – it looked more like a mansion that a boat, and maybe she could simply ignore the sea surrounding them and pretend they were in a fancy restaurant. She was good at ignoring unpleasant facts – she’d learned the hard way that that was what you had to do to survive.
And it was only going to be a few hours. She’d let Harry Van Dorn feed her, get him to sign the papers she’d brought with her in her slim leather briefcase, and once she’d arranged to have them couriered back to New York she’d be free. Only a matter of hours – she was silly to feel so edgy. It was far too beautiful a day to have this sense of impending doom. There could be no doom under the bright Caribbean sun.
Her tranquilizers were in her tiny purse. Harry Van Dorn’s crew had gotten her comfortably seated with a glass of ice tea in one hand. It was a simple enough matter to sneak one yellow pill out and take it. She’d almost planned to leave them behind in New York – she didn’t expect to need tranquilizers in the rain forest, but fortunately she changed her mind at the last minute. It was going to take a few minutes for it to kick in, but she could get by on sheer determination until then.
She’d been on yachts before – Roper and company specialized in handling the legal concerns for a myriad of charitable foundations, and money was no object. She’d gone from her job as public defender to private law practice, and she’d hoped specializing in charitable foundations was still close enough to honorable work to assuage the remnants of her liberal conscience. She’d been quickly disillusioned – the foundations set up as tax shelters by the wealthy tended to spend as much money glorifying the donors’ names and providing cushy jobs and benefits for their friends, but by then it was too late, and Genevieve was committed. Harry Van Dorn’s floating palace, SS Seven Sins, was on a grander scale than she’d seen so far, and she knew for a fact it was owned by the Van Dorn Trust Foundation, not Harry himself, a nice little tax write-off. She stepped aboard, her three and a half inch heels balancing perfectly beneath her, and surveyed the deck, keeping her expression impassive. The boat barely moved beneath her feet, a blessing, and with luck Harry Van Dorn would be too busy on the putting green she could see up at the front of the ship to want to waste much time on a lawyer who was nothing more than Roper, Hyde, Camui and Fredericks’s perfectly groomed messenger. Damn, she wasn’t in the mood for this.
She plastered her practiced, professional smile on her Chanel-tinted lips and stepped inside the cool confines of what must be the living room, if you even called it that on a boat. It was massive, beautifully furnished in black and white, with mirrors everywhere to make appear even larger. She could see her reflection in at least three different directions, but there was nothing interesting to show her. She’d already checked her appearance before she’d left that morning. A young woman, just past thirty, with her long blonde hair neatly arranged, her pale gray suit hanging perfectly on her shoulders and disguising the fifteen pounds that Roper et al. didn’t approve of. Genevieve didn’t approve of it either, but all the dieting and exercise in the world couldn’t seem to budge it. In the end Roper et al. had stopped pressuring her, a sure sign of their high expectations for her, Walt had said in his genial voice. At the time Genevieve had felt flattered. Now she was rethinking everything.
“Ms. Spenser?” It took her a moment for her eyesight to adjust from the bright glare of the sun on the water to the dimmer light in the large room, and she couldn’t see anyone but the indistinct shape of a man across the room. The voice held a faint, upper class British accent, so she knew it wasn’t Harry. Harry Van Dorn was from Texas, with a voice and a character to match. The man took a step toward her, coming into focus. “I’m Peter Jensen, Mr. Van Dorn’s personal assistant. He’ll be with you in a short while. In the meantime is there anything I can do to make you comfortable? Something to drink, perhaps? The newspaper?”
She hadn’t thought of the word unctuous in a long time, probably not since she’d been forced to read Charles Dickens, but the word suited Peter Jensen perfectly. He was bland and self-effacing to a fault, and even the British accent, usually an attention-grabber, seemed just part of the perfect personal assistant. His face was non-descript, he had combed-back very dark hair and wire rimmed glasses, and if she’d passed him on the street she wouldn’t have looked twice at him. She barely did now.
“Iced tea and the New York Times if you have it,” she said, taking a seat on the leather banquette and setting the briefcase beside her. She crossed her legs and looked at her million dollar shoes. They were definitely worth every penny when you considered what they did for her long legs. She looked up, and Peter Jensen was looking at them too, though she suspected it was the shoes, not the legs. He didn’t seem to be the type to be interested in a woman’s legs, no matter how attractive they were, and she quickly uncrossed them, tucking her feet out of the way.
“It will only take a moment, Ms. Spenser,” he said. “In the meantime make yourself comfortable.”
He disappeared, silent as a ghost, and Genevieve shook off the uneasy feeling. She’d been working too hard – she was imagining things. She’d sensed disapproval from Harry Van Dorn’s cipher-like assistant – he’d probably taken one look at her shoes and known what she’d spent. Normally people in Jensen’s position were impressed – she’d walked into a particularly snooty shop on Park Avenue in them and it seemed as if the entire staff had converged on her, knowing that a woman who spent that kind of money on shoes wouldn’t hesitate to spend an equally egregious amount in their overpriced boutique.
And she had.
She steeled herself for Peter Jensen’s reappearance, but she should have known better. A uniformed steward appeared, with a tall glass of icy cold Earl Grey and a fresh copy of the New York Times. There was a slender gold pen on the tray as well, and she picked it up, looking at it.
“What’s this for?” she inquired. Didn’t they expect her to be professional enough to have brought her own pen?
“Mr. Jensen thought you might want to do the crossword puzzle. Mr. Van Dorn is taking a shower, and he might be a while.”
Now how did that gray ghost of a man know she’d do crossword puzzles? In pen? It was the Saturday paper, with the hardest of the week’s puzzles, and she didn’t hesitate. For some irrational reason she felt as if Peter Jensen had challenged her, and she was tired and edgy and wanted to be anywhere but on Harry Van Dorn’s extremely over-sized, pretentious yacht. At least the puzzle would keep her mind off the water that was trapping her.
She was just finishing when one of the doors to the salon opened and a tall figure filled the doorway. It had been a particularly trying puzzle – in the end she’d been cursing Will Weng, Margaret Farrar and Will Shortz with generalized cool abandon, but she set the paper down and rose with serene dignity.
Only to have it vanish when the man stepped forward and she realized it was simply Peter Jensen again. He glanced at the folded paper, and she just knew his bland eyes would focus on the empty squares of the one word she couldn’t get. “Mr. Van Dorn is ready to see you now, Ms. Spenser.
And about frigging time, she thought. He moved to one side to let her precede him, and it was a momentary to shock to realize how tall he was. She was a good six feet in her ridiculous heels, and he was quite a bit taller than she. He should have dwarfed the cabin and yet he barely seemed to be there.
“Enigma,” he murmured as she passed him.
“I beg your pardon,” she said, rattled.
“The word you couldn’t get. It’s enigma.”
Of course it was. She controlled her instinctive irritation – the man got on her nerves for no discernible reason. She didn’t have to play this role for very much longer, she reminded herself. Get Harry Van Dorn to sign the papers, flirt a little bit if she must, and then get back to the tiny airport and see if she could catch an earlier flight.
The bright sun was blinding when she stepped back out on deck, and there was no more pretending she was back on the island with all the water shimmering around them. She looked up at the huge boat – not a mansion, an ocean liner – and followed Peter Jensen’s precise walk halfway down the length of the ship until he stopped. She moved past him, and then the cipher-like executive assistant was dismissed from her mind as she took in the full glory of Harry Van Dorn, the world’s sexiest billionaire.
“Miz Spenser,” he said, rising from his seat on the couch, his Texas accent rich and charming. “I’m so sorry to have kept you waiting! You came all this way out here just for me and I leave you cooling your heels while I’m busy with paperwork. Peter, why didn’t you tell me Miz Spenser was here?”
“I’m sorry, sir. It must have slipped my mind.” Jensen’s voice was neutral, expressionless, but she turned back to glance at him anyway. Why in the world wouldn’t he have told Van Dorn she was there? Just to be a pissant? Or was Van Dorn simply dumping the blame on his assistant as he knew he could? She’d seen that done often enough to know that it was par for the course.
“No harm done,” Van Dorn said, moving forward, taking Genevieve’s hand with the most natural of gestures and bringing her into the cabin. He was clearly a physical man, one who liked to touch when he talked to people. It was part and parcel of his charisma.
Unfortunately Genevieve didn’t like to be touched.
But she’d done worse things for Roper, Hyde, Camui and Fredericks, so she simply upped the wattage of her smile and let him pull her over to the white leather banquette, dismissing the unpleasant little man who’d brought her here. Except that in fact he wasn’t that little. It didn’t matter -- he’d already made himself scarce.
“Now don’t you mind Peter,” Harry said, sitting just a bit too close to her. “He tends to be very protective of me, and he thinks every woman is after my money.”
“All I’m after is your signature on a few papers, Mr. Van Dorn. I certainly wouldn’t want to take up any more of your time…”
“If I don’t have time for a beautiful young woman then I’m in a pretty pitiful condition,” Harry said. “Peter just wants to keep my nose to the grindstone, while I believe in having fun. He doesn’t have much use for women, I’m afraid. Whereas I have far too much. And you’re such a pretty little thing. Tell me, what sign are you?”
He’d managed to throw her completely off guard. “Sign?”
“Astrology. I’m a man who likes my superstitions. That’s why I named the boat Seven Sins. Seven’s my lucky number and always has been. I know that put together all that new-age crap don’t mean squat, but I enjoy playing around with it. So indulge me. I’m guessing you’re a Libra. Libras make the best lawyers – always judging and balancing.”
In fact she was a Taurus with Scorpio rising – her teenage friend Sally had had her chart done for an 18th birthday present, and that was one of the few details that had stuck. But she had no intention of disillusioning her wealthy employer.
“How did you guess?” she said, keeping the admiration in her voice at a believable level.
Harry’s laugh was warm and appealing, and Genevieve was beginning to see why people found him so charming. People Magazine hadn’t lied – he was gorgeous. Deeply tanned skin, clear blue eyes with laugh lines etched deep around them, a shock of sun-streaked blond hair that made him look like a slightly seedy Brad Pitt. He radiated warmth, charm, and sexuality, from his broad, boyish grin to his flirting eyes to his rangy, well-muscled body. He was handsome, charming, and any intelligent woman would have been interested. Right then, Genevieve couldn’t have cared less.
But she had a job to do, and she knew that one of her unspoken orders was to give this very important client anything he wanted. It wouldn’t be the first time she’d considered sleeping with someone for business reasons. She knew perfectly well what that made her – a pragmatist. She’d avoided it so far, but sooner or later she was going to have to be less fastidious and more practical. If it turned out that she had to sleep with Harry Van Dorn just to get some papers signed and get out of there – well, there were plenty of more onerous duties she’d had to perform while at Roper et al.
But she knew the drill. They weren’t going to get to the business she’d brought until the social amenities were covered, and with Texans that could take hours, and nothing would hurry them.
“You mustn’t mind Peter,” he continued. “He’s an Aries, with a very auspicious birth chart, or I wouldn’t keep him around. April 20th, as a matter of fact. He’s too damned gloomy by half, but he gets the job done.”
“Has he worked for you a long time?” she asked, wondering when Harry was going to take his hand off her knee. Good hands – big, tanned, perfectly manicured. There could be worse hands touching her. Like the slimy Peter Jensen.
“Oh, it seems like forever, though in fact he’s only been with me for a few months. I don’t know how I did without him before – he knows more about me and my life than I do. But you know how men like that are – they get a little possessive of their bosses. But I don’t want to spend the afternoon talking about Peter – he’s about as interesting as watching grass grow. Let’s talk about you, pretty lady, and what brought you here.”
She started to reach for her briefcase, but he covered her hand with his big one and gave an easy laugh. “Oh, to hell with business. We have plenty of time for that. I mean what brought you to an old fart law firm like Roper and company? Tell me about your life, your loves and hates, and most of all tell me what you want my chef to prepare for dinner.”
“Oh, I can’t possibly stay. I have a plane to catch to Costa Rica.”
“Oh, but you can’t possibly leave,” Harry mimicked her. “I’m bored, and I know your associates would want you to make me happy. I won’t be happy unless I have someone to flirt with over dinner and something pretty to look at. Those oil wells aren’t going to dry up overnight – nothing will happen if I don’t sign the deeds of transference till later. I promise, I’ll sign your papers, and I’ll even see that you get to Costa Rica, though why you’d want to go to that pest hole is beyond me. But in the meantime, forget about business and tell me about you.”
She let go of the briefcase, and after a moment he let go of her hand. She should have been uneasy, but he was such a simple puppy dog of a man, wanting someone to play with him, throw a ball for him, that she couldn’t feel edgy. He was harmless, and she could play along for a while. As long as he didn’t start humping her leg.
“Whatever your chef cares to make,” she said.
“And what do you drink? Apple-tinis, right?”
Any kind of martini made her stomach turn, though she’d downed more than her share of them at the requisite social functions that Roper etc. sponsored. Cosmopolitans were the worst, and everyone assumed she loved them. Her Sex and the City persona must have been very effective.
But he was one of the ten richest men in the western world, and he could get anything he wanted. “Tab,” she said.
She’d managed to throw him. “What’s Tab?”
“A hard-to-find diet soda. Never mind, I was just kidding. Whatever you’re having.”
“Nonsense. Peter!” He barely had to raise his voice. His assistant entered the room so silently he only increased her feeling of uneasiness. “I need you to get some kind of soda pop called Tab. You ever heard of it?”
“Yes, sir.”
“Can you find it? Apparently it’s what Miz Spenser drinks.”
Jensen’s colorless eyes slid over her. “Of course, sir. It might take an hour or so but I’m certain some will be available.”
“That’s fine, then. Miz Spenser is staying for dinner, of course. Tell the chef I want him to do his very best work.”
“I’m afraid, sir, that the chef had left.”
It was enough to wipe the charming smile off Harry’s handsome face. “Don’t be ridiculous. He’s been with me for years! He wouldn’t take off without warning.”
“I’m sorry, sir. I have no idea whether his reasons were professional or personal, I simply know he’s gone.”
Van Dorn shook his head. “Unbelievable! That’s the fifth long term employee of mine who’s left without notice.”
“Sixth, sir, if you count my predecessor,” Jensen murmured.
“I want you to look into this, Jensen,” Harry said in a dark voice. But then his sunny smile took over. “In the meantime, I’m sure you can find someone to take Olaf’s place and rustle up something wonderful for me and my guest.”
“Certainly.”
“I wouldn’t want to put you to any trouble in the midst of such a domestic crisis,” Genevieve interrupted. “Really, you could just sign the papers and I’ll take off…”
“I wouldn’t hear of it,” Harry said grandly. “You traveled all this way just for me – the least I can do is feed you properly. See to it, Peter.”
She watched Harry’s assistant disappear with a twinge of regret. There was no getting out of this. At the very least, however, she had little doubt he’d manage to scare up both Tab and a five star chef – he had that kind of machine-like efficiency down pat. And Van Dorn was turning up his Texas charm – in a few minutes he’d be talking about his dear old pappy – and she might as well lean back and make the best of it. At the very worst she was going to be bored to death, but there were worse ways to spend an evening.
Peter Jensen could move with frightening efficiency, even in the guise of the perfect executive assistant. It had taken him longer to get rid of Olaf than the others, and he was afraid he was going to have to use force, but in the end he’d done his job and the chef had decamped in a righteous snit.
Not that he would have minded using force. He did what he had to do, and he was very well-trained. But he preferred subtlety, and brute force left bruises and bodies and too many questions. In the end Olaf had left, Hans was primed and ready to step in, and they were just about to make their well-planned move.
The girl, however, was a problem. He should have known Harry's law firm would send someone young and pretty to keep him happy. They didn't know enough about Harry's complicated appetites to realize anyone would do.
The papers she brought with her were another question – were they simply an excuse or a clue to something more important? Harry hadn’t seemed the slightest bit interested, but then, Harry wouldn’t.
He had to get the woman off the boat, fast, before they could put their plans into motion. They would get the go ahead in the next few days, and he didn’t want any stray civilians to get in the way and complicate things. The assignment was relatively simple -- nothing he hadn't done before, and he was very good at what he did, but timing, as always, was everything.
He knew what they called him behind his back. The Iceman. Both for his icy cold control, and his particular expertise. He didn't care what they called him, as long as he got the job done.
Ms. Spencer was getting in the way, and the sooner he got rid of her, the better. He was a man who avoided collateral damage, and he wasn't about to change his ways at this point, no matter how important the mission. And while he knew only a part of The Rule of Seven, he knew it was a very important mission indeed.
Ms. Spenser would have to go, before it was too late. Before he was forced to kill her.
He remembered her dark eyes as they’d looked through him. He shouldn’t have mentioned the crossword puzzle – that was something she might remember if someone started asking her questions once the job was finished. But no, he’d played his part well enough. She’d looked at him and hadn’t seen him, and that ability to vanish was his stock in trade.
She’d be no threat to their mission. She was bright and pretty and clueless, and she was going to be back in her safe little world before anything bad could happen.
And she’d never know how close to death she came.
Madame Lambert looked out over the bare tree branches outside her nondescript office in a nondescript building near Kensington Gardens. She was slim, elegant, ruthlessly chic, with creamy, ageless skin and cool, ageless eyes. She stared at the trees, looking for some sign of life. It was April, after all, time for things to come alive again.
But it always took longer in the city, where pollution slowed the natural evolution of things. And for some reason the trees and gardens near the offices of The Spence-Pierce Financial Consultants, Ltd., tended to die. If Madame Lambert were a more fanciful person she’d think it was a sympathetic reaction to the actual work they did. Spence-Pierce was nothing more than one of a dozen covers for the covert work done by The Committee, a group so steeped in secrecy that Isobel Lambert was still just learning some of the intricate details, and she’d been head for more than a year.
It was April, and time was running out. The Rule of Seven was in play, backed by Harry Van Dorn’s brilliant brain and seemingly limitless resources, and they still didn’t have more than the faintest idea what it was. Only that it was deadly.
And it was the Committee’s mission to keep deadly things from happening. No matter how high the body count happened to be.
She wasn’t feeling good about this, and she’d learned to trust her instincts. Peter was the best they had, a brilliant operative who’d never failed a mission.
But she had the unpleasant feeling that all that was about to change.
She shook herself, returning to the spotless walnut desk that held nothing but a Clarefontaine pad and a black pen. She kept everything in her head, for safety’s sake, but sometimes she just needed to write.
She scrawled something, then glanced down at it. The Rule of Seven.
What the hell was Harry Van Dorn planning to unleash on an unsuspecting world?
And would killing him be enough to stop it?
Genevieve Spencer si aggiustò gli occhiali da quattrocento dollari, si sistemò lo chignon liscio e perfetto, e salì a bordo della nave sotto lo splendente sole dei Caraibi.
Erano gli inizi di Aprile, e dopo un lungo, freddo e piovoso inverno a New York City avrebbe dovuto essere pronta per la luce brillante del sole che danzava sull'acqua verde blu. Sfortunatamente non era nell'umore giusto per apprezzarlo. Per prima cosa, non voleva essere lì. Si era presa sei settimane sabbatiche dal lavoro come socio giovane nello studio legale Roper Hyde, Camui e Fredericks, e stava cercando qualcosa di molto diverso. Nell'arco di tempo di due giorni sarebbe stata nella foresta tropicale del Costa Rica senza trucco, senza lenti a contatto, niente scarpe a tacco alto senza dover rispondere alle aspettative di nessuno. Era stata così pronta a lasciar cadere quella sua pelle protettiva che questo ultimo incarico sembrava un enorme fardello invece della semplice cosa che era.
Le Isole Grand Cayman erano sulla via del Centro America. O giù di lì. E un giorno in più non avrebbe fatto differenza, le aveva detto Walter Fredericks. Inoltre, quale femmina trentenne nubile con sangue caldo nelle vene avrebbe protestato all'idea di passare anche una sparuta quantità di tempo con l'uomo che People Magazine aveva incoronato milionario più sexy dell'anno? Harry Van Dorn era meraviglioso, affascinante, e in un momento di pausa tra una moglie e l’altra, inoltre lo studio legale che rappresentava la Fondazione Van Dorn aveva bisogno di fargli firmare alcuni documenti. Per chiunque sarebbe stato perfetto -- come trovare un tesoro.
Genevieve non era di quell'idea, ma aveva tenuto la bocca chiusa. Aveva imparato l'arte della diplomazia e del tatto negli ultimi anni, da quando Walt Fredericks l'aveva presa sotto la sua ala, e sapeva che per ora adeguarsi era nel suo interesse. Avrebbe avuto tempo di riflettere una volta arrivata in Costa Rica e liberatasi di tutte le bardature che si erano trasformate in un'armatura.
Nel frattempo tirò fuori il suo completo grigio pallido di Armani, indossato le scarpe di Manolo Blahnik da settecento dollari che aveva acquistato senza battere ciglio, le scarpe che le facevano male ai piedi, che la facevano sembrare più alta di molti uomini, e che stavano bene solo con l'abito di Armani. Quando li aveva portati a casa era emersa dallo stupore lavorativo abbastanza da dare un'occhiata al cartellino del prezzo e scoppiare a piangere. Cosa era accaduto alla giovane donna idealista decisa a dedicare la vita ad aiutare le persone? La salvatrice, che spendeva i suoi soldi per gli oppressi, non su abiti firmati?
Sfortunatamente conosceva la risposta, e non voleva soffermarcisi. Nella sua vita strettamente controllata aveva imparato a guardare avanti e non indietro, e le scarpe erano belle e si era detta che se le meritava. E le aveva indossate per incontrare Harry Van Dorn, come parte della sua armatura protettiva.
Non le resero più facile scendere nella lancia, ma riuscì a farlo con un minimo di grazia. Lei odiava le barche. Raramente soffriva il mal di mare, ma si sentiva sempre vagamente in trappola. Poteva vedere la massiccia forma bianca dello yacht di Van Dorn contro il brillante orizzonte -- sembrava più un palazzo che una barca, e forse avrebbe potuto ignorare il mare che li circondava e fingere di trovarsi in un lussuoso ristorante. Era brava ad ignorare i fatti spiacevoli -- aveva a caro prezzo che quello era quanto che si doveva fare per sopravvivere
E sarebbe stato solo questione di poche ore. Avrebbe lasciato che Harry Van Dorn le offrisse da mangiare, poi gli avrebbe fatto firmare i documenti che aveva portato con sé nella sua sottile valigetta di pelle pregiata, e una volta preso accordi perché fossero spediti tramite corriere a New York sarebbe stata libera. Solo questione di ore -- era sciocca a sentirsi così nervosa. Era un giorno troppo bello per avere questo sensazione di disastro imminente. Non poteva esserci nessun disastro sotto lo splendido sole caraibico.
I suoi tranquillanti erano nella sua borsetta. L'equipaggio di Harry Van Dorn l'aveva fatta mettere comoda con un bicchiere di te freddo in mano. Non sarebbe stato difficile tirar fuori furtivamente una di quelle pillole gialle e prenderla. Aveva quasi pensato di lasciarli a New York -- non si aspettava di aver bisogno di tranquillanti nella foresta tropicale, ma fortunatamente aveva cambiato idea all'ultimo minuto. Ci avrebbe messo qualche minuto a fare effetto, ma fino a quel momento poteva fare affidamento solo sulla propria determinazione.
Era già stata a bordo di yacht -- Roper e compagnia si occupava di amministrare gli aspetti legali di una miriade di fondazioni di beneficienza, e il denaro non era un problema. Aveva lasciato il suo lavoro come pubblico difensore per passare alla pratica privata, e aveva sperato che occuparsi di associazioni caritatevoli sarebbe stato abbastanza vicino ad un lavoro onorevole da consolare i resti della sua coscienza idealistica. Si era rapidamente disillusa -- le fondazioni istituite come esentasse dai ricchi tendevano a spendere un considerevole ammontare di denaro sia per glorificare i nomi dei donatori sia per procurare lavori di comodo e benefici per i loro amici, ma a quel punto era troppo tardi, e Genevieve si era impegnata. Il palazzo galleggiante di Harry Van Dorn, la SS Seven Sins, era più grande di quelli che aveva visto finora, ed era a conoscenza del fatto che apparteneva alla Fondazione Van Dorn Trust, non a Harry, un bel gingillo tax-free. Mise piede a bordo, i tacchi tredici perfettamente bilanciati sotto di lei, ed esaminò il ponte, mantenendo la sua espressione impassibile. La barca si muoveva appena sotto i suoi piedi, una benedizione, e se era fortunata Harry Van Dorn sarebbe stato troppo indaffarato sul piccolo campo da golf che aveva visto sul davanti della barca, per perdere troppo tempo con un avvocato che non era niente di più che un messaggero di bella presenza della Roper, Hyde, Camui and Fredericks. Dannazione, non era dell'umore adatto per questo.
Si incollò un sorriso artefatto e professionale sulle labbra dipinte con Chanel ed entrò nei freschi confini di quello che doveva essere il salotto, se così si chiamava su una barca. Era imponente, meravigliosamente arredato in nero e bianco, con specchi ovunque per farlo sembrare ancora più grande. Poteva vedere il suo riflesso in almeno tre diverse direzioni, ma non le mostrava nulla di interessante. Aveva già controllato il suo aspetto prima di uscire quel mattino. Una giovane donna, appena dopo i trenta, con lunghi capelli biondi accuratamente raccolti, il suo abito grigio pallido che cadeva alla perfezione sulle spalle nascondendo i sei sette chiletti in più che Roper et al. non approvavano.
Neppure Genevieve li approvava, ma tutte le diete e tutta l'attività fisica del mondo non sembravano smuoverli. Alla fine Roper et al. avevano smesso di farle pressione, un sicuro segnale delle loro alte aspettative, Walt le aveva detto nella sua voce cordiale. A quel tempo Genevieve si era commossa. Ora stava riconsiderando la questione.
"La signorina Spenser?" le ci volle un momento per abituare la vista all’illuminazione soffusa della grande stanza dopo la luce abbagliante del sole che rifletteva sulla’acqua, e non riuscì a vedere nessuno tranne la figura indistinta di un uomo dall'altra parte della stanza. Il vago accento britannico e aristocratico della sua voce, le dissero che non si trattava di Harry. Harry Van Dorn era del Texas, con una voce e un carattere adeguati. L'uomo fece un passo verso di lei, e lei riuscì a metterlo a fuoco. "Sono Peter Jensen, l'assistente personale del signor Van Dorn. La raggiungerà entro breve. Nel frattempo c'è qualcosa che posso fare per farla sentire a suo agio? Qualcosa da bere, forse? Il giornale?"
Era da molto tempo che non pensava alla parola untuoso, probabilmente da quando era stata obbligata a leggere Charles Dickens, ma l'aggettivo si adattava perfettamente a Peter Jensen. Era eccessivamente scialbo e modesto, e anche l'accento britannico, che di solito attirava l'attenzione, sembrava far semplicemente parte del ruolo di assistente personale. La sua faccia era anonima, aveva capelli molto scuri pettinati indietro e occhiali di metallo, se lo avesse incrociato per strada non lo avrebbe guardato due volte. A malapena lo fece adesso.
"Te freddo e il New York Times se ce l'ha," disse, sedendosi su una panca di pelle e appoggiando la valigetta a fianco a sé. Incrociò le gambe e guardò le proprie scarpe da un milione di dollari. Valevano davvero ogni centesimo se si considerava quello che facevano per le sue lunghe gambe. Alzò lo sguardo, anche Peter Jensen stava guardandole, anche se sospettava che il suo sguardo fosse sulle scarpe, non sulle gambe. Non sembrava il tipo interessato alle gambe di una donna, non importa quanto attraenti fossero, e velocemente le disincrociò, nascondendo i piedi.
"Ci vorrà solo un momento, signorina Spenser," disse. "Nel frattempo si metta a suo agio."
Scomparve, silenzioso come un fantasma, e Genevieve si scrollò di dosso la sensazione di disagio. Lavorava troppo – si stava immaginando le cose. Aveva avvertito la disapprovazione di quella nullità di assistente di Harry Van Dorn -- probabilmente gli era bastato dare un'occhiata alle sue scarpe per sapere quanto aveva speso. Normalmente le persone che ricoprivano la posizione di Jensen ne erano colpiti – una volta era entrata in un negozio particolarmente alla moda di Park Avenue con quelle addosso e subito tutto il personale sembrava essersi diretto su di lei, sapendo che una donna disposta a spendere quella cifra per un paio di scarpe non avrebbe esitato a spendere una somma ugualmente enorme per i loro costosi abiti.
E così aveva fatto.
Si preparò per il ritorno di Peter Jensen, ma non fu così. Un cameriere in uniforme entrò, con un lungo bicchiere di Earl Grey ghiacciato e una copia del New York Times. C'era anche una sottile penna d'oro sul vassoio, e lei la prese, guardandola.
"Per cosa è questa?" chiese. Forse non si aspettavano che fosse abbastanza professionale da portarsene una appresso?
"Il signor Jensen ha pensato che poteva aver voglia di fare qualche cruciverba. Il signor Van Dorn sta facendo una doccia, e potrebbe volerci un po' di tempo."
Ora, come faceva quel fantasma d'un uomo a sapere che le sarebbe piaciuto fare un cruciverba? Con la penna? Era il giornale del Sabato, con i cruciverba più difficili della settimana, e lei non esitò. Per qualche irritante ragione si sentiva come se Peter Jensen l'avesse sfidata, e lei era stanca e nervosa e voleva essere ovunque tranne che sull'enorme, pretenzioso yacht di Harry Van Dorn. Se non altro i cruciverba le avrebbero tenuto la mente lontano dall'acqua che la intrappolava.
Stava quasi finendo quando una delle porte del salone si aprì e una figura alta ne riempì lo spazio. Si era rivelato un cruciverba particolarmente difficile -- alla fine si era ritrovata a maledire Will Weng, Margaret Farrar e Will Shortz con freddo abbandono, ma posò il giornale e si alzò con serena dignità.
Solo per perderla quando l'uomo si avvicinò e lei si accorse che nuovamente si trattava solo di Peter Jensen. L’uomo lanciò un'occhiata al giornale ripiegato, e lei seppe che i suoi occhi miti avrebbero fissato i quadrati vuoti dell'unica parola che non era riuscita a trovare. "Il signor Van Dorn è pronto a riceverla, signorina Spencer."
Era dannatamente ora, pensò lei. Egli si spostò da una parte e lasciò che lo precedesse, e fu momentaneamente scioccante realizzare quanto fosse alto. Su quei ridicoli tacchi superava il metro e ottanta, e lui era comunque un po' più alto di lei. Avrebbe potuto riempire l'intera cabina, eppure sembrava esserci appena.
"Enigma," mormorò mentre lo oltrepassava.
"Mi scusi," disse lei, sconcertata.
"La parola che non è riuscita a indovinare. E' enigma."
Naturalmente era enigma. Lei controllò l'istintiva irritazione -- l'uomo le dava sui nervi per nessuna ragione evidente. Non avrebbe dovuto giocare questo ruolo ancora a lungo, ricordò a se stessa. Doveva far firmare le carte a Harry Van Dorn, flirtare un poco se necessario, e poi tornare al piccolo aeroporto e vedere se riusciva a prendere un volo un po’ prima.
Il sole era accecante quando uscì di nuovo sul ponte, e non c'era più modo di fingere di trovarsi di nuovo sull'isola con tutta quell'acqua che scintillava intorno a loro. Alzò lo sguardo sulla grande barca -- non un palazzo, bensì un transatlantico -- e seguì il passo sicuro di Peter Jensen fino a che non si fermò a metà nave.
Lei passò oltre, e poi quella nullità di assistente esecutivo venne congedato dalla sua mente nel trovarsi davanti a Harry Van Dorn, il milionario più sexy del mondo, in tutta la sua gloria.
"Zignorina Spenser," disse con il suo profondo e affascinante accento texano, alzandosi dalla poltrona. "Sono desolato di averla fatta aspettare! Ha fatto tutta questa strada fino qui solo per me e io le faccio fare anticamera mentre sono impegnato a riempire moduli. Peter, perchè non mi hai detto che la zignorina Spencer era qui?"
"Mi spiace, signore. Deve essermi sfuggito di mente." la voce di Jensen era neutra, priva di tono, ma lei si voltò a lanciargli comunque un'occhiata. Perchè mai non aveva detto a Van Dorn che era arrivata? Solo per farla arrabbiare? O era semplicemente Van Dorn che scaricava la colpa sul suo assistente come sapeva di poter fare? L'aveva visto fare spesso da sapere che questa era la norma.
"Non fa nulla," disse Van Dorn, avvicinandosi, prense la mano di Genevieve con il più naturale dei gesti e fece entrare nella cabina. Era chiaramente un uomo fisico, uno che amava toccare quando ci parlava. Era parte del suo carisma.
Sfortunatamente a Genevieve non piaceva essere toccata.
Ma aveva fatto cose peggiori per Roper, Hyde, Camui e Frederick, perciò aumentò l'intensità del suo sorriso e lasciò che la conducesse verso la panchetta di pelle bianca, congedando lo sgradevole piccolo uomo che l'aveva accompagnata lì. Tranne che non era così piccolo. Non aveva importanza -- se n'era già andato.
"Ora non faccia caso a Peter," disse Harry, e le si sedette appena un po' troppo vicino. "Tende ad essere molto protettivo con me, e pensa che tutte le donne siano a caccia del mio denaro."
"L'unica cosa di cui sono a caccia è la sua firma su alcuni documenti, Signor Van Dorn. Di sicuro non ho intenzione di rubarle più del tempo necessario..."
"Se non avessi tempo per una bella donna sarei proprio messo male," disse Harry. "Peter vuole semplicemente farmi lavorare sodo, mentre io desidero divertirmi. Temo che lui non attiri molto le donne. Io al contrario le attiro anche troppo. E lei è una cosina così deliziosa. Mi dica, di che segno è?"
Era riuscito a spiazzarla. "Segno?"
"Astrologia. Sono un uomo che tiene alle sue superstizioni. E' per questo che ho chiamato la barca Sette Peccati. Il sette è da sempre il mio numero fortunato. So che messe insieme tutte quelle fesserie new-age non significano niente, ma mi diverte scherzarci sopra. Perciò mi assecondi. Scommetto che è della bilancia. Sotto la bilancia nascono i migliori avvocati -- sempre pronti a giudicare e a bilanciare."
A dire il vero lei era del toro con ascendente in scorpione -- da ragazzine la sua amica Sally le aveva fatto l'oroscopo come regalo per il suo diciottesimo compleanno, e quello era uno dei pochi dettagli che le erano rimasti impressi. Tuttavia non aveva alcuna intenzione di deludere il suo ricco datore di lavoro.
"Come ha fatto a indovinare?" desse, mantenendo l'ammirazione nella sua voce a un livello credibile.
La risata di Harry fu calda e piacevole, e Genevieve stava iniziando a capire perchè la gente lo trovava così affascinante. People Magazine non aveva mentito -- era meraviglioso. Pelle molto abbronzata, chiari occhi blu contornati da rughe del riso, e una massa di capelli biondi schiariti dal sole che lo facevano assomigliare leggermente a un Brad Pitt leggermente trasandato. Emanava calore, fascino e sessualità, dal largo sorriso fanciullesco agli occhi scherzosi al corpo slanciato e muscoloso. Era bello, affascinante, e qualunque donna intelligente ne sarebbe stata interessata. E a Genevieve non avrebbe potuto importare di meno.
Tuttavia aveva un lavoro da fare, ed era consapevole che uno dei suoi ordini impliciti era quello di dare a questo cliente importante tutto quello che voleva. Non sarebbe stata la prima volta che prendeva in considerazione l'idea di andare a letto con qualcuno per ragioni d'affari. Sapeva molto bene cosa questo faceva di lei -- una donna pragmatica. Fino ad ora era riuscita ad evitarlo, ma presto o tardi avrebbe dovuto essere meno schizzinosa e più pratica. Se fosse accaduto di dover andare a letto con Harry Van Dorn solo per ottenere la sua firma su alcune carte e potersene andare di lì -- be', c'erano stati tanti compiti molto più onerosi che aveva dovuto eseguire mentre era alla Roper et co.
Tuttavia aveva colto l'antifona. Non si sarebbero dedicati alle questioni che doveva sottoporgli fino a che non avessero espletato tutte le amenità sociali, e con i texani potevano volerci ore, niente poteva mettere loro fretta.
"Non dia retta a Peter," continuò. "E' un ariete, con un oroscopo molto favorevole, o non lo terrei con me. 20 di aprile, per la precisione. E' di gran lunga dannatamente troppo tetro, ma sa il fatto suo."
"Lavora per lei da molto tempo?" indagò, chiedendosi quando Harry avrebbe tolto la mano dal suo ginocchio.
Belle mani -- grandi, abbronzate, perfettamente curate. Avrebbero potuto essere mani peggiori a toccarla. Come quelle del disgustoso Peter Jensen.
"Oh, sembra da una vita, anche se in realtà è con me da solo pochi mesi. Non so come facevo prima che arrivasse -- conosce più cose di me e della mia vita di quanto ne sappia io stesso. Ma lei sa come sono gli uomini -- diventano un po' possessivi nei confronti dei loro capi. Ma non voglio passare il pomeriggio a parlare di Peter -- è altrettanto interessante che stare a guardare l'erba che cresce. Parliamo di lei, graziosa fanciulla, e di quello che l'ha portata qui."
Lei fece per prendere la valigetta, ma Harry le coprì la mano con una delle sue e fece una risata. "Oh, al diavolo gli affari. Abbiamo un sacco di tempo per quelli. Intendo cosa l'ha portata a lavorare per un vecchio spregevole studio legale come Roper e company? Mi racconti della sua vita, cosa ama cosa odia, e soprattutto mi dica cosa vuole che il mio chef cucini per cena."
"Oh, ma non posso proprio fermarmi. Ho un aereo da prendere per il Costa Rica."
"Oh, ma non può proprio andarsene," Harry le fece il verso. "Sono annoiato, e so che i suoi consociati vorrebbero che mi compiacesse. Non sarò soddisfatto se non avrò qualcuno con cui flirtare a cena e qualcosa di grazioso da guardare. Quei pozzi di petrolio non si seccheranno nel giro di una notte -- non succederà niente se non firmerò immediatamente gli atti di trasferimento. Le prometto, firmerò le sue carte, e farò anche in modo che arrivi a Costa Rica, anche se non riesco a capire per quale ragione voglia andare in quel buco malsano. Ma nel frattempo, si dimentichi degli affari e mi racconti di lei."
Lei lasciò andare la valigetta, e dopo un momento lui lasciò andare la sua mano. Avrebbe dovuto sentirsi a disagio, ma lui si comportava talmente come un semplice cucciolo d'uomo, che desiderava qualcuno con cui giocare, che gli tirasse la palla, che lei non poté esserne irritata. Era innocuo, e lei poteva giocare per un po'. Fino a quando egli non avesse iniziato a montare la sua gamba.
"Qualsiasi cosa il suo chef abbia voglia di preparare," gli disse.
"E cosa beve? Un appletini, giusto?"
Ogni tipo di aperitivo le faceva rivoltare lo stomaco, anche se ne aveva buttati giù più di quanto ne sopportasse ai ricevimenti sponsorizzati dalla Roper ecc. I Cosmopolitans erano i peggiori, e tutti erano convinti che le piacessero. Il suo personaggio Sex and the City doveva essere molto convincente.
Ma lui era uno dei dieci uomini più ricchi del mondo occidentale, e poteva avere tutto quello che voleva. "Una Tab," gli disse.
Era riuscita a prenderlo alla sprovvista. "Cos'è una Tab?"
"Una soda molto difficile da trovare. Non importa, stavo solo scherzando. Prendo quello che prende lei."
"Sciocchezze. Peter!" non dovette quasi alzare la voce. Il suo assistente entrò nella stanza così silenziosamente che riuscì solo ad aumentare la sua sensazione di disagio. "Ho bisogno che mi trovi un tipo di soda chiamata Tab. Ne hai mai sentito parlare?"
"Sì, signore."
"Puoi trovarla? Sembra che sia la bibita preferita della Zignorina Spenser."
I pallidi occhi di Jensen scivolarono su di lei. "Naturalmente, signore. Può volerci un'ora o giù di lì ma sono sicuro che ne troveremo qualcuna."
"Va bene, allora. La zignorina Spenser si ferma per cena, naturalmente. Dì al cuoco che deve dare il meglio di sé."
"Temo, signore, che il cuoco se ne sia andato."
Questo bastò a cancellare l'affascinante sorriso dal bel volto di Harry. "Non essere ridicolo. E' con me da anni! Non se ne sarebbe andato senza neppure avvisarmi."
"Mi dispiace, signore. Non ho idea se le sue ragioni fossero professionali o personali, so solo che se n'è andato."
Van Dorn scosse il capo. "Incredibile! Questo è la quinta persona che lavora per me da anni che se ne va."
"La sesta, signore, se contate il mio predecessore." mormorò Jensen.
"Voglio che indaghi su questa cosa, Jensen," disse Harry con voce cupa. Ma poi tornò il suo sorriso solare. "Nel frattempo, sono sicuro che puoi trovare qualcuno che prenda il posto di Olaf e metta insieme qualcosa di meraviglioso per me e la mia ospite."
"Certamente."
"Non vorrei causare dei fastidi nel mezzo di una crisi domestica, " li interruppe Genevieve. "Davvero, lei potrebbe semplicemente firmare le carte e io me ne andrò..."
"Non se ne parla nemmeno," esclamò Harry. "Ha fatto tutta questa strada solo per me -- il meno che posso fare è darle da mangiare decorosamente. Pensaci tu, Peter."
Lei guardò l'assistente di Harry scomparire con una fitta di rimpianto. Non c'era verso di uscire da questa situazione. Se non altro, comunque, non aveva dubbi che sarebbe riuscito a recuperare sia una Tab che un cuoco a cinque stelle -- possedeva quel tipo di efficienza propria delle macchine. E Van Dorn stava riaccendendo il suo fascino texano -- in pochi momenti si sarebbe messo a parlare del suo caro vecchio papà -- e lei poteva tranquillamente mettersi comoda e ascoltarlo di buon grado. Al massimo si sarebbe annoiata a morte, ma c'erano modi peggiori di passare una serata.
Peter Jensen poteva muoversi con paurosa efficienza, anche nei panni di un perfetto assistente di manager. Gli ci era voluto molto più tempo per sbarazzarsi di Olaf che per gli altri, e aveva temuto di dover usare la forza, ma alla fine aveva portato a termine il suo lavoro e il cuoco aveva levato le tende con una giustificata arrabbiatura.
Non che gli fosse dispiaciuto usare la forza. Faceva quello che doveva, ed era molto ben addestrato. Ma preferiva la sottigliezza, e la forza bruta lasciava ferite e cadaveri e troppe domande. Alla fine Olaf se n'era andato, Hans era stato istruito ed era pronto ad entrare in scena, e stavano per fare la loro mossa ben pianificata.
La ragazza, tuttavia, era un problema. Avrebbe dovuto sapere che lo studio legale di Harry avrebbe mandato una donna giovane e bella per accontentarlo. Non sapevano abbastanza sui complicati appetiti di Harry da accorgersi che chiunque sarebbe andato bene. Le carte che aveva portato con sé erano un altro problema -- erano semplicemente una scusa o un mezzo per arrivare a qualcosa di più importante? Harry non era sembrato minimamente interessato, e comunque non lo sarebbe stato.
Doveva fare in modo che la donna lasciasse la barca, in fretta, prima che mettessero in moto il piano. Avrebbero avuto il via nei prossimi giorni, e non voleva nessun civile a mettersi in mezzo e a complicare le cose. La missione era relativamente semplice -- nulla che non avesse già fatto, e lui era molto bravo a fare quello che faceva, tuttavia il tempismo era tutto, come sempre.
Sapeva come lo chiamavano alle sue spalle. L'Uomo di Ghiaccio. Sia per il suo gelido autocontrollo, sia per la sua particolare abilità. Non gli importava come lo chiamavano, gli bastava completare il suo lavoro.
La signorina Spencer si stava mettendo sulla sua strada, e prima si fosse sbarazzato di lei, meglio sarebbe stato. Era un uomo che evitava danni collaterali, e non aveva intenzione di cambiare il suo modo di agire a questo punto, a prescindere dall'importanza della missione.
E mentre era al corrente solo di una parte delle Regole dei Sette, sapeva che questa era una missione davvero molto importante. La signorina Spencer doveva andarsene, prima che fosse troppo tardi. Prima che fosse costretto a ucciderla.
Ricordava i suoi occhi scuri mentre lo trapassavano. Non avrebbe dovuto menzionare il cruciverba -- quello era qualcosa che avrebbe potuto ricordare se qualcuno avesse iniziato a fare domande una volta che il lavoro fosse finito.
Ma no, aveva recitato la sua parte abbastanza bene. Lo aveva guardato ma non l'aveva visto, e quella abilità di rendersi invisibile costituiva la suo punto di forza.
Non era di alcuna minaccia per la loro missione. Era brillante e graziosa e all'oscuro di tutto, e prima che accadesse qualcosa di brutto sarebbe stata di nuovo nel suo piccolo mondo sicuro.
E non avrebbe mai saputo quanto vicina alla morte era arrivata.
Madame Lambert guardò fuori oltre i rami dell’albero spoglio fuori del suo anonimo ufficio in un anonimo palazzo vicino ai Kensington Gardens. Era magra, elegante, spietatamente chic, con pelle color panna e occhi freddi, senza età. Fissò gli alberi, cercando qualche segno di vita. Era Aprile, dopotutto, il tempo in cui tutte le cose tornavano a vivere.
Ma ci mettevano sempre di più in città, dove l'inquinamento rallentava i normali processi naturali. E per qualche ragione gli alberi e i giardini vicino agli uffici della The Spence-Pierce Financial Consultants, Ltd., stavano morendo. Se Madame Lambert fosse stata una persona più fantasiosa avrebbe pensato che si trattasse di una reazione di simpatia al vero lavoro che facevano. Spence-Pierce non era altro che una della dozzina di coperture per l'attività del Comitato, un gruppo così immerso nella segretezza che Isobel Lambert stava solo ora apprendendo alcuni degli intricati dettagli, e lavorava come capo da più di un anno.
Era Aprile, e il tempo stava scadendo. Le Regola del Sette era in atto, sostenuto dal brillante cervello di Harry Van Dorn e dalle sue risorse apparentemente senza limiti, e ancora non avevano la più pallida idea di cosa fosse. Solo che era letale.
Ed era compito del Comitato impedire alle cose letali di accadere. Non importava quanto alto il conto dei morti fosse stato.
Non aveva delle buone sensazioni su questo, e lei aveva imparato ad aver fiducia nel suo istinto. Peter era il migliore che avevano, un agente brillante che non aveva mai fallito una missione. Ma aveva la spiacevole sensazione che tutto quello stesse per cambiare.
Si riscosse, riportando l'attenzione alla intonsa scrivania di noce su cui c'era solo un blocco Clarefontaine e un penna nera. Per la sua stessa sicurezze, memorizzava ogni cosa, ma a volte sentiva semplicemente il bisogno di scrivere.
Scribacchiò qualcosa, poi lo guardò. Regola del Sette.
Cosa diavolo stava progettando di scatenare su un mondo ignaro Harry Van Dorn?
E sarebbe stato sufficiente ucciderlo per fermarlo?
This post's content is copyrighted by Anne Stuart and has been translated and published with her expressed authorization.
Il contenuto di questo post è protetto da copyright e è stato tradotto e pubblicato con l'espressa autorizzazione dell'autrice Anne Stuart.
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