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RECENSIONE: IL PRINCIPE E IL DESIDERIO (The Leopard Prince) di Elizabeth Hoyt

 

Prima edizione: 2007 by Warner Forever

 

Edito in Italia da: Mondadori, I Romanzi Passione no.21, marzo 2009

 

Ambientazione: georgiana

 

Grado di sensualità: hot (bollente)

 

Voto/rating: 6-/10

 

Collegamenti ad altri romanzi: secondo volume della cosiddetta Trilogia dei Principi (Princes Trilogy) così composta:

1 - IL PRINCIPE E LA PREDA (The Raven Prince) – protagonisti Anna Wren + Edward de Raaf, conte di Swartingham

2 - IL PRINCIPE E IL DESIDERIO (The Leopard Prince) – protagonisti Lady Georgina (George) Maitland + Harry Pye

3 - The Serpent Prince (inedito in Italia)– protagonisti Lucy Craddock-Hayes + il visconte Simon Iddesleigh

 

Lady Georgina Maitland, non ha una preoccupazione al mondo. E' molto attraente, nobile e ricca, molto ricca. Di fatto ha ereditato da una delle zie addirittura una proprietà, quindi benché nubile è economicamente indipendente dalla famiglia.

La sua vita trascorre quieta come l'acqua di un lago e vuota come un guscio di noce.

Così, per sfuggire alla noia, decide di andare a visitare  per la prima volta la sua proprietà, dove tra l'altro si trova sua sorella minore, la quindicenne Violet, afflitta da non precisati problemi.

Ad attenderla troverà una pioggia torrenziale, una sorella ribelle e cocciuta, un amministratore freddo e poco incline alle lusinghe, un ambiente ostile perché molte pecore sono state trovate morte avvelenate e la gente ne incolpa Harry Pye. Il suo amministratore. Burbero, chiuso, efficientissimo. Ma per lei anche bellissimo e molto seducente. Talmente seducente che a dispetto delle accuse e delle prove che lo farebbero sembrare meritevole della forca, lei lo vuole, lo vuole, lo vuole.

 

Se la trama vi sembra quella di un romance drammatico, siete in errore.

Questo è un romanzo quasi comico, fa ridere e sorridere. Il che sarebbe perfetto, se questa comicità fosse studiata, ma non lo è. E’ assolutamente involontaria.

L’autrice punta in alto, più che col primo volume, ma per costruire un dramma ci vuole molte sostanza e qui ce ne è davvero poca, per cui la Hoyt cerca di spingere sull’acceleratore, infarcendo la trama di sottostorie tragiche e lacrimevoli, provando a tratteggiare scene dal forte impatto emotivo, purtroppo con scarsi risultati, se non a volte quello di indurre appunto un’inopportuna risata, quando sarebbe richiesta la lacrima.

Sembra che questa commozione, per quanto chiamata non arrivi, non c’è nessun dolore, dietro le parole che lo evocano, nessuna verità. Idem per quelle che vorrebbero essere genuine scene di commedia: sono pessime, manca qualsiasi verve e senso del ritmo (Julia Quinn dove sei?) e si gira la pagina in fretta per passar oltre.

C’è una storia ambientata, a quanto pare, nel 1760, ma se non ci fosse la data indicata all’inizio del primo capitolo, non ce ne accorgeremmo, visto che non ci sono descrizioni o notazioni di sorta che ce lo rendano riconoscibile o semplicemente definibile. I protagonisti, Georgina ed Harry, non acquistano mai spessore, rimanendo sempre unidimensionali, così come gli altri personaggi (uno per tutti il cattivo all'ennesima potenza Grainville). La Hoyt continua a ripeterci durante tutto il libro chi sono i due, ma non ce li mostra mai per come sono attraverso le loro azioni, e questo è un errore madornale, perché in letteratura non basta l’enunciazione, serve la dimostrazione.

Invece Harry e Georgina non acquistano mai vita. Lei  è una svampita inconsistente, sempre poco credibile e fuori tempo con lo svolgimento del racconto. Lui nel complesso è meglio abbozzato ed in alcuni tratti riesce anche a camminare con le sue gambe, ma per la maggior parte delle volte sembra semplicemente una versione riveduta e corretta dell’uomo che non deve chiedere mai, senza però averne la statura.

Ci si vorrebbe far credere che i due sono travolti dalla passione, ma non c’è nessuna giustificazione, nessuna magica attrazione che attraversi la pagina per giungere fino a noi (Lisa Kleypas docet), né in alternativa la lenta costruzione del desiderio.

Alla fine si è molto più interessati a scoprire chi è l’avvelenatore delle povere pecore, che non a seguire le gesta dei nostri eroi!

Il problema ritengo sia alla radice, ovvero nell’impianto stesso del romanzo, dove c’è un nucleo di scene erotiche attorno alle quali girano trama e personaggi, che quindi fatalmente non funzionano, perché  si dovrebbe partire dall’esatto contrario. Unica  nota positiva sono le summenzionate scene di sesso, che sono la parte migliore e più godibile del libro e per le quali l'autrice ha certamente talento ma che comunque non gli fanno raggiungere la sufficienza  piena.

 

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