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RECENSIONE: IO
Regia di David Frankel con Owen Wilson (John Grogan), Jennifer Aniston (Jennifer Grogan), Alan Arkin (Arnie Klein), Kathleen Turner (Ms. Kornblut)
John e Jennifer Grogan sono una giovane coppia di sposi piena di entusiasmo ma ancor più di incertezze: sul loro futuro in generale e su quello professionale in particolare, su dove stabilirsi e su quale direzione far prendere al loro rapporto. Se Jennifer ha le idee piuttosto chiare, ovvero vuole una famiglia, John non si sente ancora del tutto adulto né pronto a diventar padre, così accetta immediatamente il suggerimento di un collega, ovvero prendere un cane che tenga occupata Jennifer e le permetta allo stesso tempo di sfogare il suo istinto materno, concedendogli intanto la possibilità di procrastinare una decisione e di abituarsi eventualmente all’idea di una prossima paternità. La scelta cade su uno splendido cucciolo di Labrador Retriver, ribattezzato Marley, che si rivelerà un incrocio tra un terremoto ed un ciclone e che sconvolgerà la loro vita, dapprima nel tentativo di tenerlo a bada ed in seguito come membro fondamentale e cemento della nascente famiglia Grogan. Gli anni passeranno, molti cambiamenti ci saranno ma Marley sarà sempre lì, guardiano, custode, compagno, testimone, amico.
Tre anni fa il libro autobiografico del giornalista John Grogan ottenne un inaspettato e planetario successo, naturale quindi che Hollywood decidesse di farne un film che bissasse quel successo. L’impresa, almeno dal punto di vista economico, sembra riuscita: il film ha incassato moltissimo in America e nei paesi dove è uscito finora, anche se non tutti sembra abbiano capito il meccanismo per cui ciò sia successo. In effetti la pellicola non è certamente un capolavoro e la regia di David Frankel è quella che si definisce una direzione “corretta” ma senza particolari guizzi, al limite del piatto, specialmente quando dopo una prima parte più ritmata e divertente (in cui Marley ne combina mille ed una), la storia rallenta per seguire la vita quotidiana della famiglia Grogan divenendo la cronaca un poco banale di fatti usuali e comuni ai più. Però è proprio in questa mancanza di eccezionalità che sta paradossalmente la forza del film, non le vicende funamboliche od avventurose di personaggi fittizi, ma l’esistenza genuina e scontata di un normale nucleo familiare alle prese con problemi scontati e normali, ma in cui tutti possono riconoscersi, narrati con delicatezza, senza mai alzare i toni o ricorrere ad effettacci di dubbio gusto. Perché ciò che è davvero straordinario, nel suo essere ordinario, è la forza del sentimento che unisce la coppia da sola prima ed in seguito la coppia che cresce e matura aprendosi alla genitorialità, grazie anche a Marley e che impara la forza dell’amore nelle sue varie declinazioni, inclusa quella importantissima tra uomo ed animale, tra padrone e cane.
Certo la sceneggiatura spesso sembra non sapere esattamente che direzione prendere, se quella del film comico, della commedia di costume, del film per famiglie, del dramma contemporaneo e cerca di mischiare un poco di tutto ma senza eccessiva perizia, salvato dalla evidente chimica tra
Un film carino, che intrattiene nonostante qualche lentezza e che si riscatta totalmente in un finale tragico ma molto intenso, che sfida diversi tabù e ci regala alcune scene di puro dolore, che niente hanno a che fare con certe pellicole completamente artefatte per la famiglia.
Chi ha un cane (un Labrador in particolare) o l’ha avuto riderà e piangerà alternativamente, ricordando e rivivendo esperienze note, ma anche chi non ha mai provato quell’amore puro, assoluto, pulito e totale che nasce tra un cane e l’uomo e che non è facile da esprimere o da far comprendere a chi questa conoscenza non l’ha, rimarrà toccato e forse valuterà con occhi diversi le notizie in genere drammatiche, in cui si parla di cani, quasi sempre in chiave negativa. Perché questi numerosissimi compagni ci sono silenziosamente accanto ogni giorno ed in tanti momenti e campi importanti, chiedendo poco e dando moltissimo: sono con gli anziani soli, coi bambini autistici, coi malati terminali, coi ciechi, i sordomuti, coi malati di alcuni tipi di disturbi mentali, coi paraplegici, con la guardia costiera, coi pompieri, con la polizia, con la protezione civile o semplicemente arricchendo inestimabilmente la vita di chi ha la fortuna di accoglierli.
Lavorano per noi, con noi, pronti a dar la vita per un sorriso ed una carezza. John Grogan ha reso un giusto e doveroso omaggio ad una creatura splendida col suo libro, ed anche il film nel suo piccolo, riesce in parte a riprodurre il nocciolo di questo evento speciale, credo che anche noi dovremmo dire una sola parola: grazie.
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