In the Spotlight/Sotto i Riflettori: Elisabetta Rossi
L'AUTRICE
Mi chiamo Elisabetta Rossi e sono nata ad Ancona.
Ho riempito di scrittura quaderni di poesie e racconti sin dall’infanzia e tutto, solo per passione.
Ora, alla passione si è aggiunta la determinazione e la necessità di scrivere tutti i giorni.
Il mio primo incontro con l’editoria è grazie a delle illustrazioni, quelle per un libro di favole: “Cammerville”.
Poi, una rivista femminile a tiratura nazionale mi ha dato l’occasione di saggiare le mie qualità di scrittrice. Ho collaborato con loro per quattro anni scrivendo racconti e romanzi brevi.
Nel frattempo, il mio desiderio di scrivere inseguiva nuove e più impegnative mete: un romanzo più ampio e strutturato.
Nel settembre del 2008 l’Armando Curcio Editore pubblica il mio primo romanzo, utilizzando uno pseudonimo. Questa avventura è proseguita con la pubblicazione di due romanzi rosa e quattro gialli, l'ultimo è uscito a giugno del 2012.
La tappa successiva del mio percorso è stata quella dell’editoria digitale affrontata come self-publisher.
Attualmente, la mia “squadra” di ebook auto pubblicati spazia dal romance al giallo con diversi titoli diffusi su molti store online.
Nonostante i vari cambiamenti e i naturali passi avanti nel mio modo di scrivere, alcuni punti restano tuttora fermi dai primi personali tentativi di scrittura ad oggi: la passione che continua a spingermi imperiosa e la speranza di riuscire ad inchiodare il lettore alle mie pagine, fino a fargli dimenticare quello che lo circonda.
IL LIBRO
Ancona, 1 Giugno 1859
Lei è bella, intraprendente e odia le convenzioni sociali.
Caterina Orselli è una giovane donna che lotta per non perdere le sue terre e la sua libertà in pieno Risorgimento, in un'Italia non ancora unita e dilaniata da continue battaglie.
Lui è un patriota, un giovane marchese Massimiliano di Montespina, forgiato nel carattere e nel fisico da anni di lotte per unificare l'Italia e liberarla dal giogo dello straniero.
Si incontreranno in una giornata di pioggia, mentre lei cerca di raggiungere in carrozza il suo prozio.
Caterina avverte istintivamente la pericolosità di quel giovane uomo e realizza che è questo che l’attrae di più in lui.
Mentre Massimiliano è soggiogato dalla bellezza della ragazza e dal suo modo spiccio e anticonformista di affrontarlo, quando scoperta la sua identità, gli chiede aiuto rivelandogli che suo padre, il marchese di Montespina, è il suo tutore e che spera blocchi le volontà scritte in un testamento che Caterina ritiene fasullo.
La ragazza gli spiegherà il pessimo rapporto che ha con la sua matrigna e che il notaio, solo poche settimane prima, le ha comunicato che dovrà entro settembre prendere una decisione, al compimento dei suoi diciotto anni: deve scegliere se sposare suo cugino, il figlio della sua matrigna o rinchiudersi in convento.
Caterina è sicura che le parole che ha letto il notaio non sono quelle scritte da suo padre, Enrico Orselli, in punto di morte e lotterà fino alla fine per dimostrarlo.
L’uomo, fino a che era in vita, le aveva dato un'educazione progressista e una libertà che scandalizzava la società di quel tempo e, ora, costretta, suo malgrado ad adattarsi alle convenzioni, avverte un crescente senso di frustrazione, dovendo subire costrizioni e privazioni della sua libertà personale.
Il forte amore sbocciato tra le barricate attaccate dall'esercito Pontificio, il coraggio dei due protagonisti e l'incoscienza della giovane età che presto entrambi si lasceranno alle spalle, saranno messi a dura prova dal destino che infliggerà altro dolore alla vita dei due giovani. Ma c'è una speranza: forse l'unità d'Italia, oltre ad appagare gli ideali dei patrioti, porterà anche un po' di serenità ai due giovani innamorati.
L'ESTRATTO
Ancona, 1 Giugno 1859
La carrozza procedeva sobbalzando sul terreno sconnesso.
Il silenzio sceso nell'abitacolo leggermente impregnato di muffa era rotto a tratti dallo schiocco della frusta e dal suono ritmato degli zoccoli della pariglia di cavalli, unici rumori in grado di sovrastare i pensieri di Caterina Orselli.
Il suo sguardo fu catturato dalle foglie e dalla polvere che il vento spingeva con forza contro il finestrino della carrozza.
Era già l’inizio di giugno, eppure, quella particolare giornata racchiudeva tutta la struggente nostalgia di un giorno autunnale.
Il dondolio persistente e il paesaggio che scorreva sotto ai suoi occhi, per una volta non riuscirono a distrarla, il suo sguardo si spostò sulla tappezzeria del sedile dove Margherita stava pigramente accomodata.
La polvere si depositava ovunque, anche sulla veletta che la sua cameriera personale si era calata sul viso, mentre il velluto verde scuro dello schienale risultava ancora pulito all'altezza del capo della donna protetto da una cuffia.
La debole luce che entrava dai finestrini era appannata da una coltre di nubi scure e disegnava con la polvere traiettorie imprevedibili, simili ad arabeschi che impreziosivano il vestito grigio della cameriera.
Caterina invidiava lo sguardo tranquillo e beato di Margherita, mentre lei aveva in animo un unico pensiero che la tormentava da quando suo padre era morto, alcuni mesi prima. Il dolore per quella immatura perdita si sommava allo sconcerto dovuto alla lettura del testamento.
La ragazza si tolse il guanto sinistro e cercò con le dita sul sedile di velluto verde la piccola bruciatura che aveva provocato, anni prima, il sigaro di suo padre, quando lo aveva lasciato cadere inavvertitamente.
Solo lei sapeva dov’era quella piccola bruciatura, sentirla sotto i polpastrelli le dava conforto e le fece tornare alla mente il suo sorriso aperto.
Un velo di lacrime le offuscò la vista, mentre voltava il capo verso il finestrino, per non farsi scorgere da Margherita. Il paesaggio dietro il vetro danzò davanti ai suoi occhi.
Tutti i bei momenti trascorsi con il padre affiorarono nella mente della ragazza e si sommarono alla consapevolezza dell’ingiustizia che stava subendo, turbando ancora di più il suo animo.
Un unico pensiero la tormentava: la sua vita era stata letteralmente sconvolta da quando Enrico Orselli era morto.
Non era stato semplice mettersi in viaggio, ma per Caterina rappresentava l’ultima possibilità, era convinta che il prozio paterno l’avrebbe aiutata.
Troverò una soluzione. Devo trovarla!
Si ripeté ancora una volta per farsi coraggio.
Cercò mentalmente di ricordare le esatte parole del testamento che il notaio Fabbri aveva letto alla presenza della sua matrigna e del di lei figlio.
Il sorriso beffardo e di trionfo comparso sul viso della donna, a seguito delle parole del notaio, era stato per Caterina un'ulteriore umiliazione da ingoiare con fatica, soprattutto perché quelle parole erano state dettate da suo padre.
Non ci voleva credere, non poteva farlo, altrimenti tutta la disperazione che già colmava il suo cuore si sarebbe trasformata in una morsa inesorabile che avrebbe finito per stritolare anche la sua mente impegnata a trovare una spiegazione logica a quanto era accaduto.
A settembre, avrebbe compiuto diciotto anni e avrebbe dovuto accettare di sposare Alberto Ripanti, il figlio nato dal primo matrimonio tra Agnese, la sua matrigna, e il cugino di suo padre, oppure sarebbe stata iniziata alla vita monastica, almeno era questo quello che c’era scritto nel testamento letto dal notaio Fabbri due settimane prima e sicuramente, il marchese di Montespina designato da suo padre come tutore non si sarebbe opposto.
La ragazza era convinta che Enrico Orselli non fosse l’autore di quel documento. Suo padre non l’avrebbe mai costretta a sposare un uomo che non amava solo per evitare che la proprietà venisse divisa.
Eppure quell’atto era perfettamente in regola e non lasciava spazio a dubbi.
La carrozza si arrestò bruscamente.
Lo scalpiccìo della pariglia dei cavalli si mescolò alla voce autoritaria del cocchiere che tentata di tranquillizzarli.
“Cosa sta succedendo?” chiese impaurita Margherita, risvegliatasi dal leggero torpore causato dal dondolio della carrozza.
“Stai tranquilla, non sarà niente di grave”, Caterina si affacciò dal finestrino.
Il rumore di altri zoccoli che calpestavano il terreno si avvicinava rapidamente.
Il vento le sferzava il viso e tentava di arruffarle i capelli stretti in un composto chignon. La ragazza si era tolta la cuffia che ora giaceva sul sedile di velluto verde.
Caterina riuscì a vedere i due cavalieri che procedevano in senso opposto.
“Non vi conviene continuare per questa strada!” la voce del cavaliere più vicino era profonda e solo leggermente affaticata dalla corsa a cavallo. L'uomo aveva un cappello quasi completamente calato sugli occhi, un mantello nero, fradicio di pioggia, come il manto del suo cavallo e gli stivali di pelle lucida sui quali scorrevano delle gocce d’acqua.
“A pochi chilometri da qui imperversa una tempesta e la strada è completamente allagata. Se proseguite, rischiate di affondare con le ruote nel fango”.
Il cavaliere si rivolse al cocchiere, poi guardò, per un attimo, verso il fianco della carrozza. Un viso sorpreso, più che impaurito, lo stava osservando. La ragazza era molto giovane e il suo volto era contornato da ciocche di capelli castano chiaro sfuggite all’acconciatura. Le foglie e la polvere, alzate dal vento, giocavano con i suoi capelli e lui restò a guardarla più del dovuto. Fu colpito dalla sua bellezza, ma soprattutto, dalla noncuranza con cui sfidava il vento che soffiava con forza sempre maggiore.
“Ci consigliate di tornare indietro?” la domanda del cocchiere distolse l'uomo da Caterina.
“Sì! Sta per fare buio, credo sia più sicuro che vi fermiate. Seguiteci, vi indicheremo una locanda non troppo distante dove potrete pernottare”.
L'uomo tornò a fissare Caterina che non si era fatta impressionare dalla furia del vento. Con le mani guantate teneva strette le ciocche che le impedivano di vedere e continuava ad interessarsi alla conversazione.
Il cocchiere la guardò e lei, con un leggero cenno del capo, diede il consenso.
“Perché ci siamo fermati?” il tono preoccupato di Margherita investì Caterina, quando rimise la testa nell’abitacolo della carrozza, e la fece quasi infuriare, non per le sue parole, ma per l’amarezza di non poter raggiungere la meta prefissata.
La figura del cavaliere avvolta nel mantello si delineò, per un attimo, al di là del finestrino, e Caterina lo seguì con la coda dell’occhio.
Per colpa sua, ora perderemo un altro giorno e io non ho molto tempo. Agnese e suo figlio potrebbero far ritorno prima a casa e non trovandomi alla tenuta potrebbero tentare di ostacolarmi ulteriormente. Devo raggiungere il mio prozio, assolutamente entro domani.
La carrozza riprese a camminare più speditamente, dopo che il cocchiere ebbe invertito il senso di marcia. Ripercorsero gli ultimi chilometri, inseguiti dal rombo sordo del temporale.
La tempesta si scatenò in tutta la sua furia quando ormai erano dentro la locanda.
“È un bene che ci abbiano avvisato in tempo. Pensate signorina, se tutta quest’acqua ci avesse sorpreso sulla strada per Ancona!”.
Margherita guardava fuori dalla finestra della camera modestamente arredata della locanda. Caterina aveva alzato le spalle, senza fare commenti. La sua matrigna la rimproverava spesso per le sue maniere decisamente inappropriate per una signorina, ma soprattutto per il suo modo 'scandaloso' di vestirsi.
Suo padre le aveva dato un’educazione non convenzionale. Era cresciuta circondata dall’affetto della servitù, in costante contatto con i mezzadri, inoltre, amava la vita all'aria aperta e adorava i cavalli.
Nell’ultimo anno ci aveva pensato la moglie di suo padre a rammentarle, costantemente, che non era una signorina a modo. Ma Caterina non le dava ascolto. Suo padre, si faceva accompagnare da lei ogni volta che andava a controllare i suoi possedimenti e anche se sapeva che sua figlia non avrebbe mai potuto gestire la tenuta, osservava con orgoglio il rispetto che le riservavano i fittavoli, anche se era una giovane donna. Enrico Orselli le aveva trasmesso l'amore per la terra e la considerava molto più in gamba di tanti nobiluomini senza carattere nei quali si era imbattuto attraverso gli anni.
Su questo argomento avevano scherzato spesso padre e figlia, quando lei lo accompagnava a controllare i terreni e i raccolti.
Caterina era perfettamente in grado di gestire buona parte dei possedimenti che suo padre le avrebbe lasciato in eredità, quando fosse scomparso, ma questo compito non era destinato a lei dalle convenzioni sociali, bensì al suo futuro marito quello che lei si sarebbe scelta. Questi almeno erano i piani taciti che lei e suo padre avevano concordato.
Non lascerò mai in mano a quella strega e a quell'inetto di suo figlio quello per cui mio padre ha sempre lottato. È riuscita a raggirare mio padre con estrema facilità, ma non riuscirà a fare altrettanto con me.
Intanto, nella stanza della locanda, la sua cameriera le stava parlando, mentre disfaceva i bagagli e Caterina, suo malgrado, fu costretta a mettere da parte i pensieri che la assillavano.
“Non trovate, signorina, che il figlio del marchese di Montespina sia proprio un bell'uomo?”.
“Sarebbe il cavaliere che ci ha consigliato di tornare indietro?”.
“Sì! Me l'ha confidato il nostro cocchiere. Ora che suo padre è all'estero, Massimiliano è tornato a casa, si mormora che non corra buon sangue tra i due”, il sorriso che la cameriera rivolse a Caterina era di complicità, ma lei non la guardò neanche, il suo pensiero andò al marchese, le sue terre confinavano con le loro, ma di Massimiliano non sapeva niente, anzi, le poche volte che avevano parlato di lui con suo padre, le aveva detto che era lontano, ormai da anni dalle sue terre e che forse non vi avrebbe più fatto ritorno.
Caterina sperò che il suo tutore le desse modo di spiegare la sua situazione. Il marchese era sempre stato in buoni rapporti con suo padre il quale aveva amministrato per molti anni i suoi possedimenti e conoscendolo molto bene avrebbe potuto rilevare le stesse incoerenze che aveva notato lei nelle parole scritte nel testamento e quindi, avrebbe potuto opporsi sia al suo matrimonio che alla reclusione in un convento.
La ragazza desiderava solo trovare un alleato per incontrare il marchese e pensava che il suo prozio fosse la persona adatta, dato, che in più occasioni, aveva dimostrato, al pari di suo padre, considerazione e ammirazione per la sua intelligenza e il suo spirito libero.
Caterina si avvicinò alla finestra e osservò la pioggia colpire i vetri, sembrava che la sua violenza fosse rivolta contro di lei e la sua caparbia volontà di non cedere.
“Da quanto è tornato?” chiese incuriosita Caterina.
“Pochi giorni fa. Alcuni, malignamente, dicono che abbia aspettato l'allontanamento di suo padre per fare ritorno”.
“Ti ho detto tante volte di non dare troppo credito alle chiacchiere. Gran parte della gente non sa niente dei rapporti che intercorrono tra i componenti di una famiglia, sparlano soltanto!”.
“Si dice che Massimiliano si sia allontanato da casa dopo un brutto litigio con suo padre e che pochi credevano di rivederlo ancora”.
“Come vedi si sono sbagliati tutti: lui è qui”.
“E tutte le donne, da marito e non, gli stanno dietro, anche perché alla morte di suo padre erediterà il titolo e i possedimenti”.
Margherita ridacchiò, mentre la sua padrona la guardava con disappunto.
“Quando smetterai di spettegolare?”.
Margherita colse negli occhi verdi della padrona un’espressione di biasimo. Sapeva che, quando appariva quel guizzo nei suoi occhi, lei non ammetteva repliche, così distolse lo sguardo e si avvicinò alla finestra alla quale, poco prima, si era accostata Caterina.
“Si parla del diavolo ed eccolo che appare!”.
Caterina allungò il collo, senza avvicinarsi alla cameriera, per non far vedere che era curiosa, ma sbirciò al di sopra della sua spalla. Il giovane marchese con il cappello calato sugli occhi e il mantello, si avviava verso la scuderia.
“Forse, va ad un incontro galante!” insinuò malignamente Margherita.
“La tua lingua è tagliente come un rasoio” commentò Caterina, distogliendo lo sguardo dalla finestra e tornando ai suoi tristi pensieri.
La sera ci fu un leggero miglioramento del tempo, ma il vento che soffiava sui vetri e faceva sbattere le imposte non prometteva niente di buono. Caterina era angosciata al pensiero che la strada allagata le impedisse di arrivare a destinazione anche l’indomani.
A causa della sua preoccupazione non toccò cibo, con notevole rammarico di Margherita. Non aveva fame, non aveva sonno, tutto per lei, ormai, ruotava attorno alla terrificante prospettiva che la sua matrigna avrebbe presto messo in atto. Non poteva neanche pensare a tutto quello a cui avrebbe dovuto rinunciare. Le sue adorate passeggiate a cavallo le sarebbero state precluse e la sua vita sarebbe stata dettata da ferree regole da rispettare. Un marito che non voleva o il convento, ma lei aveva già in mente un'alternativa.