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Slightly Dangerous - Capitolo 8
SLIGHTLY DANGEROUS
Tutti i soggetti descritti nelle storia sono maggiorenni e comunque fittizi. I personaggi e le situazioni presenti nella fanfiction si ispirano a quelli creati da Mary Balogh, che detiene tutti i diritti sull'opera; questa storia è stata scritta senza alcun fine di lucro e nel rispetto dei rispettivi proprietari e copyright.
Potete leggere il prologo qui:
PROLOGO
Qui il primo capitolo:
CAPITOLO 1
Qui il secondo:
CAPITOLO 2
Qui il terzo:
CAPITOLO 3
Qui il quarto:
CAPITOLO 4
Qui il quinto:
CAPITOLO 5
Qui il sesto:
CAPITOLO 6
Qui il settimo:
CAPITOLO 7
8
Wulfric osservava il viso della signorina Pearse come un pittore osserva una tela appena abbozzata. Se al di sotto c’erano le linee decise tratteggiate col carboncino, sopra c’erano una varietà contrastante, in colore e spessore, di pennellate. Sorpresa, paura, rabbia, incredulità, si erano susseguite sul suo volto senza soluzione di continuità, rendendo mobilissimi e vivaci tratti che lui non aveva mai considerato altro che una maschera di prevedibile compostezza.
Non gli credeva, era evidente. Dubitava delle sue affermazioni e se da una parte questo lo irritava ― nessuno era autorizzato a considerare la sua parola meno che vincolante ― doveva ammettere che lui stesso, fino a una mezz’ora prima, non aveva contemplato un’ipotesi del genere, ma le due arpie, senior e junior, si erano presentate nel momento meno opportuno in assoluto.
A Wulfric non piaceva essere obbligato a fare qualcosa, né agire d’impulso, eppure gli sembrava che non avrebbe potuto esimersi dall’agire come richiedeva l’onore, altrimenti la signorina Pearse sarebbe stata rovinata. Per quanto decaduta e per quanto tenesse nascoste le sue origini, era pur sempre una gentildonna, non una servetta che potesse essere sistemata con un poco di denaro. La sola idea di riservare un trattamento simile alla giovane gli fece arricciare le labbra dal disgusto. Però, l’idea di pronunciare le promesse di fronte al pastore, lo riempiva di un sottile ma persistente disagio che non sapeva scacciare. Che esistesse un’altra soluzione No, avrebbe fatto ciò che era giusto. Aveva creduto che non si sarebbe mai sposato, ma a volte la vita decideva al posto nostro ed era inutile opporsi alla marea. Già, quella della marea era l’immagine più adatta a descrivere il suo stato attuale: trascinato, risucchiato e bagnato. Mentre stava nuotando in una corrente di sensualità, un'onda violenta e gelata lo aveva schiaffeggiato, riscuotendolo dal suo languore. Eppure la natura intorno a loro, incurante degli sciocchi patemi umani, continuava a pulsare, o magari era lui che continuava a pulsare: eccitato ma non sazio.
─ E’ ora che rientriamo Elizabeth. Andate avanti voi, io vi seguirò tra poco.
─ Non state parlando sul serio, Vostra Grazia.
Wulfric la guardò accigliandosi, in cerca della vera ragione della sua resistenza. Era raro che lo contestasse, soprattutto quando lui aveva espresso chiaramente la propria volontà. ─ Certo che si. Non mi sembra opportuno che torniamo assieme.
Lei si schiarì la gola e strinse la stoffa dell’abito nei pugni ─ Non stavo parlando di quello e voi lo sapete bene. Non fingete di non capire.
─ Perché mai dovrei fingere? Mi sembrava di essere stato chiaro. E chiamatemi Wulfric o Bedwyn, d’ora in poi, Vostra Grazia suonerebbe ridicolo sulle labbra della mia fidanzata
─ Ci proverò Vos… Wulfric. Vi ringrazio, ma sono ben cosciente che se non ora, a breve vi pentirete di questa dichiarazione sconcertante. Quindi è meglio chiarirci senza ulteriori indugi.
Wulfric sbuffò e si passò una mano tra i capelli, un gesto inconsueto per lui. ─ Avviatevi mademoiselle, o manderanno la cavalleria a recuperarci e noi non vogliamo altro pubblico vero?
Lei strinse le labbra. ─ Milord, penso che dovremmo discutere di questa faccenda, non..
─ Elizabeth ─ la interruppe ─ direi che il tempo delle discussioni è finito. Adesso non ci resta che agire in conseguenza delle nostre azioni.
Lo fissò con le narici frementi per la rabbia ─ Io direi che il tempo delle discussioni è appena iniziato. Non vi ho chiesto io di seguirmi, signore, né tantomeno di baciarmi. Non vi ho teso tranelli di nessun genere e state pur certo che sopporterò le conseguenze delle mie azioni.
Bene, bene, fidanzati da meno di dieci minuti, è già in contrasto! ─ Elizabeth, per favore, smettetela di artigliarvi il vestito o sarà così spiegazzato quando rientreremo che tutti penseranno che ho abusato di voi nel labirinto. ─ Le prese le mani e gliele allontanò dai fianchi trattenendole tra le sue. ─ Inoltre, vorrei ricordarvi che voi mi avete domandato ben più di un bacio e che se ora non mi avete cercato, di sicuro non vi siete sottratta.
Elizabeth rimase rigida, dalla testa ai piedi, le mani due pezzi di carne inanimati. ─ State usando i miei sentimenti contro di me, milord e non mi pare affatto giusto. Non importa che io mi sia offerta a voi, allora voi mi avete rifiutata e adesso è una situazione completamente diversa.
─ A me non sembra affatto diversa. O non mi volevate prima, o mi volete ora. Tra noi due quella che finge siete voi.
Elizabeth tentò di ritrarsi, ma Wulfric non glielo permise. Rinsaldò la presa, come a sottolineare che nemmeno lei avrebbe potuto sottrarsi al loro destino. Che la sua volontà e il fato coincidessero, era un particolare di secondaria importanza. ─ Perché vi siete proposta come mia mantenuta Elizabeth?
Lei abbassò le palpebre, schermando contemporaneamente i propri occhi e la propria anima. Improvvisamente era distante, una lumaca che si affrettava a rintanarsi nel suo guscio. Wulfric percepì fisicamente la sua fuga e si sentì abbandonato, benché non ne capisse il motivo.
─ Non ha più importanza.
─ Lasciate che sia io a stabilirlo.
─ Io… ─ sospirò ─ … non ritengo di confessarlo in circostanze simili. Mi state obbligando a compiere un passo importante del quale non sono affatto convinta, ma non potete obbligarmi a svelarvi ciò che ho nel cuore o nella mente. Le mie emozioni e i miei pensieri sono miei e di nessun altro, anche se sono tutto ciò che ho.
Wulfric le afferrò il mento rudemente, lasciandole una mano, d’un tratto anch’egli pieno di rabbia. ─ Elizabeth, vi comportate come se vi stessi facendo violenza e non è così. Non mi sono comportato da gentiluomo baciandovi ed esponendo a rischi la vostra reputazione, lo ammetto. Sto facendo ammenda, proponendo di fare di voi la mia duchessa. Ma a giudicare dal vostro atteggiamento, sembra che io stia per deportarvi alle colonie. E così terribile la prospettiva di essere mia moglie. Giusto poco fa la mia persona non vi era del tutto sgradita, o sbaglio?
La mano nella sua tremò leggermente ─ No, la vostra persona non mi è sgradita e proprio per questo non vi costringerò ad un’unione che vi umilierebbe e ci renderebbe infelici… ─ Si arrestò, incapace di proseguire e iniziò a tormentarsi il labbro inferiore. Un labbro pieno, arrossato e gonfio per i suoi baci.
─ Elizabeth, vi state tormentando inutilmente. Vi assicuro che non mi umilierete, anche se ci provaste per dispetto, non ci riuscireste e ve lo impedirei. Inoltre, non ci si sposa per essere felici, non oso immaginare da dove abbiate derivato una credenza così assurda. Ma ne riparleremo domani a mente sgombra, è tardi e necessitiamo entrambi di riposo.
Elizabeth lo guardò finalmente, anche se le ombre della sera la proteggevano. Lo scrutava tesa, inquieta, un fascio di nervi. Wulfric era sconcertato, aveva ritenuto di conoscere la signorina Pearse, ma ogni giorno che passava gli metteva di fronte un’estranea.
─ Io non voglio riposare milord! Non ne sarei in grado nemmeno se volessi. Sono sconvolta, spaventata, irritata e affamata di… di… non so esattamente di cosa ─ ansimò ─ ma so che è tutta colpa vostra e non voglio essere spedita a letto come una bambina disubbidiente. Sono una donna!
─ Lo so bene, mia cara.
─ No, non lo sapete, non vi importa di saperlo. Per voi sono sempre stata un soprammobile ─ le si spezzò la voce ─ facevo parte dell’arredamento! Non mi avete mai vista, mai!
Il petto di Elizabeth si alzava e si abbassava al ritmo del suo tormento interiore: intenso e antico. Wulfric provò nuovamente la stretta allo stomaco e la sferzata nelle reni che lo aveva attirato verso di lei come una falena alla fiamma. Lentamente, ma senza tentennamenti, le cinse la vita per poi scivolare con le mani sui fianchi ─ Vi vedo ora Elizabeth. Vi vedo ora.
Lei emise una specie di singhiozzo e poi si avventò su di lui, come un uomo a digiuno da molto tempo, che però ricordasse ancora il sapore del cibo. Sollevandosi sulle punte dei piedi, lo baciò frenetica sul collo, sulle guance, sulla fronte; goffamente gli prese la bocca, esplorandola come lui aveva fatto in precedenza e cercandogli spudorata la lingua. La intrecciò alla sua, danzando in cerchio, ritirandosi per poi tornare a stuzzicarla con piccoli tocchi, sopra e sotto.
Ancora e ancora. Gemendo piano, accarezzandolo sulla schiena e spingendosi contro di lui, oscillando istintivamente i fianchi con un movimento di cui probabilmente non si rendeva conto.
A Wulfric sembrava di essere trafitto da frecce infuocate, il suo sesso già si tendeva smanioso, frustato per l’interruzione di poco prima e ancor più voglioso. Doveva fermarsi, prima di andare troppo oltre. Ma lei lo abbracciò ancor più strettamente, girando la testa dall’altro lato. Non riprendeva fiato, impegnata a berlo, a berlo tutto fino all’anima. Nessuna donna lo aveva mai baciato in quella maniera: consumandolo, come se si nutrisse di lui. Non importava che non fosse esperta, bruciava di passione, santo Dio bruciava per lui! ─ Elizabeth…─ mormorò ansante ─ dobbiamo smetterla…
Lei mugolò, gli afferrò una mano e la spinse verso il proprio seno, supplicandolo silenziosamente di darle di più. Un gentiluomo avrebbe declinato l’offerta di una giovane che non sapeva ciò che faceva. Però Elizabeth era una donna e gli stava dimostrando che lo desiderava. Infilò la mano nella scollatura e le accarezzo dolcemente il seno gonfio, il capezzolo inturgidito che reclamava le sue attenzioni. Lo strinse tra due dita, pizzicandolo, sollecitandolo, sentendo il piacere che le si irradiava in corpo da come ansimava e si protendeva verso di lui. Passò all’altro spostando la bocca sul suo collo, sulla clavicola. Ah, sapeva di buono, aveva una pelle talmente serica, che avrebbe potuto trascorrere ore a percorrerla coi polpastrelli. Elizabeth, gli prese la mano libera e gli baciò il palmo, quindi si portò un suo dito alla bocca e lo mordicchiò leggermente, per poi leccarlo piano. Wulfric gemette forte, avvicinandola ancor di più a sé perché provasse l’entità del suo desiderio e immaginò che gli avesse preso un’altra parte del corpo tra le labbra. No, quella notte non sarebbe andato a letto da solo.
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