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JO BEVERLEY : A LADY'S SECRET
Jo Beverley has accepted to be interviewed by us for the release of her latest novel, A LADYS' SECRET, and has authorised us to translate an excerpt of the book. Enjoy !
Jo Beverley ha accettato di venire intervistata da noi in occasione della pubblicazione del suo ultimo romanzo, A LADYS' SECRET, e ci ha permesso di tradurre un estratto del romanzo. Buona lettura!
"Extraordinary storyteller Beverley mixes witty repartee, danger and simmering sensuality with her strong and engaging characters, including a fetching Papillon, in this delightful, delicious gem of a book."
Joan Hammond, Romantic Times
A Lady's Secret is a Romantic Times Top Pick.
"La straordinaria narratrice Jo Beverley unisce battute spiritose, pericoli ed eccitante sensualità con personaggi forti ed intriganti, tra cui un grazioso cane Papillon, in questo romanzo che è una vera gemma, incantevole e deliziosa."
Joan Hammond, Romantic Times
A Lady's Secret è un Top Pick di Romantic Times.
The nun on the run and the rake on the make!
When Robin Fitzvitry, the fun-loving Earl of Huntersdown, encounters a cursing nun in a French inn, he can’t resist the mystery. He offers to help Sister Immaculata reach England, expecting only amusement on the tedious journey home from Versailles. Petra d'Averio is not exactly a nun, though she has spent years in an Italian convent with her widowed mother. Her mother’s death has left her in danger and she must find the only person who might protect her—her true father, an English lord who does not even know she exists. This gorgeous young aristocrat will be a dangerous ally, but she’s glimpsed her pursuers and must race to the coast. She will resist him, use him, and eventually escape him with virtue and secrets intact. She hopes….
La suora in fuga e il libertino in caccia!
Quando Robin Fitzvitry, lo spensierato Conte di Huntersdown, incontra in una taverna francese una suora che impreca, non può resistere all’enigma. Si offre di aiutare Sorella Immacolata a raggiungere l’Inghilterra, con il solo obiettivo di divertirsi un po’ durante il noioso viaggio di ritorno da Versailles alla madrepatria. Petra d’Averio non è esattamente una suora, benché abbia trascorso anni in un convento italiano con sua madre vedova. Ora che sua madre è morta, lei è in pericolo, e deve trovare l’unica persona che possa proteggerla – il suo vero padre, un lord inglese che non sa nemmeno che lei esiste. Questo giovane e affascinante aristocratico sarà un alleato pericoloso, ma lei si è accorta che qualcuno la sta seguendo e deve affrettarsi a raggiungere la costa. Quindi gli resisterà, lo userà, e alla fine lo lascerà con la propria virtù ed i propri segreti intatti. O, almeno, così lei spera…
INTERVIEW - INTERVISTA
- Can you tell us a bit about your last latest release, A LADY’S SECRET? On your website you define it as "a novel of the Malloren world", is it to be considered as part of the Malloren saga?
The Malloren family, as in Lord Rothgar and his brothers and sisters, are all happily settled now, but I want to continue to tell stories in that world, which means my fictional 1760s in which they exist. ALS is set in that world, and it does have a Malloren connection which is revealed as the novel progresses.
- Ci puoi dire qualcosa sul tuo ultimo libro, A LADY’S SECRET? Sul tuo sito internet lo definisci come “un romanzo del mondo dei Malloren”, deve essere considerato come parte della saga Malloren?
La famiglia Malloren, ovvero Lord Rothgar ed i suoi fratelli e sorelle, ormai è tutta felicemente accasata, ma intendo continuare a scrivere romanzi ambientati in quel mondo, cioè in quel 1760 che ho creato nella mia immaginazione, e in cui essi vivono. ALS è ambientato in quel mondo, e c’è un collegamento con i Malloren che sarà svelato man mano che la storia va avanti.
- ALS features some Italian characters and settings, which is quite peculiar since usually historical romances are England - centred. Can you tell us a bit more about that, and the reason for this choice?
The reason for the choice is the backstory of Petra D'Averio, who is Italian born with with an English father. That was necessary for the story. It required research, of course, and I can't thank you enough, Maria Rosa, for your generous help. I'm sure some errors remain, because as an Englishwoman I see many small errors in books set in England, even when the author has done her best to get everything right.
I originally thought Petra would come from Venice, and I can't remember now why it turned out to be Milan, but sometimes there are basic truths to a story that can't be altered, and that was one of them.
Of course none of this book takes place in Italy. It begins in Northern France, in Abbeville, and progresses from there to England, but the roots of it are in Italy.
- In ALS ci sono alcuni personaggi ed ambientazioni italiane, cosa che è piuttosto particolare visto che di solito i romanzi storici parlano dell’Inghilterra. Ci puoi dire qualcosa in più su di questo, e sulle ragioni della tua scelta?
La ragione di questa scelta è il passato di Petra d’Averio, che è nata in Italia da padre inglese. Era necessario per la storia. Ci sono volute delle ricerche, naturalmente, e ti ringrazio molto, Maria Rosa, per il tuo generoso aiuto. Sono certa che qualche errore m’è sfuggito comunque, perché io che sono inglese riesco a vedere molti piccoli errori nei libri ambientati in Inghilterra, anche quando l’autrice ha fatto del proprio meglio per avere la massima accuratezza.
All’inizio avevo immaginato che Petra fosse di Venezia, ed ora non riesco a ricordare perché abbia invece deciso per Milano, ma a volte ci sono dei fatti fondamentali di una storia che non possono essere modificati, e questo è uno di quei fatti.
Non ci sono parti del libro ambientate in Italia, certo. La storia inizia nella Francia del nord, a Abbeville, e da lì si sposta in Inghilterra, però ha origine in Italia.
- Is England and especially Regency England really that much of a "comfort setting" for historical romance writers and readers? And if yes why is that so, in your opinion?
England and Scotland, yes. I think we're mostly talking about American readers and they sort of understand England and Scotland because American history grows out of those places, and the literature is still what is taught in schools --Shakespeare, Milton, Tennyson, Austen, Dickens etc.
Not that long ago, the British middle ages was very popular in historical romance, but it's fallen out of favor, perhaps because many readers see it as brutal, dirty, and unpleasant. The Regency, on the other hand, seems almost like life today, but in different clothes.
Many European countries seem strange to them because they aren't familiar with the language, the history, or the culture. If I generalize, I can say that romance readers read for the story. They want a rich setting for that story, but they don't want to have to learn too many new things to understand it, because that's not what it's about. It's also probably why fantasy romance set in made-up worlds has never done very well in romance. Fantasy set in today's world, with magic, vampires etc, does so much better.
- L’Inghilterra, ed in particolare l’Inghilterra del periodo Regency, sono davvero diventate “l’ambientazione consueta” per le scrittrici e le lettrici di romance? E se sì, perché, secondo te?
L’Inghilterra e la Scozia sì, lo sono davvero. Penso che stiamo parlando soprattutto delle lettrici americane, e loro, entro certi limiti, capiscono l’Inghilterra e la Scozia, perché la storia americana ha le sue origini in quei luoghi, e la letteratura è ancora quella che si insegna a scuola- --Shakespeare, Milton, Tennyson, Austen, Dickens etc.
Fino a non molto tempo fa, il Medioevo inglese era molto popolare nei romanzi storici, ma è passato di moda, forse perché molte lettrici lo vedono come brutale, sporco e sgradevole. Il periodo Regency, d’altra parte, sembra quasi come la vita nel mondo di oggi, ma in abiti diversi.
Molte nazioni europee sembrano loro strane, perché non hanno famigliarità con la loro lingua, storia e cultura. Generalizzando, potrei dire che le lettrici di romance leggono per la storia. Vogliono un’ambientazione ricca per la storia che viene raccontata, ma non vogliono dover imparare troppe cose nuove per poterla seguire, perché non è quello che loro importa davvero. Questa è probabilmente la ragione per cui il fantasy romance ambientato in mondi immaginari non ha mai avuto molto successo. Ne ha molto di più il fantasy ambientato nel mondo di oggi, con la magia, i vampiri, etc.
- The plots of your Georgian novels are often adventuresome, and judging by the excerpt A LADY’S SECRET seems not to be an exception to the rule... is this a choice you make on purpose?
Not really. In fact I often try to have a storyline without villains and violence, but it rarely works out that way. The Georgian period seems to encourage wild behaviour and mayhem, and I think that is realistic. It was venturesome, and also many places were unruly with corrupt administrators. More things were possible for both villains and heroes.
- Le trame dei tuoi romanzi georgiani sono spesso avventurose, e, a giudicare dall’estratto, A LADY’S SECRET non fa eccezione alla regola… E’ una scelta che fai di proposito?
Non proprio. In effetti, provo spesso a creare trame senza farabutti e senza violenza, ma raramente è così che finiscono le cose. Il periodo georgiano sembra incoraggiare i comportamenti sfrenati ed il caos, e ritengo che ciò sia realistico. Era un’epoca avventurosa, e molte località erano turbolente per colpa di governanti corrotti. C’erano più possibilità, sia per i farabutti che per gli eroi.
- To what extent does the historical setting influence plots and characters in your novels?
It has to, for the reasons above. In fact this story idea began as a Regency, but I soon found I couldn't have believable adventures in England then, because the main roads were too good, which meant fast travel, and the rule of law was fairly firm, which really limited the possibilities.
The move to the 1760s and France opened things up. And that meant Robin was coming back from Versailles, which meant he's a courtier, and Petra is a nun not governess, and it all spun out from there.
I do hope my Italian readers will particularly enjoy A Lady's Secret and forgive any small lapses that have slipped by.
- Fino a che punto l’ambientazione storica influenza le trame ed I personaggi dei tuoi romanzi?
Deve farlo per forza, per le ragioni che ho descritto sopra. In effetti, inizialmente avevo pensato a questo romanzo come Regency, ma presto mi sono resa conto del fatto che non potevo avere avventure credibili nell’Inghilterra di quei tempi, perché le strade principali erano troppo buone, il che significava viaggi veloci, ed l’autorità della legge era abbastanza ben consolidata, cosa che davvero limitava le possibilità. Spostare la storia al 1760 e in Francia ha permesso tutta una serie di nuove aperture. Ad esempio, ha comportato il fatto che Robin stesse tornando da Versailles, il che implicava che fosse un uomo di corte, e che Petra fosse una suora, ma non una bambinaia – e da lì in poi, tutto è venuto di conseguenza.
Spero che le mie lettrici italiane apprezzeranno ALS in modo particolare, e perdoneranno le piccole sviste che mi sono sfuggite.
EXCERPT - ESTRATTO
Luglio 1764
Taverna Tête de Boeuf,
Abbeville, Francia
Ad un uomo non capita spesso di sentire una suora che impreca.
Robin Fitzvitry, Conte di Huntersdown, stava finendo di pranzare ad un tavolo accanto alla finestra, quindi aveva una vista eccellente della donna fuori nel cortile. Non potevano esserci dubbi. Stava imprecando sottovoce, ed era una suora. La donna se ne stava sotto il corridoio esterno coperto che dava accesso alle camere del piano di sopra, cosicché il suo abito grigio si confondeva con le ombre, ma quella che indossava era di sicuro una veste da suora, o lui era una madre badessa. Il semplice abito era stretto alla vita con un pezzo di fune, ed un velo scuro le copriva il capo e le scendeva giù lungo la schiena. Aveva perfino un lungo rosario di legno che le pendeva dalla cintura, e forse portava dei sandali. Gli dava le spalle, ma gli sembrò che fosse giovane.
“Maledizione!” sbottò la donna. In italiano?
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Quel frivolo mucchietto di pelo di nome Coquette finalmente si rese utile. Il cagnolino Papillon si divincolò e mise le zampe davanti sul bordo della finestra, per vedere cos’era a causare quel rumore. La sua coda soffice spazzò il mento a Robin, dandogli la scusa per piegarsi verso destra. Sì, una suora di sicuro. Cosa ci faceva una suora italiana nella Francia del nord, si chiese Robin con crescente divertimento, e intenta a imprecare contro il diavolo, nientemeno?
“Allora, sir, proseguiamo?”
Robin si girò verso Powick, il suo domestico inglese di mezz’età, che sedeva dall’altra parte del tavolo accanto a Fontaine, il suo giovane valletto francese. Powick era massiccio e aveva la pelle scurita dagli anni, Fontaine era snello e pallido. Erano tanto diversi nel carattere quanto lo erano nell’aspetto, a ma a Robin andavano bene entrambi, ognuno a modo suo.
Proseguire? Ah sì, stavano discutendo se prendere una stanza lì per la notte, oppure proseguire in direzione di Boulogne e dell’Inghilterra.
“Non ne sono sicuro,” disse Robin.
“Non sono passate da molto le tre, sir, “ fece notare Powick. “C’è ancora luce a sufficienza per viaggiare per un bel pezzo, di questa stagione.”
“Ma un temporale trasformerebbe le strade in un pantano!” esclamò Fontaine. “Potremmo restare bloccati in mezzo al nulla.”
Probabilmente aveva ragione, ma lui voleva anche restare in Francia il più a lungo possibile. Robin aveva convinto il valletto a lasciare il servizio di un principe offrendogli un cospicuo salario e molti privilegi, ma anche dopo tre anni, Fontaine rabbrividiva ogni volta che doveva tornare in Inghilterra. Powick, che era al servizio di Robin da vent’anni, brontolava per tutto il tempo che erano in Francia.
“Pensate a quel gruppo che è appena arrivato,” disse Powick, giocando una carta molto pesante.
Una berlina sovraccarica era appena entrata ondeggiando nel cortile della taverna e aveva rigurgitato una frotta di bambini chiassosi, rincorsi dalla loro madre che strillava. Il gruppo aveva salito di corsa le scale, ed ora gli inservienti stavano scaricando i loro bagagli. Sarebbero rimasti per la notte, e oltre, i bambini avrebbero continuato a far chiasso e la loro madre a strillare.
In inglese. Essendo un gruppo di inglesi avrebbero cercato di fare la sua conoscenza. Robin era un tipo socievole, ma voleva essere lui scegliersi le proprie compagnie. Il rumore di qualcosa che si spaccava ed uno strillo di rabbia avrebbero dovuto farlo decidere, ma lui guardò di nuovo fuori. Sua madre spesso gli aveva predetto che la curiosità gli sarebbe costata la vita, ma che ci poteva fare? Era la sua natura.
"Sei d’accordo, vero?” disse Robin a Coquette, che girò le sue enormi orecchie e dimenò la coda pelosa.
“D’accordo che partiamo?” chiese Powick.
“D’accordo che restiamo?” chiese Fontaine.
“D’accordo che dobbiamo dare un’occhiata fuori,” disse Robin raccogliendo il cane ed alzandosi. “Vedrò meglio com’è il tempo, e chiederò consiglio alla gente del posto.”
Detto ciò, si alzò, infilando Coquette nell’ampia tasca del soprabito, cosa che parve farle piacere. Era un bene che a lui piacesse vestirsi comodamente per i viaggi, perché la moda del momento prediligeva soprabiti attillati assolutamente privi di tasche degne di questo nome.
Si avvicinò alla figura ora silenziosa, chiedendosi che lingua usare. Il suo italiano era appena passabile, ma il suo francese era perfetto, ed erano in Francia.
“Posso aiutarvi, sorella?” chiese in quella lingua.
Lei si girò di scatto, e lui trattenne il fiato.
Stava guardando un viso stupefacente. Era ovale, ma la stretta cuffia bianca che portava sotto il velo grigio scendeva giù a punta fino ad arrivarle quasi alle sopracciglia. Il sottile merletto le incorniciava il volto ed era legato sotto il mento, dandogli una forma a cuore che sembrava studiata per mettere in risalto i grandi occhi scuri e le labbra piene e morbide, che non avevano nessun bisogno di ulteriore risalto. Che vescovo folle aveva inventato quel copricapo? Certamente, nessuna madre superiora l’avrebbe mai fatto.
Aveva la carnagione chiara, cosa che lui supponeva piuttosto comune nel chiostro, ma risplendente di salute, perfetta come i petali di rosa color panna che cadevano da un muro lì accanto. Aveva il naso dritto, con piccole fossette appena sopra le narici, e quelle labbra…
Robin inspirò a fondo. Quelle labbra erano fatte per i baci, non per i confessionali. Ed era giovane. Non poteva aver passato da molto la ventina.
Lei strinse quelle labbra in una linea decisa. “Grazie, monsieur, ma non mi serve aiuto,” disse, e gli voltò le spalle.
Buon francese, ma non da madrelingua, e la gente di solito impreca nella propria lingua natale. Italiana, di sicuro. Che diavolo ci faceva una suora italiana nella Francia del nord, da sola?
Si mosse fino ad entrare nel suo campo visivo, sfoderando il suo sorriso più disarmante. “Sorella, non ho cattive intenzioni, ma non posso certo ignorare una dama in difficoltà, specialmente una Sposa di Cristo.”
Lei fece per girarsi di nuovo, ma poi si fermò e lo studiò in modo decisamente diretto. Robin trattenne un sorriso. Messa insieme alle imprecazioni, la cosa dimostrava che quella che aveva di fronte a lui non era una vera suora, ma un’avventuriera travestita.
E pensare che si era annoiato.
“Permettete che mi presenti, Sorella,“ disse con un inchino. “Mr. Bonchurch, gentiluomo inglese al vostro totale servizio.” Si sentì leggermente a disagio di fronte a una bugia così diretta, ma usava sempre un nome falso quando viaggiava in Francia. Il suo vero nome e il suo titolo causavano chiacchiere, e a volte la gente per poco non aveva addirittura avvisato i dignitari locali, così che lui sarebbe stato infastidito da visite e inviti. E questo, dopotutto, era un semplice divertimento en route.
La suora continuò a studiarlo, come facendo dei calcoli. Prima che lei decidesse se dirgli il proprio nome, dei passi secchi risuonarono nel corridoio di legno soprastante e quella voce stridula strillò, “Sorella Immacolata! Sorella Immacolata! Dove diamine siete?”
“Sorella Immacolata, suppongo,” disse Robin con un sorriso.
Lei alzò lo sguardo, con aria minacciosa. “Quante suore erranti pensate possano esserci?”
“E siete arrivata nella berlina…”
“Sorella Immacolata!”
Lei borbottò qualcosa, ma disse, “Devo andare.”
Lui si mosse per fermarla. “Siete la bambinaia? Le mie condoglianze.”
“No.” Lei lo interruppe con un gesto secco della mano che era palesemente italiano. “Ma la bambinaia si è ammalata ad Amiens, e la cameriera di milady l’ha abbandonata a Dijion. Ora resto solo io.”
“Sorella! Sorella! Venite qui immediatamente!”
“Non c’è da stupirsi che steste maledicendo contro la sorte.” Robin fece un cenno indicando un passaggio ad arco lì accanto. “Se andassimo di là, nessuno ci vedrebbe e potremmo discutere della vostra liberazione a questa orribile prigionia.”
”Non c’è niente da discutere.”
Lei accennò di nuovo andarsene.
Di nuovo, lui le bloccò la strada. “Parlare non fa mai male.”
La suora sia accigliò, ma con aria pensosa più che arrabbiata. Ad un altro strillo, fece con le sue mani eloquenti un gesto esasperato e si affettò attraverso il passaggio ad arco. Robin la seguì, ammirando i suoi movimenti agili e leggeri. Era così deliziosamente piena d’energia, e la cosa era forse ancora più stupefacente visto che era infagottata in un grigio informe.
Il suo velo grigio strusciò contro una rosa sfiorita, disperdendone i petali tranne uno che vi rimase impigliato. Quando lui glielo tolse dal velo, la donna si girò di scatto per fronteggiarlo, alzando una mano per puntargli un dito contro oppure per schiaffeggiarlo.
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Lui le mostrò il corpo del reato. Lei si calmò, ma Robin iniziò a eccitarsi. C’era stato un brivido di consapevolezza al suo lievissimo tocco, e ora aveva le guance soffuse di rosa. Non era una suora. Lui schiacciò il petalo tra le dita e l’invitò a odorarne il profumo, ma Coquette, quella civetta gelosa, guaì.
Sorella Immacolata indietreggiò, poi lo fissò. “Cos’è stato?”
“Une Coquette,” disse lui, perché in francese significava, ‘una cosetta da nulla’. “Lasciate perdere.”
Invece lei tese una mano per accarezzare la testolina della bestiola. Robin era abituato a quel tipo di reazioni. Dopotutto, aveva comprato Coquette per sedurre una dama a Versailles, dove quella razza di cani era di gran moda. Tirò fuori il cane, pronto ad usare qualunque mezzo.
“Che carino!”
“Permettetemi di farvene dono.”
Lei arretrò, accigliata.” Come siete duro di cuore.”
“Soddisfare ogni desiderio delle dame è la mia missione nella vita.” La fissò sorridendo. “Entrate nella taverna, sorella Immacolata, e ditemi qual è la vostra.”
Lei inspirò con un sibilo. Si era spinto troppo in là, tropo in fretta? Ma un altro strillo di milady la convinse a girare e ad affrettarsi ad attraversare l’arco. Il passaggio portava ad un piccolo giardino, da cui un’altra porta si apriva sulla sala d’ingresso della taverna.
“Troppo in vista,” disse lui, toccandole il braccio per guidarla in quel che sembrava un salotto vuoto. Lei si mosse di scatto in avanti per sfuggire al suo tocco. Robin la seguì, ma non chiuse la porta. Non ancora. C’era una vecchia favola su una principessa ed un pisello. In genere lui aveva notato che una simile sensibilità al suo tocco indicava che una donna era stata istruita al piacere.
“Ora, sorella,” disse lui con gentilezza, “quali sono i vostri desideri?”
“Smettetela di dire queste cose. Non state mostrando rispetto per il mio abito.”
“E’ un indumento così orrendo,. Ma,” aggiunse sollevando la mano libera in segno di pace,” intendevo solo i vostri desideri circa la situazione in cui vi trovate. La cameriera della signora se n’è andata. La bambinaia se n’è andata. Siete voi l’unica serva alle dipendenze della lady che strilla.”
Come lui aveva previsto, i passi secchi di qualcuno che portava scarpe con tacchi alti tamburellarono giù per i gradini fino al cortile della taverna, e a quel punto le domande ricominciarono.
“Qual è il nome della vostra signora?”
"Lady Sodworth." Le parole inglesi, pronunciate con un fluido accento italiano, suonavano come un’altra imprecazione.
Robin non riconobbe il titolo Sodworth, e la haut vollée britannica era il suo mondo. Altri impostori? Poteva essere un qualche strano complotto?
“Qual è esattamente la vostra posizione nei confronti di milady?” le chiese, studiandola.
“Dama di compagnia. Ma adesso, e lei si aspetta da me che io faccia di tutto.”
“E state sopportando milady fin da…?”
“Milano.”
“Perché?”
Quella semplice domanda sembrò costituire per lei una sfida.
“Avevo le mie ragioni per recarmi in Inghilterra, e mi serviva compagnia femminile.”
Attraverso la finestra aperta, lui poteva sentire la lady fare la predica ad uno stalliere in un francese atroce.
“Mi sembra alto, come prezzo.”
“Milady sta vivendo un momento di grande tensione.”
“Tensione che sospetto sia interamente di sua creazione. La sua sola voce metterebbe gli angeli in fuga.”
Un altro rapido gesto di quelle mani dalle dita sottili. “Non ho scelta. Devo andare a calmarla.” La donna si diresse verso la porta.
“Siete diretta in Inghilterra?”
“Sì.”
“Allora potrei portarvici io.”
Lei si girò per fronteggiarlo. “Naturalmente no.”
“Perchè no?”
“Perchè siete un uomo.”
“Un uomo molto sicuro.”
Lei sbuffò incredula. Ma non proseguì per la sua strada.
“Davvero, Sorella Immacolata, un uomo come me non può aggiungere il tradimento del vostro sposalizio con Dio ai propri peccati. Ma forse salvare una delle sue spose potrebbe fagli cancellare qualche anno di Purgatorio?”
“Pensate che io sia un’idiota, sir? Voi non siete un uomo di cui una donna possa fidarsi.”
“Al contrario, è la bestia affamata ad essere pericolosa. Sono alla vostra mercé, Sorella, perché le dame di Versailles mi hanno esaurito.”
Il rossore che si soffuse le guance della suora gli diede un senso di ebbrezza, ma lo sguardo di lei non vacillò. “Resterete qui stanotte?”
Lui sapeva qual era la risposta che serviva dare. “No.”
Lady Sodworth ora era all’interno della taverna, e la sua voce perentoria affettava l’aria come una sega. Al piano di sopra, qualcosa si ruppe di schianto, forse addirittura una finestra.
La suora errante fece per nascondersi dietro la porta. “Viaggerete veloce?” sussurrò.
“Veloce quanto me lo permetteranno strade e cavalli.”
“Mi promettete, sir, sulla vostra anima immortale, che farete in modo che io arrivi sana e salva a Londra?”
Sana e salva erano termini ambigui. Robin li ridefinì mentalmente come gli tornava più comodo e disse, “Lo prometto.” Poi sorrise. “Una frase degna di matrimonio, davvero.”
L’espressione di lei si irrigidì. “Siete affascinante e pieno di malizia, Mr. Bonchurch, e siete abituato a donne che vi cadono tra le braccia come frutti maturi, ma vi assicuro che questo con me non avverrà. Non voglio vostre proteste quando arriveremo a Londra e voi vi ritroverete insoddisfatto nei vostri desideri lussuriosi.”
“Nemmeno una,” promise, deliziato. “Ma vi rendete conto che questo costituisce una sfida?”
”Una che vincerò di certo. Come dite voi, non potete permettervi di tradire il mio sposalizio con Dio. Avete una carrozza?”
“Un calesse. Devo solo ordinare di attaccare i cavalli.”
“Eccellente. Ma sarebbe anche meglio se entrassi nel vostro calesse adesso, non credete?”
“Siete una cospiratrice proprio del tipo che preferisco, Sorella, ed avete ragione. Il prossimo passo della vostra Lady Sodworth sarà farvi cercare per tutta la taverna.”
Come per confermare i suoi pensieri, un taverniere seccato infilò la testa nella stanza. Robin tirò fuori una moneta d’oro, l’uomo la vide, annuì, e corse via. Robin aprì la finestra e guardò fuori il sentiero che correva lungo un lato della taverna. “Il campo è libero.” Spostò una sedia sotto il davanzale.
Lei esitò, ma poi si affrettò ad arrampicarsi agilmente fuori, mostrandogli i sandali e le caviglie nude. Lui tolse la sedia e la seguì sorridendo. “Da questa parte,” disse, indicando il retro della taverna.
Entrarono nel cortile vicino al calesse di Robin, che se ne stava con le stanghe posate a terra, in attesa di un'altra coppia di cavalli. Lui fece segno alla sua avventuriera di sbrigarsi e l’aiutò a salire dentro. Un altro tocco, un altro brivido. La donna non era in una posizione comoda nel calesse inclinato, ma ce la fece.
“Ordinerò i cavalli.”
Ma lei improvvisamente si strinse le mani l’una contro l’altra e le sollevò alle labbra. “No, non posso. Mi servono le mie cose, il mio baule da viaggio.”
“Vi comprerò tutto quel che vi serve.”
“Non mi indebiterò con voi fino a questo punto.”
Lui si strinse nelle spalle. “Dov’è il vostro baule?”
“Era nel bagagliaio della berlina, ma forse è stato portato dentro.”
Robin tornò a studiare la carrozza. C’erano delle valige impilate sulla cima del grosso veicolo a quattro ruote, ma non erano quelli da prendere. Il bagagliaio era aperto ed era già stato vuotato per metà. Mentre guardava, un uomo uscì dalla taverna, afferrò due fagotti, e li portò dentro. Lenzuola? Robin avrebbe potuto dire a lady Sodworth che la biancheria al Tête de Boeuf era pulita e fresca di bucato, ma dalle urla che lei emetteva, non l’avrebbe ascoltato.
“Com’è fatto il vostro baule?” chiese.
“Semplice legno con cinghie nere. Una targhetta di bronzo con una croce e la sigla SMI.”
“Ci penso io. Non fatevi vedere.”
Abbassò gli scuri della finestra all’interno del calesse e fece per chiudere la porta, ma si accorse di avere ancora Coquette. La depositò sulle ginocchia della suora. “Discutete dei vostri desideri,” disse, e chiuse la porta. Scrutò tutt’intorno a sè, ma non vide pericoli mentre si dirigeva verso la berlina. Al suo interno c’era il bauletto della suora.
Due uomini uscirono e scaricarono un baule più bello, ricoperto di cuoio, e lo portarono via. Robin decise che i suoi uomini gli servivano in ogni caso, entrò nella taverna e fece loro cenno che lo seguissero. Quando lo raggiunsero, spiegò loro la situazione e diede loro gli ordini.
Fontaine – sospirando, poiché stavano andandosene – si nascose, pronto a distrarre i facchini se fosse stato necessario, mentre Powick, sospirando per la nuova bravata di Robin, tirò fuori il bauletto, se lo mise sulla spalla, e lo trasportò sul calesse.
Essere suora o non essere suora, ecco il dilemma. Quello era un baule molto semplice, da suora, ma anche se Sorella Immacolata era autentica, stava in ogni caso progettando qualcosa di strano. In due giorni di viaggio avrebbe dovuto essere in grado di scoprire tutti i suoi segreti.
Powick stava facendo spazio nel bagagliaio per il baule. Robin si girò per dire a Fontaine che la via era libera.
“Ehi, voi!”
Robin si girò per fronteggiare una donna furibonda. Doveva essere Lady Sodworth, ma la sua voce aspra non si accordava col suo aspetto, perchè era minuta, tutta coperta di nastri, e graziosa perfino se di malumore.
“Avete visto una suora passare di qui?” chiese la donna nel suo cattivo francese, apparentemente senza rendersi conto che lui era gentiluomo, figuriamoci un inglese.
Robin si guardò intorno con aria stupita. “Qui, madame?”
“Da queste parti, imbecille!”
Lui si strinse nelle spalle, con un gesto di malizia tutta gallica. “Se vi serve una suora, madame, non dovreste andare in un convento?”
“Idiota!” sbottò lei in ingles,e e corse via, continuando la sua ricerca frenetica. Un’altra Coquette, e con un carattere peggiore. Robin si chiese che uomo l’avesse sposata, malgrado il suo bell’aspetto. Cercò di nuovo nella sua memoria un Lord Sodworth, ma era sicuro che non ne esistesse nessuno. Quindi, era un cavaliere o un baronetto, e probabilmente uno di nuova nomina. Ottimo. Questo rendeva improbabile che potesse incontrare Lady Sodworth in futuro.
Prese Fontaine e si avviò verso il calesse, mentre gli stallieri stavano attaccando i cavalli sotto lo sguardo scrutatore di Powick. Aveva fatto lo staffiere in gioventù, e conosceva il mestiere.
Era stato Powick a mettere Robin sul suo primo pony, ed in seguito era diventato il suo istruttore per l’equitazione, la caccia, la pesca e tutti gli sport all’aria aperta. Col tempo era diventato una specie di braccio destro tuttofare di utilità infinita. Avendo seguito Robin dall’infanzia fino all’età adulta, comunque, pensava ancora di essere lui a tenere le redini. Perfino il fatto che Robin fosse diventato conte un anno prima non l’aveva convinto del fatto che fosse in grado di badare ai propri affari da sè.
“La suora viene con noi, sir?” chiese in tono minaccioso.
“E’ una dama in difficoltà. Che vorresti che facessimo?”
”Io la riporterei dalla sua padrona, sir.”
“Anch’io,” disse Fontaine. “Nel calesse non c’è spazio per tre.”
“Ecco perchè,” disse Robin, “tu viaggerai a cavallo.”
Il valletto normalmente viaggiava in carrozza. “Impossibile. Potrebbe piovere.”
“Consideralo come un favore che mi farai, in cambio di tutte quelle volte in cui io ho cavalcato e tu hai avuto il calesse tutto per te.”
“Non sotto la pioggia, sir,” protestò Fontaine.
“Sir… “protestò Powick, per altre ragioni.
“I miei propositi sono del tutto innocenti,” insisté Robin. “La santa donna deve raggiungere l’Inghilterra, e davvero volete che l’abbandoni a quell’arpia?”
“Se il tempo si mette al brutto, potremmo passare dei giorni interi per strada. Giorni, e notti.”
“E lei avrà una stanza tutta per sé, lo prometto.”
“Il tempo…” ritentò Fontaine.
Robin trattenne a stento l’impazienza. “Dobbiamo soltanto arrivare alla prossima stazione di posta. Qual è – Montreuil?“
"Nouvion," disse Powick.
"E’ lo stesso. Basta che ce stiamo alla larga dai Sodworthy. Muoviamoci."
Alla fine la sua parola era legge, cosicché presto Fontaine e Powick montarono a cavallo. Un postiglione prese posto alla guida dei cavalli del calesse, e Robin prese in consegna il cestino di cibo e vini che aveva ordinato prima. Aprì la porta, strizzò l’occhio alla suora nell’ombra, e posò il cestino sul pavimento del calesse. Coquette saltò fuori per fare i suoi bisogni.
Quando il cane ebbe finito, Robin si guardò intorno, non vide problemi, e mise il cane nel calesse. Coquette saltò in grembo a Sorella Immacolata.
“Se pensi di ingelosirmi,” Robin disse al cane mentre prendeva posto accanto alla suora sull’unico sedile, “sappi che dame più belle di te hanno tentato, e fallito.”
La suora accarezzò il cane, e la piccola peste sembrò gongolare. Il calesse si avviò dondolando sulla strada per Boulogne, lasciandosi alle spalle baccano e strilli.
“Ecco la tranquillità, finalmente,” disse Robin.
“Potete promettermelo?”
“Se è questo il vostro vero desiderio.” La reazione di lei alla parola ‘desiderio’ sembrò uno stanco sospiro. Benissimo, non era pronta a giocare.
“Devo confessare,”disse lui, “ che ho dovuto sopportare giorni e giorni di tranquillità. Speravo che voi vi avreste posto rimedio. Ma non in modo malizioso, Sorella. Vedete, vi ho perfino procurato compagnia femminile.”
Lei guardò in basso. “E’ una femmina?”
“Con un nome come Coquette, farà meglio ad esserlo.”
“Perché non vi piace?”
Robin si strinse nelle spalle. “Posso sopportare le donne piccole e frivole, ma non i cani piccoli e frivoli.”
“Allora perchè l’avete presa, povera bestiola?”
“Visto che ha un collare d’oro e di perle, tutto è fuorché povera.”
Lei guardò il collare. “E’ autentico? Perchè?”
“Voi raccontatemi la vostra storia, ed io vi racconterò la mia.”
La suora gli diede un’occhiata sarcastica e si girò, come affascinata dai sobborghi di Abbeville. Quindi, aveva davvero dei segreti, e in qualche modo dovevano essere collegati alla ragione per cui aveva accettato il suo invito. C’era tempo. Per farla star più comoda, si rincantucciò nel suo angolo e allungò le gambe, aumentando lo spazio che c’era tra di loro sul sedile.
“Potete ancora cambiare idea, Sorella. Possiamo riportarvi da Lady Sodworth."
Lei chiaramente ci pensò sopra prima di dire, “No, grazie.”
“Allora forse vorrete tornare al vostro convento.”
Lei si girò, accigliandosi. “Vorreste riportarmi a Milano?”
“Sono ricco. Non mi causerebbe disturbo.”
“Siete un pazzo!”
“Che peccato che dobbiate sprecare il vostro tempo con me, allora.”
La sua reazione sembrò di irritazione piuttosto che di paura. “Non sembrate ricco.”
“Sono una persona modesta, e non lo ostento.”
“Se davvero siete ricco, potreste organizzare il mio viaggio a Londra in modo più rispettabile.”
“Ma che vantaggi ne avrei?”
“E da questo che vantaggi ne avete?”
“Mi diverto.”
Forse lei aveva stretto troppo forte la mano, perchè Coquette saltò giù con un balzo, offesa. Il cane considerò Robin, ma poi si acciambellò sul suo cuscino di velluto rosa.
“Sono la vostra fonte di divertimento?” chiese Sorella Immacolata.
“Naturalmente. Davvero volete che paghi degli estranei per scortarvi in Inghilterra?”
“Voi siete un estraneo.”
Questo strappò a Robin una risata. “E’ vero. Ma mi sono assunto la responsabilità della vostra persona, vedete, così adesso l’onore richiede che provveda personalmente alla vostra sicurezza.”
Questo creò un silenzio intrigante e carico di significati.
“Dov’è che intendete cercare rifugio, Sorella Immacolata?”
“In Inghilterra.”
“In un luogo specifico?”
“Non è affar vostro, sir.”
“Vi devo portare a Dover e lasciarvi lì? Penso proprio di no. Parlate inglese, almeno?”
Lei sorrise e rispose in quella lingua. “Perfettamente.”
Lui le fece la domanda seguente in inglese. “Dove progettate di andare, una volta in Inghilterra?”
“Londra. All’inizio, almeno.”
Ah, adesso sentiva l’accento, ma forse era solo l’attenzione estrema che lei usava pronunciare ogni parola a dar loro un fascino quasi liquido.
“E poi?”
“Ancora una volta, sir, questo non vi deve importare.”
Robin non ribatté, ma lei non si sarebbe liberata di lui così facilmente. Aveva messo le mani su una misteriosa avventuriera, che, sospettava, non si era unita a lui solo per capriccio. Percepiva fretta e una certa paura. Paura di cosa? Avrebbe dovuto preoccuparsene di più, a dir la verità, ma ne era affascinato.
Aveva degli enigmi da risolvere, una mente intelligente da sfidare, ed una compagna di viaggio così bella da arricchirgli la giornata. Ogni azione e reazione della donna fino a quel momento prometteva di più. Aveva coraggio, spirito, ed un temperamento vivace. Con un po’ di giorni passati in strada insieme, avrebbe esplorato tutti i suoi segreti, inclusi quelli che si scoprono soltanto a letto, in preda alla passione.
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