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Home | Slightly Dangerous - Capitolo 6

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Slightly Dangerous - Capitolo 6

                                      SLIGHTLY DANGEROUS


Tutti i soggetti descritti nelle storia sono maggiorenni e comunque fittizi. I personaggi e le situazioni presenti nella fanfiction si ispirano a quelli creati da Mary Balogh, che detiene tutti i diritti sull'opera;  questa storia è stata scritta senza alcun fine di lucro e nel rispetto dei rispettivi proprietari e copyright.  


Potete leggere il prologo qui:
PROLOGO

Qui il primo capitolo:
CAPITOLO 1

Qui il secondo: 
CAPITOLO 2

Qui il terzo: 
CAPITOLO 3

Qui il quarto: 
CAPITOLO 4

Qui il quinto:
CAPITOLO 5

6
 

Wulfric aveva sorpreso sé stesso. Non sapeva cosa stesse facendo, né perché lo stesse facendo. Gli sembrava di essere scisso in due: una parte di lui osservava dubbioso l’azione, l’altra si godeva odori, sapori, sensazioni.
Non c’era alcun disegno dietro, nessuno scopo, nessuna decisione attentamente ponderata, solo un abbandono repentino e irrazionale a un corpo caldo e ad una bocca umida e affamata. Solo il pulsare accelerato del suo cuore e il pulsare corrispondente nel suo sesso. La pressione di un ventre morbido contro di lui, di seni inaspettatamente pieni contro il suo petto, la sua gamba che si infilava come di propria volontà tra le cosce di lei.
Una lingua che, prima timida e ritrosa, ora seguiva e provocava la sua, cercandolo, volendolo, prendendolo, come se non ne avesse mai abbastanza, come se non potesse interrompersi, nemmeno ne andasse della propria vita.
Una vibrazione profonda lo attraversò, simile a una scossa di terremoto, un gemito rauco di piacere che non sapeva se provenisse da lui o da lei  e che, per qualche oscuro motivo, lo riempì di soddisfazione.
La parte razionale di Wulfric gli intimava di cessare quella sciocchezza prima che fosse troppo tardi, prima che qualcuno si facesse del male, prima che qualcuno si rendesse ridicolo. Eppure la sue labbra non smettevano di tormentare quelle della signorina Pearse, né le sue mani di esplorarla impudicamente. Era così bollente, così cedevole, così entusiasta, così formosa! Nonostante i vestiti castigati e severi  tentassero, con successo, di mascherare quanto più possibile le sue curve,  lei ne era innegabilmente e piacevolmente provvista.

Wulfric non riusciva  a credere che solo un quarto d’ora prima si fossero entrambi trovati ai lati opposti di una sala affollata, intenti a conversare noiosamente e prevedibilmente del tempo, della caccia, della festa del raccolto e della prossima stagione londinese. O meglio, lui aveva conversato di questo mentre la signorina Pearse si era appartata con la vedova Derrick, come faceva sovente. In effetti le due donne avevano giustamente fatto fronte comune, essendo quelle che, chiaramente, non si integravano nel gruppo degli ospiti per età e censo.
La signora Derrick era una donna eccentrica e priva di finezza, benché spontanea e dunque rinfrescante in quel circolo di mummie con cui era costretto a convivere ancora per un po’. Tuttavia, la signorina Pearse era tutto un altro paio di maniche; poteva non essere ricca o di buona famiglia, ma a suo avviso si stagliava così nettamente al di sopra di tutte le donne presenti per grazia ed eleganza, che Wulfric non era stato in grado di distogliere il pensiero da lei da quando erano giunti a Schofield Park.
L’aveva accuratamente evitata e tentato di spingerla, con discrezione ma attivamente, nelle braccia del buon Mowbry, il quale, non dubitava, sarebbe stato un ottimo marito per lei, dolce e rispettoso, anche se un poco noioso. Quest’ultima in fondo non era una qualità negativa, non definivano forse anche lui noioso?
Aveva osservato di sottecchi la signorina Pearse per tutto il pomeriggio, assistendo al suo graduale ritirarsi in sé stessa, guardando il suo viso svuotarsi di falsi sorrisi e riempirsi di angoscia, per poi fissarla incredulo quando si era data a quella stupida ed inutile fuga, di fronte a tutti. Proprio mentre Mowbry si stava dirigendo verso di lei per invitarla a fare una passeggiata. Ma che le era preso? Sciocca ragazza, avrebbe rovinato tutto, perdendo un’occasione d’oro per accasarsi! Per quanto cieca non poteva di certo non essersi accorta delle rispettose ma insistenti attenzioni del suo amico studioso.
Con discrezione si era liberato di Lady Renable ed era andato dietro a quella folle, per obbligarla a comportarsi con la saggezza che aveva mostrato per anni, prima di presentarsi nel suo studio con proposte indecenti. Si era infilato in quel dannato labirinto seccato ed irritato, con una rabbia irragionevole che era cresciuta ad ogni passo sulla ghiaia che gli rovinava gli scarpini lucidi.
E poi l’aveva vista: una giovane scalza che rideva, vorticando su sé stessa ad occhi chiusi, sul volto un abbandono gioioso, il corpo che esprimeva una felicità semplice e potente a un tempo. Sembrava un’apparizione o una fata.
Una stilettata, forte, rapida e bruciante l’aveva trapassato.
Era così viva, così bella.
Così piena di passione. Non una passione finta, non una passione comprata. Ma un sentimento vero e naturale.
Che lui voleva, ora, subito.
L’aveva afferrata come si coglie un frutto maturo dall’albero che grato cade nelle mani di chi ha l’ardire di prenderlo, guidato dalla propria brama e dal proprio bisogno. Non era stato né gentile né riservato, perché nel momento in cui l’aveva toccata lei gli era esplosa addosso, insicura ma bollente e vogliosa.
E generosa. Lui voleva prendere e prendere e lei dare, dare, dare...
La sua reazione eccesiva a un semplice bacio era la prova certa dell’innocenza della giovane e lo aveva eccitato quanto non credeva possibile.
Sapeva di estate, sapeva di pulito, sapeva di donna.
La sua carne, deliziosa e profumata, pareva non avesse atteso altro che le sue mani per risvegliarsi e le sue braccia lo stringevano come se cercassero di farlo aderire perfettamente al proprio corpo. Uhmmm, una pesca, una pesca succosa e tenera. Voleva baciarla, leccarla e succhiarla fin quando non gli avesse chiesto di più, fin quando lui non avrebbe potuto più fermarsi, fin quando ci sarebbero stati solo gemiti e sudore e…
― Oh mio Dio! Vostra Grazia! Signorina Pearse!
Maledetto il giorno in cui aveva accettato quell’invito a  Schofield Park. 

 

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