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RECENSIONE
LIBERA IL MIO CUORE
(Untie my heart) di Judith Ivory



Prima pubblicazione anno: 2002 by Avon Books

Pubblicato in Italia da: Mondadori, I Romanzi Passione, no.18, dicembre 2008

Livello di sensualità: hot/ bollente

Ambientazione: fine diciannovesimo secolo

Voto/rating: 7,5/10




La vita è dura per Emma Hotchkiss, talmente dura che non può permettersi un paio di scarpe nuove ed è costretta a camminare con un paio di logori stivali del marito, ovviamente troppo grandi per lei. I suoi vestiti sono vecchi, rammendati e spesso non sono altro che riadattamenti di capi di vestiario del defunto reverendo Hotchkiss. Camminare per la fredda, umida e fangosa campagna dello Yorkshire in queste condizioni è quanto di più deprimente possa immaginarsi, d'altronde l'unico mezzo di trasporto alla portata di Emma sono le sue gambe, ancorchè infilate in quegli enormi e sformati stivali maschili che la fanno inciampare di sovente. Svolgere vari lavoretti per diverse famiglie di quel villaggio dimenticato da Dio le permettono di sbarcare il lunario alla meno peggio, anche se il prezzo da pagare sono le diverse miglia al giorno da percorrere con conseguenti cadute. Quindi, si ripete Emma tra sé, mentre rientra da un' ennesima commissione, quando le cose vanno così male non possono che migliorare, giusto? Proprio nel mezzo delle sue riflessioni viene distratta da un rumore insolito nonché potente, le sembra quello di una carrozza ma molto più intenso e mentre ancora sta cercando di capire di cosa si tratti, viene sorpassata non da una semplice carrozza , ma da un'incredibile e lussuosissimo tiro a otto, che procede a velocità folle puntando alla sinistra della strada. Emma non ha che pochi secondi per realizzare verso dove quei cavalli di Satana stiano puntando, o meglio verso chi: un povero agnello giace riverso sul ciglio della via, la vettura ormai scomparsa, una nuvola di polvere ed i profondi solchi sul terreno unica traccia del suo passaggio. L'agnello è morto, peggio: Emma si avvede che è il suo agnello, peggio ancora: era il suo unico agnello, quello su cui contava per avviare un piccolo allevamento di pecore che le permettesse di sopravvivere. Le situazione può  sempre peggiorare, realizza la vedova Hotchkiss ed anche di molto. Rabbia, disperazione e impotenza per l'ingiustizia subita le invadono l'animo e la spingono a cercare di ottenere se non giustizia, perlomeno un adeguato risarcimento. Si perchè lei ha ben riconosciuto lo stemma sulla carrozza assassina: è quello del nuovo signore del luogo, Stuart Aysgarth visconte di  Mount Villiars, tornato di recente in patria dopo essere stato creduto morto per anni, in particolare dallo zio paterno che ne rivendica il titolo. Emma, assolutamente indifferente al potere ed al prestigio sociale di quello che lei ormai considera il suo nemico, farà di tutto per raggiungere il suo scopo e quando i mezzi legali non saranno sufficienti, ricorrerà alla menzogna ed anche alla truffa. Peccato per lei che Mount Villiars non solo è bello da morire, ma molto astuto e cinico al punto da rivoltare quella che è nata come una truffa ai suoi danni, in un imbroglio ai danni dello zio infame, assicurandosi la complicità di Emma con sistemi poco ortodossi. Vi chiederete quali siano codesti sistemi, purtroppo non mi è possibile svelare quella che è una scena chiave del romanzo, vi basti sapere che con una sedia ed una cravatta si possono fare molte cose...E Judith Ivory le fa far tutte al nostro eroe! Che sia il suo eroe oltre che il nostro è fuor di dubbio, per quasi cinquanta pagine è solo un nome, un’ombra dentro una carrozza, un brusio dietro un portone. Finché non varca la soglia della Banca di York, alto, scuro, esotico, flessuoso, sensuale, elegantemente avvolto in un lungo cappotto di cincillà: una delle migliori entrate in scena mai scritte. E per un’altra quindicina di pagine la Ivory fa rimanere il suo viso in ombra, così che quando Emma riesce finalmente a scorgerne i tratti, e noi con lei, siamo già conquistate. Infatti Stuart è inquieto, insoddisfatto, deluso e disilluso, ma anche affamato di qualcosa che nemmeno lui riesce bene a definire, semplicemente si sente vuoto, anche se preferisce non pensarci troppo e far finta di niente. Difficile non soccombere al fascino di un personaggio simile, nato per sedurre e descritto dall’autrice con evidente trasporto. Lo stesso non si può dire per la protagonista, dura, egocentrica, fin troppo smaliziata, ma questo è un problema comune a tutti i libri della Ivory; le sue figure femminili sono assolutamente egoiste, vanitose, fredde ed opportuniste, decisamente non amabili. In questo romanzo invece, ad un certo punto, Emma acquista umanità e calore e si finisce per capirla ed almeno parzialmente giustificarla. Sottilmente, ma implacabilmente, la finzione che Emma deve sostenere insieme a  Stuart diviene realtà, i personaggi che interpretano si fondono con chi li interpreta e i due alla fine del racconto non saranno più gli stessi. Il loro incontro porterà a galla la  parte migliore e più temeraria di entrambi, spingendoli ad essere di più di ciò che sono, soprattutto a volerlo essere insieme. Quello che parrebbe essere un esito scontato per un romance, non lo è nel caso della Ivory, visto che le trame dei suoi libri non sono mai così lineari nello svolgimento né nello sviluppo delle relazioni tra i personaggi. Con lei non troverete né il melodramma né l’eccesso di sentimento o di passione, al contrario: il suo sguardo è sempre distaccato, ironico e sardonico. Forse troppo. Infatti la scrittrice più che descrivere i sentimenti dei nostri eroi, analizza minuziosamente i loro pensieri ed i loro processi mentali, con poca concessione al lato emotivo. Incredibilmente in questo romanzo tutti gli elementi si fondono alla perfezione, una storia avvincente e convincente che scorre senza intoppi fino alla conclusione, delle trovate fantasiose ma non eccentriche per ravvivare il racconto, due figure centrali belle, divertenti e coraggiose ed alcuni passaggi tra i più belli ed intelligenti che mi sia capitato di leggere in un romance. Il tutto espresso con l’impareggiabile stile che contraddistingue Judith Ivory, una prosa ricca, complessa e raffinata che è un vero piacere per il lettore e che lo trasporta letteralmente nel mondo che descrive, peraltro con molta precisone e competenza. Certo di tanto in tanto ci rendiamo conto che l’autrice sta giocando con noi e con il genere, usando e mescolando clichés e luoghi comuni, per reinventarli a suo piacimento, con una punta di compiacimento mi sento di affermare, ma con le sue capacità le si può perdonare tutto.  Da leggere e da assaporare.

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