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RECENSIONE: LA FIGLIA DEL RE (The harlot's daughter) di Blythe Gifford

 

Anno: 2007

Edizione originale: Harlequin Historical

Pubblicato in Italia da: Harlequin - Grandi Romanzi Storici 701 ( 2009 )

Formato: paperback

Livello di sensualità: warm

Genere: medievale

Ambientazione: Inghilterra, 1386

Voto: 6.5/10

Trama: Lady Solay, figlia illegittima di Edoardo III d'Inghilterra, si ritrova costretta dalle difficoltà economiche in cui versano lei e la madre a chiedere aiuto al giovane successore e si presenta alla corte di Riccardo II con l'intenzione di perorare la propria causa. Il suo contegno regale e orgoglioso attira subito l'attenzione di Lord Justin Lamont, un uomo di legge ombroso e severo cui spetta l'ingrato compito di comunicare alla giovane che il Consiglio del re ha deciso di rifiutarle ogni sostegno. L'unica soluzione, a quel punto, sarebbe sposare un uomo che possa provvedere alle sue necessità, e il sovrano le propone proprio l'austero Lord Lamont. Ma l'onore impedisce a Justin di accettarla come moglie, a meno che lei non acconsenta per amore e non per necessità. E Solay ha poco tempo per convincerlo dell'autenticità dei propri sentimenti...

Nonostante il matrimonio imposto dalla volontà regia sia un topos ricorrente nei romance storici, un punto a favore di questo romanzo è sicuramente la sua originalità. Atipici sono i protagonisti di questo medievale: un lord cadetto uomo di legge e la figlia bastarda di un re, ma certune scelte narrative dell'autrice ed il modo in cui muove i suoi personaggi (dai principali ai secondari) devo ammettere mi abbiano lasciata spesso perplessa, se non addirittura infastidita.
Cominciamo col protagonista maschile. Non un cavaliere e non un feudatario, ma un giurista al servizio di un alto notabile del Regno, lord Justin è un uomo austero e riservato, con un'incrollabile e zelante fede nella legge, ma che purtroppo mi è risultato a più riprese parecchio indigesto.
Justin è troppo rigido nel suo pretendere da Solay la più pura delle verità, rinfacciandole brutalmente ogni gesto fatto per compiacerlo (anche il più innocente), finendo col risultare soltanto un irritante ed ottuso moralista.
Ed è un peccato, perché la Gifford aveva avuto una buona intuizione nel proporre un protagonista medievale "democratico" nel suo amore per il diritto. Passando all'eroina, Solay è una figura femminile che ho trovato interessante, così come ben resa la sua evoluzione all'interno della storia. Solay sa di avere dalla propria parte un'unica arma che possa permetterle di salvare la sua famiglia dalla miseria più nera: la bellezza. La sua storia personale è stata molto dolorosa (passa dall'essere quasi una principessa alla povertà e la pubblica infamia) e cerca di sopravvivere a corte secondo l'unica regola che conosce: compiacere gli altri, facendo sempre buon viso a cattivo gioco. E' solo nel corso del romanzo (e grazie all'estremismo di Justin) che inizia a capire cosa voglia dire compiacere sé stessa ed a comprendere quali siano i suoi veri desideri ed inclinazioni.
La Gifford ha talento nel rendere palpabile l'attrazione trai suoi personaggi (dal primo incrociarsi di sguardi ai numerosi tentativi di seduzione di Solay), ma la testardaggine di Justin nel respingere la sua sposa è eccessiva, nonché spesso assurdamente pretestuosa.
Molto precario anche l'equilibrio su cui l'autrice orchestra i suoi intrighi di corte: forse verosimili, ma è dura da digerire una fidanzata che spia il promesso sposo su ordine di un re volubile e capriccioso.
Superficiali i personaggi secondari, trai quali non ho potuto fare a meno di trovare un po' sprecata la resa della madre di Solay, figura potenzialmente complessa e drammatica, ma che alla fine mi ha convinta davvero poco: un'avida arrampicatrice? La più devota serva della Corona? Una madre snaturata? Una madre fiera ed orgogliosa? Non si capisce, ma certamente non affascina.
Da segnalare, invece, la quindicenne sorellina di Solay. Papabile protagonista di un prossimo romanzo della Gifford, Jane è una figura che mi ha colpita per la sua disperata ribellione e molto intenerita per le sue fragilità (mi ha stretto il cuore quando spera di essere risultata almeno un pochino simpatica al cognato ed avanza timidamente la possibilità di fargli da scrivana).
In conclusione l'impressione che ho avuto leggendo questo romanzo è stato di camminare su una sottile lastra di ghiaccio... che purtroppo non mi ha risparmiato qualche bagno nell'acqua fredda.

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